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Facebook: tour del Campus di Menlo Park per la NGC17

8 giugno– Altra giornata decisamente impegnativa per i ragazzi del NECSTLab, che, infatti, visitano altre 3 aziende decisamente note, ossia Facebook durante la mattinata, Xilinx e il campus di Google nel pomeriggio. In questo articolo ci concentreremo sulla visita al campus di Facebook, dove le notizie assimilate sono state parecchie, grazie all’accoglienza di Alberto Tretti, partner Engineer a Facebook.
Alberto è un alunno del PoliMi che ha partecipato allo programma di joint master con la UIC, durante il quale conosce Andrea Vaccari, fondando insieme Glancee (l’applicazione che ha portato a quello che oggi è nota come la funzione Friends Nearby di Facebook), acquisita da Facebook nel 2012.

La visita inizia con un tour del Campus, precisamente l’ex campus della Sun Microsystem, quando era al top della Silicon Valley nei primi anni 2000, oggi comprato da Facebook e ora completamente ricostruito, ispirandosi ad un normale campus universitario.

Facebook apre le porte alla NGC17

“Welcome to Facebook” nel mega schermo della Hack Square

Sparsi per il Campus, vi sono ancora alcuni loghi della Sun, ma la “dimenticanza” è stata voluta: i promemoria stimolano i dipendenti a non dare per scontato il successo dell’azienda, in quanto il rischio fallimento è dietro l’angolo.
Il campus visitato si trova a Menlo Park ed è il primo con dimensioni considerevoli (il primissimo si trovava a Palo Alto), contando attualmente dai 12000 ai 14000 dipendenti, mentre sono circa 17000 in tutto il mondo, con una crescita decisamente molto veloce.
“Io ho iniziato qui 5 anni fa ed eravamo credo 4000” spiega Alberto “ Adesso siamo aumentati esponenzialmente. Ogni anno, poi, vengono sempre assunte persone”.
Per poter ospitare tutti questi dipendenti a Menlo Park, esistete un secondo edificio chiamato “building 20”, disegnato dal famoso architetto Frank Gehry, e un altro attualmente in costruzione, che sarà pronto per il prossimo anno, andando ad ingigantire ulteriormente il già vasto campus. Instagram, dapprima dentro il campus stesso, è stato poi spostato in uno degli edifici limitrofi a quelli visitati.

Hack Square
ko.newsroom.fb.com

Ci viene mostrata la Hack Square, una grande piazza con un mega schermo in cui 4 volte all’anno vengono tenute presentazioni dalla leadership di Facebook, che possono trattare un tema particolare su cui l’azienda si deve focalizzare, presentare nuovi prodotti in fase di sviluppo, o per favorire riflessioni interne sui processi aziendali, sul loro andamento, ma sempre cercando di focalizzarsi su quale prodotto offrire al cliente.
Un esempio di servizio offerto al pubblico è la gestione dei contenuti violenti, in quanto costituiscono un problema: data la lettura virale di FB, qualunque video, in pochi minuti, può essere visto da tantissime persone. Abbiamo migliaia di addetti che controllano tutte le segnalazioni, dovendo decidere in pochi secondi se mantenere i contenuti, bloccarli, cancellarli ecc. e il tutto deve essere fatto milioni di volte al giorno.

“Il prodotto, Facebook, negli ultimi anni è cambiato parecchio” continua a spiegare Alberto “prima era meno personale e più distaccato, mentre ora ha una vera e propria voce e cerca di comunicare con i propri utenti, come ad esempio ricordando eventi personali particolari o le varie giornate di festa.”

Gli interni degli edifici sono tutti open space, non esistono uffici: i team si organizzano in gruppi di scrivanie, a partire dallo stesso Mark Zuckemberg che ha il proprio “ufficio” all’interno del building 20. L’ufficio di Mark e’ una sala riunioni a vetri trasparenti nel centro del grande open-space. La trasparenza è una caratteristica chiave per far comprendere proprio la volontà di essere completamente aperti a tutti.

L’ambiente interno di Facebook è molto personalizzato e street style con tantissimi graffiti, alcuni dei quali hanno richiesto anche un paio di mesi di lavoro, come questo in foto, pagato in stock anziché contanti

Gli uffici di Facebook sono sparsi in tutto il mondo, da New York a Tel Aviv, da Londra a Seattle, in cui ogni ufficio ha svariati progetti e lavora su prodotti diversi.


“Tutto è molto flessibile, non ci sono orari particolari, ovviamente dipende sempre dal ruolo, parlo per gli ingegneri. L’idea è quella che puoi lavorare quando vuoi, ma ci si aspetta che tu sia sempre disponibile, soprattutto se si verifica un’emergenza, a qualsiasi ora, si deve essere pronti. Ci sono turni di rotazione, ogni prodotto ha una persona “on call”, rintracciabile in qualsiasi ora, come i medici più o meno. Nel caso di un bug sulle chat di gruppo o sui live video, il team che si occupa di queste applicazioni è in un unico ufficio che quindi dovrà essere “chiamato”, con la persona predestinata a risolvere il problema. Il sito, sostanzialmente, non si ferma mai. ”

“Negli ultimi anni sono state fatte acquisizioni abbastanza grosse, come Instagram, Oculus, WhatsApp, tanto per citare le più conosciute e le più visibili; come azienda, abbiamo avuto decisamente successo in queste acquisizioni, affrontando la fatidica domanda sul “come andrà a finire il prodotto e cosa succederà alla sua leadership”. Prendiamo ad esempio Instagram, la sua leadership è la stessa, quindi Kevin Systrom e Mike Krieger, e la cosa interessante dal punto di vista ingegneristico è che queste applicazioni hanno iniziato sfruttando l’infrastruttura di Amazon, mentre ora sono completamente dentro l’infrastruttura di Facebook e l’assimilazione è stata resa possibile senza che l’utente se ne sia accorto. Ciò significa che l’infrastruttura generale è la stessa, la creiamo una sola volta e sarà utilizzata da tutte le altre app a disposizione, definendo così un nostro grande vantaggio.”

