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Horus, un dispositivo italiano per non vedenti

Nato da un’idea di Saverio Murgia, Luca Nardelli e Benedetta Magri, un assistente personale che può aiutare nella vita quotidiana persone ipovedenti e non vedenti

Horus, dispositivo per non vedenti

©TipiTosti

@Horus

L’idea è venuta a Saverio Murgia (Ceo), di Savona (’91), Luca Nardelli (CTO) di Trento  (’91) e Benedetta Magri (Business Developer) di Genova (’93). 

“Io e Luca – racconta – Saverio  ci siamo laureati in Ingegneria Biomedica presso l’Università di Genova e abbiamo lavorato su una tesi diventata, poi, oggetto di un paper scientifico, presentato a Lisbona alla conferenza VISIGRAPP di quest’anno. Agli inizi del 2014, dopo aver conosciuto una persona cieca, abbiamo provato ad elaborare un progetto per i non vedenti, con tutto quello che avevamo imparato nel nostro percorso di laurea, accanto ai disabili. L’anno scorso abbiamo partecipato alla selezione per il Silicon Valley Study Tour.  Ed è stato lì che abbiamo illustrato la nostra idea alle grandi aziende high tech presenti. Abbiamo registrato entusiasmo e siamo andati avanti”.

Ma cos’è Horus e come funziona?
“E’ un assistente personale – spiegano i tre – che può aiutare nella vita quotidiana persone ipovedenti e non vedenti. Si tratta di un piccolo dispositivo che, applicato su ogni genere di montatura per occhiali, osserva la realtà circostante, l’analizza e comprende. Horus può leggere e riconoscere strisce pedonali. Oggi lo stiamo testando con alcuni iscritti all’UICI (Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti). Tra breve sarà in grado di riconoscere oggetti e volti. Il non vedente potrà interagire con Horus tramite un comando vocale o l’utilizzo di pulsanti. Il dispositivo trasmetterà le indicazioni rilevanti attraverso la conduzione ossea. Con questo sistema non si limiterà l’udito dell’utente, uno dei sensi su cui ciechi e ipovedenti fanno più affidamento.  

E’ stato già brevettato?
Abbiamo depositato la domanda. Stiamo aspettando l’esito. Ma siamo fiduciosi.

Perchè il nome Horus?
Horus era una delle divinità del Pantheon egizio. Veniva rappresentato con il simbolo dell’occhio, in quanto ne fece dono al padre per potergli restituire la vista. Inoltre il suo animale simbolo era il falco, quindi crediamo ci possa rappresentare in modo pieno.

Qual è stato l’aspetto più difficile da superare quando avete elaborato e sviluppato l’idea?
Stiamo sviluppando Horus andando per fasi, cercando di presentare ogni progresso alla comunità di non vedenti, perché il nostro obiettivo è creare un prodotto che risponda il più possibile alle loro necessità. Mantenere un contatto diretto ci permette di tenere più in considerazione le loro esigenze. E’ stato difficile, perché ha richiesto pazienza, superare le lungaggini burocratiche. Ci è voluto molto tempo.

Anche molte risorse economiche?
Sì. Da marzo scorso fino ad oggi abbiamo raccolto fondi tramite vari concorsi italiani ed europei.  Oggi stiamo lavorando ancora per perfezionare il prodotto e commercializzarlo, una volta brevettato. Ci stiamo attivando per cercare partnership e soluzioni che ci permettano di raggiungere il miglior prodotto possibile a costi ridotti. Qualche offerta interessante è arrivata. Per ora non possiamo fare nomi. Ci auguriamo che Horus possa davvero far migliorare la qualità della vita di molti utenti, anche con altri prodotti. Le idee non ci mancano. Andiamo avanti.  Ci sentiamo fiduciosi e tosti perché abbiamo voglia di costruire da soli il nostro futuro e stiamo provando a farlo qui, in Italia, nel nostro Paese. Con tanti ostacoli. Si sa in questo Paese non si incoraggiano molto i visionari, chi ha ancora la forza di sognare. Ma questo, te lo assicuriamo, ci spinge a non mollare.

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