Protesi

Feedback sensoriale integrato nelle protesi: perché può aiutare

Chi non indossa una protesi potrebbe chiedersi come “sente” un amputato il nuovo arto artificiale e come si adatti ad esso. Sicuramente non è semplice abituarsi all’utilizzo di una protesi e le conseguenze fisiche e psicologiche sono tante. Nonostante i progressi tecnologici e i sofisticati materiali attualmente utilizzati, tra i principali problemi riscontrati dagli amputati c’è la percezione di un peso eccessivo dell’arto artificiale.

Questa percezione eccessiva risulta essere presente in maniera differente in base al livello di amputazione. Coloro che subiscono un’amputazione da sopra il ginocchio a livello femorale (amputazione transfemorale) riscontrano maggiormente questo problema rispetto a coloro che subiscono un’amputazione sotto il ginocchio, con l’asportazione di tibia e perone (amputazione transtibiale).

Immagine esplicativa dei diversi livelli di amputazione di arto inferiore. Credits: RO.GA. Centro ortopedico.

La percezione del peso è un fenomeno complesso derivante da diversi fattori come, ad esempio, il feedback dai meccanorecettori cutanei, dai meccanorecettori muscolari e dai recettori articolari. La percezione del peso della protesi risulta essere distorta, infatti le protesi sono in realtà più leggere dell’arto naturale. Per questo motivo, si cerca di ottimizzare gli arti artificiali per eliminare questa problematica riducendo il peso percepito.

L’utilizzo del feedback sensoriale nelle protesi

Il feedback sensoriale non è certo una novità, già in passato sono stati realizzati arti artificiali che integravano questa “funzionalità”. Il loro impiego permette di ottenere migliori dispositivi protesici per questioni sia motorie sia cognitive: un esempio sono particolari tipi di protesi con elettrodi intraneurali che hanno permesso di ridurre il numero di cadute.

Un recente studio effettuato dai ricercatori dell’ETH di Zurigo e pubblicato sulla rivista scientifica Current Biology, ha esaminato l’utilizzo di una protesi integrata con feedback sensoriale per un nuovo scopo: testarla al fine di comprendere se sia utile al soggetto per percepire un peso inferiore della protesi indossata. I risultati ottenuti sono stati soddisfacenti, la protesi con l’integrazione sensoriale è stata percepita significativamente più leggera, con una riduzione del peso di circa un quarto (precisamente del 23%) rispetto alla protesi senza nessun feedback.

Il dispositivo utilizzato è costituito da sensori indossabili posti sotto la pianta del piede protesico che hanno il compito di rivelare in tempo reale la forza esercitata. Un microprocessore esterno riceve tramite Bluetooth i dati acquisiti che vengono codificati per ottenere parametri utili all’erogazione di stimoli elettrici. La codifica ottenuta viene inviata ad elettrodi intraneurali impiantati chirurgicamente, i quali erogano degli impulsi sulla base delle informazioni ricevute, evocando la percezione somatosensoriale sul piede fantasma.

Gli esperimenti effettuati

Per questo studio è stato coinvolto un volontario, amputato transfemorale, che era già un abile utilizzatore della sua protesi. Sono stati impiantati chirurgicamente 5 elettrodi intraneurali a livello del nervo sciatico, in particolare nel tratto tibiale.

Il primo esperimento effettuato è proprio legato alla percezione del peso. Il soggetto, seduto e bendato, ha effettuato diverse prove in cui veniva posto un peso sull’arto, utilizzando in modo casuale la protesi con o senza feedback. Dopo le prove il soggetto ha risposto a dei questionari utili per analizzare le percezioni avute. Il secondo esperimento è invece legato al carico di lavoro mentale. Il soggetto doveva camminare per 5 metri, effettuando il compito con la protesi sia senza che con feedback. Ha poi effettuato questo stesso task e nel frattempo doveva scrivere una parola di 5 lettere al contrario.

Un futuro promettente

I risultati ottenuti dai due esperimenti hanno dimostrato che la protesi con il feedback sensoriale è risultata essere percepita significativamente più leggera rispetto a quella senza feedback. In particolare, dai compiti che il soggetto ha effettuato, è emerso che l’utilizzo del dispositivo ha permesso di percepire l’arto artificiale in modo più simile all’arto naturale. Nel secondo esperimento, il soggetto ha anche dimostrato che la sua velocità di camminata e la precisione nello svolgimento del compito sono migliori se viene utilizzato il feedback sensoriale.

Nonostante lo studio abbia coinvolto un unico soggetto, l’attendibilità statistica dei risultati ottenuti è buona. Questo apre la strada ad un futuro promettente, che vedrà probabilmente studi clinici randomizzati con un numero più elevato di soggetti amputati. L’obiettivo sarà confermare i risultati ad oggi raggiunti e avere sempre più informazioni che permettano di perfezionare l’utilizzo di protesi negli amputati e quindi migliorare la qualità della loro vita.

Articolo a cura di Antonella Disanto

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