Una donna congolese di 50 anni è morta a New York per denutrizione dopo che per ben 9 anni il feto mai nato all’interno del suo addome si era calcificato fino a bloccarle l’intestino, il cosidetto “bambino di pietra”. La calcificazione del feto, anche detta Lithopedion, è una complicanza estremamente rara della gravidanza extrauterina addominale. Può rimanere asintomatica o presentarsi con sintomi gastrointestinali o genitourinari. Nella letteratura scientifica sono stati registrati solo 300 casi di calcificazione dal 1582, primo caso segnalato in Francia. Il lithopedion si verifica nell’1,5% delle gravidanze extrauterine e nello 0,00045% di tutte le gravidanze.
La gravidanza extrauterina, anche detta ectopica, è una condizione patologica in cui l’impianto dell’ovulo fecondato si posiziona in sedi diverse dalla cavità uterina. Questa può essere una condizione letale, visto il rischio di emorragia interna a causa della rottura dell’organo su cui è impiantata.
Solitamente, in questo tipo di gravidanza il feto muore precocemente, a causa dell’ambiente sfavorevole in cui deve crescere. In altri casi però, seppur rari, può raggiungere uno stadio di sviluppo compatibile con la vita autonoma, quindi può formarsi il lithopedion. Il feto muore ma non può essere riassorbito dal corpo della madre, così si deposita nella cavità addominale formando un guscio di calcio intorno ad esso.
L’ incidenza della gravidanza extrauterina (GEU) è in aumento, mentre la mortalità ad essa associata è in diminuizione grazie alla diagnosi precoce. Nonostante ciò la gravidanza extrauterina è responsabile attualmente dell’80% della mortalità materna durante il primo trimestre di gravidanza.
Le gravidanze extrauterine si classificano in base alla sede dell’impianto: nel 95% dei casi sono tubariche e solo nel 5% dei casi che determinano complicanze più gravi possono essere ovariche o addominali. Le gravidanze tubariche possono verificarsi per due motivi:
Si sospetta la presenza di una gravidanza extrauterina nel caso in cui si ha un test di gravidanza positivo anche se l’ecografia transvaginale non mostra la camera gestazionale all’interno della cavità uterina.
Nei casi di gravidanza più avanzata, si accompagna importante dolore pelvico e/o addominale causato dalla progressiva erosione della tuba. Nei casi più gravi, quando cioè la tuba si rompe, la consistente perdita ematica in addome (emoperitoneo) può comportare vertigini e svenimento fino a un vero e proprio stato di shock.
L’utilizzo dell’ecografia transvaginale e transaddominale insieme al dosaggio sierico della Beta HCG permettono di fare diagnosi di gravidanza extrauterina in oltre il 90% dei casi.
La 50enne congolese è arrivata negli USA 14 mesi fa, ed è stata visitata dai medici del pronto soccorso del SUNY Upstate Medical University lamentando forti crampi allo stomaco ed indigestione. I medici hanno scoperto che aveva un feto (praticamente n bambino di pietra) nella cavità addominale e la biometria fetale ha stimato un’età gestazionale di 28 settimane al momento della morte del feto. Il feto aveva le dimensioni di una lattuga.
La paziente era solo ipertesa e non era mai stata sottoposta a nessun intervento chirurgico. Il suo ultimo ciclo risaleva a 2 anni prima ed era in post-menopausa. Si tratta, però, di una donna con una storia traumatica poichè è fuggita da bambina dalla guerra del Burundi per vivere in un campo profughi in Tanzania.
Quando era incinta del suo nono figlio, notò una diminuzione del movimento fetale. Si presentò alla struttura sanitaria nel campo profughi e i medici la avvisarono della mancanza di un battito cardiaco fetale. Le fu detto di aspettare che il feto venisse espulso dal corpo e di tornare dopo due settimane se non fosse successo nulla spontaneamente.
Però, tornata in ospedale, la accusarono di “opere malvagie”, “assunzione di droghe” e “uccisione del bambino”. Quando l’operatore medico le ha consigliato un intervento chirurgico per la rimozione del feto, dopo le accuse verbali ricevute lei ha preferito non sottoporsi all’intervento.
Quando è arrivata al pronto soccorso della clinica negli Stati Uniti, dopo 9 anni dalla fecondazione, la paziente ha rifiutato qualsiasi assunzione orale per paura. Successivamente ha rivelato sintomi episodici di occlusione intestinale nel campo profughi e un episodio di emesi biliare, ma ha sempre evitato di sottoporsi a cure.
La TC ha rilevato la gravidanza extrauterina, ma anche una significativa compressione delle strutture pelviche e dell’ostruzione dell’intestino tenue oltre a una significativa compressione della vena cava inferiore.
La paziente, però, “ha rifiutato l’intervento per la paura di andare sotto i ferri, ed abbiamo deciso di monitorare i sintomi”, ha riferito il dottor Waseem Sous che l’ha soccorsa. La donna ha dichiarato che credeva che le sue condizioni di salute fossero legate a un “incantesimo” che qualcuno le aveva lanciato in Africa.
Alla fine la donna, madre di 8 figli, è morta per malnutrizione acuta. Il feto, infatti, bloccava il suo intestino tenue e il suo corpo non era più in grado di assorbire i nutrienti vitali, portandola alla fame estrema e infine al decesso.
Il litopedio più vecchio fu ritrovato nel 2013, nella donna cinese Huang Yijun di 92 anni, che aveva un feto risalente al 1948. La donna ha vissuto con il feto nell’addome per 56 anni perchè non si era sottoposta alla rimozione in gioventù per mancanza di denaro.
Nel 2022 il neonatologo Michael Narvey, in Canada, ha pubblicato sul suo profilo tiktok un video che mostra le immagini di un lithopedion. La protagonista è una donna cinese di 73 anni, giunta al pronto soccorso per forti dolori addominali. Il feto risaliva a 35 anni prima.
Nella maggior parte dei casi le storie di queste donne hanno delle similitudini: si tratta di donne che conoscevano la loro diagnosi ma che hanno rifiutato l’intervento di rimozione. La causa della morte di queste donne è principalmente la paura, la diffidenza nei confronti del sistema sanitario, la vergogna e la povertà.