È possibile rendere la diagnosi di Alzheimer sempre più precoce e oggettiva possibile? Risposte molto positive e promettenti arrivano da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bath, in Regno Unito. Il team di studiosi, sostenuto dai fondi del centro di ricerca sulla demenza BRACE, ha infatti sviluppato un nuovo tipo di test: Fastball EEG. In maniera completamente passiva, questa tecnologia è in grado di misurare l’attività cerebrale collegata alla memoria visiva al fine di aiutare i clinici in una diagnosi agli stadi iniziali della patologia.
L’allungamento della vita nei paesi occidentali va di pari passo con un maggior numero di malati di Alzheimer, che si concentrano soprattutto in Europa e nell’America del nord, rappresentando una vera e propria sfida clinica. Attualmente non esistono cure in grado di arrestare il decorso di questa malattia neurodegenerativa, sebbene sia del 2021 l’approvazione da parte dell’FDA di un farmaco, Adulhem, capace di rallentare il progredire del morbo. Una terapia farmacologica mirata affiancata da uno stile di vita equilibrato sono ad oggi i principali alleati contro l’incalzare della patologia, che si legano alla necessità di una diagnosi quanto più tempestiva.
Ad oggi, nella maggior parte dei casi, la diagnosi viene formulata solo in presenza di declino cognitivo, un sintomo che tendenzialmente appare anche 20 anni dall’insorgere della patologia neurale. Questo significa perdere molte opportunità di azione in una malattia in cui giocare d’anticipo è fondamentale. Gli esami diagnostici comunemente usati si basano su una serie di test soggettivi e oggettivi del declino cognitivo, oltre ad esami di natura neurofisiologica. Ad essi possono affiancarsi test molto più complessi che usano tecniche di imaging come la PET per avere misure a livello peptidico, indicative di un eventuale stato neurodegenerativo.
I test attuali per la diagnosi di Alzheimer risentono di moltissime debolezze, non solo legate ad un’identificazione spesso tardiva della malattia. La misura delle abilità funzionali misurate da questi esami risente molto di bias culturali e dello stato di ansia di chi vi si sottopone, falsandone i risultati. Questi metodi non sono sufficientemente sensibili a identificare un declino cognitivo moderato, tipico dello stadio non avanzato della malattia, e allo stesso tempo si rivelano troppo complessi e inapplicabili per soggetti in cui la malattia ha già fortemente compromesso le capacità funzionali. A loro volta i test basati su immagini si rivelano troppo costosi ed invasivi, il che ne limita l’applicazione alla sola ricerca clinica.
Fastball EEG è un test che supera tutte le difficoltà dei comuni esami diagnostici. Si tratta di un esame completamente oggettivo e passivo. Il soggetto è sottoposto ad un task che non è necessario comprenda e per cui non deve fornire alcun tipo di feedback, il che lo rende applicabile a chiunque. La persona deve semplicemente indossare una cuffia con degli elettrodi per rilevare il segnale EEG e nel frattempo guardare per due minuti un monitor che proietta immagini di oggetti di vita quotidiana alla frequenza di 3 Hz. Il test si basa su un sistema a buon costo, facilmente trasportabile, ma soprattutto basato su tecnologie già disponibili negli ospedali. In questo modo quest’esame può essere facilmente scalabile ovunque.
Fastball è in grado di rilevare i piccoli cambiamenti nell’attività cerebrale correlati al riconoscimento di un’immagine già vista. Andando a mostrare una sequenza di frame in cui alcuni si ripetono con una frequenza nota, la memoria visiva viene attivata e il segnale EEG mostra una risposta neurale distinta. L’attivazione della memoria è un fenomeno completamente slegato dalla comprensione da parte del soggetto. L’analisi del segnale cerebrale permette di comprende se vi sono o meno alterazioni delle memoria visiva, situazione tipica in caso di presenza di Alzheimer.
Ad oggi, come pubblicato sulla rivista Brain, la tecnologia è stata applicata in un primo studio che ha coinvolto soggetti con una diagnosi precedente di Alzheimer. La ricerca ha evidenziato come le persone con la patologia abbiano una significativa riduzione di memoria visiva rispetto a soggetti anziani sani. L’applicazione di questo semplice test da due minuti ha permesso di discriminare 20 soggetti malati da 20 sani con un’accuratezza dell’86%, destinata a salire al 92% focalizzando l’attenzione su un sottogruppo di elettrodi nell’area di processamento visivo.
L’obiettivo dei ricercatori è di far diventare Fastball EEG un tool estremamente pratico e conveniente da poter essere considerato un’analisi di routine assimilabile alla misura della pressione, L’idea è somministrarlo alle persone di mezza età indipendentemente dalla manifestazione di sintomi, senza dover attendere, come nei classici test, la comparsa di un evidente declino cognitivo che porta il soggetto a testarsi.
Nel frattempo sono diversi gli studi che stanno impiegando e che impiegheranno Fastball EEG nei prossimi anni. Attualmente si è agli inizi di uno studio con la collaborazione di RICE, il ‘Research ‘Institute for the Older People’. Il progetto prevede di applicare la tecnica e studiare soggetti nella fase iniziale della malattia. Il team di ricerca sta anche cercando di espandere il tipo di funzioni cerebrali sondate e misurate, al fine di includere il processing del linguaggio e vedere quali sono le modifiche a livello cerebrale.
Un altro studio che coinvolge Fastball EEG è in fase di reclutamento di soggetti da testare e inizierà ufficialmente nel 2022. L’obiettivo è studiare soggetti sani ma con leggere problematiche cognitive e fare una previsione di chi tra queste persone svilupperà il morbo di Alzheimer. Ottenere un tool in grado di fare una diagnosi precoce è estremamente importante sia sul fronte del paziente che dal punto di vista scientifico. Prima la persona sa di essere a rischio o di avere la patologia, prima può apportare leggere modifiche al suo stile di vita che rallentino la progressione della malattia. Dall’altra parte un test come Fastball potrebbe, ad esempio, guidare lo studio e la creazione di nuovi farmaci che preservino le funzioni cognitive.