Gravidanza dopo il tumore grazie agli ovuli congelati. Successo al Sant’Orsola
Molte donne, a seguito di trattamenti atti a combattere il tumore, non possono avere una gravidanza. Ciò avviene perché molti trattamenti hanno come conseguenza anche amenorrea (assenza di ciclo mestruale) e infertilità. Al Sant’Orsola di Bologna, però, grazie a uno studio che va avanti da 25 anni con la dottoressa Eleonora Porcu, più di qualche gravidanza, dopo il tumore, è stata portata a termine. Gli eccezionali risultati ottenuti sono stati pubblicati anche sulla rivista Cancer.
Gravidanza e tumore: oggi una realtà possibile
Per rendere possibile la gravidanza dopo il tumore, la dottoressa Porcu e il suo team hanno avuto la geniale intuizione di congelare gli ovuli delle pazienti (tecnica detta social freezing), prima che iniziassero il trattamento oncologico. Si pensi che, a seguito delle cure anti-tumore, 156 pazienti oncologiche seguite dal policlinico sono andate incontro a un’insufficienza ovarica prematura, una “menopausa precoce”, generando l’impossibilità di una gravidanza. Pertanto, la scelta di congelare gli ovociti non sembrava essere poi così azzardata. 44 pazienti guarite dal tumore, hanno cercato la gravidanza attraverso gli ovociti crioconservati. In 15 hanno portato a termine con successo la gravidanza: in pratica una su tre.
La dottoressa Porcu racconta: “Anni fa queste donne sarebbero state condannate a non avere figli. Tante, dopo la malattia, purtroppo diventano sterili. Aver messo da parte degli ovociti buoni è una carta che si è rivelata vincente. È una cosa che consigliamo alle donne di fare, costruendo un percorso comune con gli oncologi per decidere come è opportuno procedere”. Ben 508 pazienti oncologiche provenienti da tutta Italia e anche dall’estero, tra il 1996 e il 2021, hanno scelto di congelare i propri ovociti prima di iniziare trattamenti contro il tumore, così da portare avanti una gravidanza quando e se si sarebbero sentite pronte.
Congelare gli ovociti per rimandare la gravidanza
Per permettere alle donne di avere ancora la possibilità di portare a termine una gravidanza, dopo aver affrontato un tumore, la dottoressa Porcu e il suo team hanno optato, 25 anni fa, per la crioconservazione degli ovociti (noti anche come cellule uovo o ovociti). Il processo consiste nell’immergere gli ovuli in un liquido che li protegge ed evita la formazione di cristalli di ghiaccio, poi vengono immersi nell’azoto liquido, gas liquefatto che arriva a -196 gradi. Secondo la dott.ssa Porcu è come se in questo modo si fermasse il tempo. “L’ovulo che dieci anni fa era di una ragazza di 28 anni, oggi ha ancora 28 anni”. Dopo lo scongelamento, fino ad oggi, l’80% degli ovociti è sopravvissuto.
A proposito del suo studio sulla crioconservazione degli ovociti, la dott.ssa Porcu afferma “è il primo articolo a raccogliere una casistica così ampia e, soprattutto, ad analizzare la crescita e lo sviluppo a medio termine dei bambini nati con questa tecnica. Sono storie a lieto fine di figli che, se non si fosse provveduto a mettere al sicuro sotto azoto liquido gli ovociti, non sarebbero mai venuti al mondo. È importante che le persone sappiano questa cosa. C’è chi ha deciso di usare questo tesoretto messo da parte”. La dottoressa spiega che non si può iniziare la gravidanza a qualunque età anche se gli ovociti sono stati congelati. “Bisogna cercare di avere una gravidanza in un’età compatibile con la nostra fisiologia“.
Crioconservazione aldilà del tumore
Di recente, anche la modella Bianca Balti, 37 anni, ha deciso di congelare i suoi ovociti per avere una gravidanza più in là, quando si sentirà pronta e se lo vorrà. La modella ha già due bambine, ma non vuole precludersi la possibilità in futuro di avere altri figli. E’ bene tenere presente che l’età fertile della donna è un limite fisiologico che per ora non è possibile aggirare. Infatti, dopo i 35 anni, numero e qualità degli ovuli subiscono un notevole calo. E’ qui che la crioconservazione degli ovuli o social freezing tende la sua mano.
“Il social freezing è indicato in donne con una funzione ovarica a rischio in una prospettiva futura. Parliamo di pazienti con diagnosi di tumore, che dovranno ricevere terapie tossiche per le ovaie, come la chemioterapia e la radioterapia; donne con endometriosi prima che si sottopongano a interventi chirurgici all’ovaio; ma anche in tutti i casi in cui, dovendo posporre la maternità per motivi sociali, ci sia un rischio obiettivo di infertilità”. Queste le parole della dottoressa Daniela Galliano, direttrice della clinica IVI di Roma.