La ferita in vitro che ci illustra il meccanismo dell’emostasi
Con emostasi si intende il meccanismo attraverso il quale l’organismo porta all’arresto di un processo emorragico, ossia un danno vascolare a cui segue la fuoriuscita di sangue. Tale meccanismo è il risultato di una serie di complessi processi cellulari e biochimici e comprende un insieme di interazioni tra piastrine, fattori di coagulazione, cellule del sangue, endotelio e forze emodinamiche.
I metodi attualmente utilizzati per lo studio della risposta emostatica si limitano a valutare aspetti isolati della formazione dei coaguli e non sono dunque in grado di fornire un modello globale del processo.
Il metodo innovativo
Dalla collaborazione tra il gruppo di Wilbur A. Lam dell’Emory and Georgia Tech e Shawn Jobe del Blood Center of Wisconsin è nato il primo dispositivo microfluidico in grado di simulare l’intero processo dell’emostasi a livello della microcircolazione: la perdita di sangue causata da un trauma, la formazione di coaguli di sangue e la riparazione del rivestimento dei vasi sanguigni.
Funzionamento del dispositivo
Il modello, come descritto nello studio pubblicato su Nature Communications, è costituito da un canale vascolare “endotelizzato” accoppiato ad una valvola ad azionamento pneumatico. La lesione vascolare è causata dall’attivazione della valvola che, aprendosi, causa un danneggiamento dell’endotelio creando una “ferita”. Il sangue umano, che viene perfuso nel dispositivo mentre la valvola è mantenuta in posizione aperta, scorre attraverso il canale vascolare e il sito della lesione appena creato, dare origine a “sanguinamento”. Immediatamente le piastrine iniziano ad aderire al sito della lesione seguite da fibrinogeno e fibrina, sino a quando non si raggiunge l’emostasi.
Tramite microscopia è possibile visualizzare in real-time il completo meccanismo dell’emostasi: l’ampiezza della ferita, il tempo di sanguinamento (definito come il momento in cui i globuli rossi cessano di transitare nell’area della ferita) e l’intensità della fluorescenza delle specie biologiche rilevanti. Un aspetto importante da sottolineare è che, in assenza di danno endoteliale, nessuna adesione piastrinica, attivazione o formazione di coaguli viene rilevata alla perfusione di sangue nel canale vascolare.
Importanza ed applicazioni del modello
La capacità di questo brillante sistema di rispondere alla manipolazione da parte di farmaci e altre alterazioni che riproducono i disordini della coagulazione ha permesso di venire a capo di questioni clinicamente rilevanti che fino ad ora non erano dimostrabili in vitro. Ad esempio, è stato possibile osservare come il sangue proveniente da pazienti affetti da Emofilia A presenti un significativo aumento dei tempi di sanguinamento e come, in condizioni di flusso fisiologico, l’agente antiaggregante eptifibatide influisca prevalentemente sulla formazione del tappo emostatico, attraverso l’attenuazione della densità degli aggregati piastrinici e della contrazione dei coaguli.
Il modello microfluidico vascolarizzato è ideale per lo studio di campioni di sangue umano e per l’analisi di meccanismi fisiopatologici. Dal momento che permette di visualizzare in modo olistico l’intero processo emostatico, questo sistema può essere immediatamente utilizzato come strumento innovativo di ricerca negli ambiti di ematologia sperimentale e di biologia vascolare. In particolare, i ricercatori ritengono che il modello microfluidico da loro sviluppato possa costituire un valido strumento per la scoperta di nuovi medicinali, un potenziale dispositivo diagnostico e una guida per la terapia dei disturbi emostatici e trombotici. Tali risultati dimostrano la versatilità e l’utilità clinica di questa ingegnosa “ferita in vitro”.
Articolo a cura di Claudia Svolacchia.