Per infrastrutture si intendono sia database, il networking, sia soluzioni per i contenuti.

Ma un punto di vista della struttura, quanta flessibilità avete per decidere che linguaggi usare?
“A livello di complessità del codice sono state prese decisioni tempo fa sulla scelta di certi linguaggi, PHP ad esempio, ma anche altri, come il C o C++ per alcuni prodotti specifici. Instagram è scritto in Python, le app su Android sono scritte in Java, ma si sono sempre sviluppate tecnologie addizionali rispetto a quello che era disponibile. Usiamo un’estensione di PHP che si chiama Hack, completamente open source, quindi con un compilatore realizzato appositamente, che permette di aggiungere funzionalità prima non presenti, ma che servono per poter sviluppare codice con migliaia di ingegneri che ci lavorano contemporaneamente, in totale sicurezza.
Alcuni team si occupano di migliorare i tools e i linguaggi che vengono usati, con lo stesso obiettivo, ossia quello di riuscire a sviluppare i codici molto velocemente. E’ raro, ma ogni tanto troviamo limitazioni nella scrittura del codice e dobbiamo porvi rimedio. Ad esempio, una volta abbiamo trovato un problema nella scrittura di una funzione con Android, c’era un limite di funzioni che si potessero dichiarare in un singolo progetto, ovviamente altissimo. Il codice non riusciva più a compilare, così abbiamo fatto un bugfix, lo abbiamo inviato a Google che poi lo ha integrato.”

 

Tre simboli: build, grown & monetize, che esprimono i 3 temi su cui si devono focalizzare gli sviluppatori di prodotti, ossia: fornitura di tools per sviluppare le app e i prodotti, fornitura dei mezzi per accrescere il proprio prodotto e, in ultimo, la possibilità di fare soldi tramite le app stesse. Per estendere il concetto, questi simboli sono stati disegnati random per tutto il campus di Facebook

“Facebook è un’azienda molto interessante sotto tanti punti di vista”

continua a spiegare Alberto

“Per quanto riguarda il business, ha uno dei migliori della storia, insieme a Google. L’ammontare del nostro guadagno deriva da digital advertising; paragonandolo a Google, Facebook prende 1/3 del suo ammontare, mentre tutte le altre aziende prendono molto molto meno. Per altre aziende intendo grossissime aziende, anche più famose di Facebook. I ricavi per dipendente sono molti alti e questo significa che siamo molto efficienti. Amazon o altre aziende, con ricavi simili, ma hanno centinaia di impiegati in più. 100.000 o 200.000 in confronto ai nostri 17.000.”
“Da un punto di vista tecnologico, Facebook è uno dei siti più visitati al mondo in assoluto, con quasi 2 miliardi di persone; abbiamo le più importanti app e le rilasciamo ogni settimana per iOS e siamo l’unica azienda che fa questo lavoro con Apple; dopotutto, siamo l’app più importante nella App Store della mela di Cupertino. 
Stiamo sviluppando anche diversi sistemi di intelligenza artificiale grazie ad un Professore, “rubato” ad un’università che lavora da NY insieme ad un team dedicato. Abbiamo un team che fa ricerca sui laser per cercare di costruire un aeroplano che funzioni completamente a pannelli solari, con l’idea di poter distribuire internet nelle zone del pianeta in cui, ad oggi, non c’è, perché troppo costoso per le compagnie telefoniche. L’obiettivo è dunque quello di portare internet ovunque e una delle idee che stiamo testando è proprio quella di trasmettere internet tramite laser, utilizzando satelliti. Questa soluzione potrebbe ripristinare internet anche in zone dove, a causa di disastri naturali come uno tsunami ad esempio, la connessione sia stata interrotta e per facilitare quindi le operazioni di soccorso.”

Visitatori italiani quotidiani su Facebook: 24 milioni

Ad oggi, il CEO di Facebook insieme alla moglie, stanno portando avanti la Chan Zuckemberg Initiative, una fondazione completamente separata da FB. Attualmente, stanno assumendo ricercatori e professori nell’ambito medico che tecnologico per creare una sinergia tra tecnologia e medicina per portar avanti la ricerca nell’ambito, ma diversamente dal solito.

La visita al campus è continuata insieme ad altri ragazzi che lavorano a Facebook e con cui, da anni, i ragazzi del NECST hanno il piacere di incontrarsi. Tra questi ricordiamo Andrea Vaccari, già citato per avere fondato Glancee insieme ad Alberto, Giorgio Cavaggion, Filippo Pacifici e Alessandro Panella, tutti ex studenti del Politecnico di Milano e anche alunni del joint master con la University of Illinois at Chicago.

Published by
Valentina Casadei