Non solo vaccini. Nuovi aggiornamenti arrivano anche sul fronte dei medicinali per combattere il virus: l’azienda inglese AstraZeneca in collaborazione con l’University College London Hospitals sta lavorando a un farmaco in grado di conferire immunità dai 6-12 mesi al Covid 19.
Sebbene il vaccino è l’obiettivo primario nella lotta al virus, trovare cure alternative ed efficaci nel breve periodo è altrettanto importante per diversi motivi: innanzitutto, l’immunità conferita dal vaccino non è immediata e un esempio sono quello della Pzifer-BioNtech approvato dall’EMA e quello di Moderna (in attesa di approvazione entro l’Epifenia) che necessitano della somministrazione di 2 dosi a distanza di 21 giorni per generare l’immunità completa; inoltre, essendo la più grande campagna di vaccinazione al mondo, i tempi per ottenere l’immunità di gregge sono lunghi senza considerare che alcuni potrebbero non essere idonei alla somministrazione perché con un sistema immunitario compromesso (malati di cancro, di HIV, …).
Il farmaco, chiamato tecnicamente AZD7442, comprende una combinazione di anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione (Long Acting AntiBody, LAAB) che imitano gli anticorpi naturali e hanno il potenziale per trattare e prevenire la progressione della malattia in pazienti potenzialmente infettati dal virus, quindi può essere usato come intervento preventivo in ambienti pericolosi come comunità, ospedali, case di riposo, studentati perché il vantaggio è che ti dà anticorpi immediati.
Come sappiamo, questi luoghi hanno un alto tasso di probabilità di causare focolai di Covid 19 quindi, in una situazione in cui il vaccino ancora non è stato somministrato, questo farmaco si pone l’obiettivo di bloccare la probabile diffusione del virus; inoltre, tra i requisiti per riceverlo c’è l’esposizione negli ultimi 8 giorni a una persona risultata positiva.
Potrebbe svolgere un ruolo importante per mantenere in vita persone che altrimenti morirebbero
Il farmaco AZD7442 è il protagonista di 2 studi: il primo chiamato Storm Chaser, ha visto già la somministrazione a 10 persone su base volontaria e mira a valutare la protezione immediata contro lo sviluppo di Covid-19 nelle persone già esposte, per le quali il vaccino risulterebbe inutile. Il secondo studio, Provent, mira a reclutare persone anziane, in assistenza e malate di cancro o HIV, la cui vaccinazione può essere compromessa a causa del loro sistema immunitario danneggiato; il farmaco potrebbe essere disponibile per marzo o aprile se venisse approvato al termine dei trials.
“Abbiamo avuto dati molto incoraggianti sui vaccini Covid-19. Quello che non abbiamo ancora, ma di cui abbiamo bisogno, sono gli interventi nel contesto post-esposizione. STORM CHASER sta esplorando l’uso di una combinazione di anticorpi monoclonali somministrati per via intramuscolare a coloro che sono stati esposti a SARS-CoV-2, un ambiente in cui la vaccinazione non avrebbe il tempo di funzionare e non abbiamo altre terapie provate fino a oggi. Questo rende STORM CHASER uno studio importante che potrebbe avere un grande impatto sulla nostra capacità di controllare questa infezione” afferma Andrew Ustianowski, responsabile della specialità nazionale congiunta del NIHR per le infezioni.
L’utilizzo di farmaci con anticorpi monoclonali non è una novità nel mondo della medicina, numerosi quelli approvati per malattie cardiovascolari, nei casi di rigetto da trapianto, tumori, malattie autoimmuni, perché hanno una grande potenzialità: sono proteine sintetizzabili in laboratorio altamente specifiche in grado di individuare gli antigeni della sostanza estranea e, una volta che si sono legate a essa, innescano una marcata risposta immunitaria per eliminarla.
Quindi, mentre i vaccini hanno l’obiettivo di far produrre all’organismo stesso gli anticorpi, questi farmaci saltano questa fase perché gli anticorpi sono stati già “prodotti” e quindi sono solo da iniettare; questo potrebbe essere un vantaggio per tutti coloro che non hanno un sistema immunitario funzionante per deficienza immunitaria o fanno uso di farmaci immunosoppressori, per i quali il vaccino potrebbe non funzionare.
Dunque, se gli anticorpi monoclonali sono così sorprendenti, perché non hanno rappresentato la svolta nella lotta al Covid 19? La produzione di un farmaco con anticorpi monoclonali non è così economico come potrebbe sembrare, inoltre, diversi studi sono ancora in atto per valutare efficacia e sicurezza; solo in data 9 Novembre, la Food and Drug Administration ha approvato per i casi di emergenza l’utilizzo del Bamlanivimab per il trattamento di COVID-19 da lieve a moderato in pazienti adulti e pediatrici.