Medicina

HPV e tumore orofaringeo: un esame del sangue può predire una recidiva

Grazie ad uno studio condotto da un team di ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute, si è scoperto che con un semplice e non invasivo esame del sangue è possibile diagnosticare precocemente la recidiva di un tumore orofaringeo dovuto all’infezione da Hpv. I risultati della loro ricerca infatti, permettono di dimostrare come la biopsia liquida riesca a predire il ritorno del tumore prima di altri metodi nel 72% dei casi.

HPV e tumore orofaringeo

L’HPV (Human Papilloma Virus) può essere definito come una famiglia che comprende oltre cento varietà differenti di virus. La maggior parte dei ceppi di HPV causa lesioni benigne, come verruche cutanee e i condilomi o papillomi che si sviluppano a livello delle mucose genitali e orali. Generalmente, la maggior parte delle infezioni genitali da HPV regredisce in modo autonomo. Tuttavia può succedere che una piccola quota invece, se non trattata, può evolvere con il tempo in una forma tumorale.

Per quanto riguarda le forme tumorali che si sviluppano a livello orofaringeo, la maggior parte dei tumori associati all’HPV (Human Papilloma Virus) della testa e del collo sono causati da HPV16 e più raramente da HPV18. Generalmente il 15-25% delle persone che presentano questa forma sviluppano una recidiva dopo il trattamento (entro 5 anni). Quindi, molto spesso il tumore si riforma e può anche interessare altre aree oltre a quelle della gola e del collo. Attualmente le recidive vengono diagnosticate grazie a tecniche di imaging o altri esami diagnostici, ma i controlli vengono realizzati con frequenza e metodologia differente in base al contesto.

Una spia nel sangue

Durante un congresso multidisciplinare tenutosi a Phoenix, in Arizona, dei ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute di Boston hanno affermato che grazie ad una approfondita ricerca, si è scoperto che tramite un semplice prelievo di sangue venoso è possibile prevedere, con una precisione del 72%, la possibile riformazione di un tumore. Questo metodo è molto preciso e permette di prevedere se il tumore si ripresenterà ancor prima di molti altri metodi già in uso per “predire” il ritorno di una patologia.

I ricercatori, in un’analisi retrospettiva, hanno studiato i dati di oltre mille pazienti che, dopo il trattamento del tumore primario con chirurgia e radio e/o chemioterapia, si sono sottoposti al test per valutare se, nel sangue circolante, tornasse a essere presente materiale genetico (DNA) del tumore.

Nonostante l’analisi del Dna tumorale circolante sia un metodo già ampiamente utilizzato in campo oncologico, finora non era mai stato utilizzato per rilevare la presenza di un tumore orofaringeo causato dall’infezione da Hpv. Lo studio del Dana-Farber Cancer Institute ha avuto quindi come obbiettivo primario quello di verificare se il test si sarebbe rilevato efficace come strumento per diagnosticare in modo precoce le recidive.

Dallo studio è emerso che circa 80 pazienti che avevano superato i tre mesi dalle terapie standard sono poi nel tempo risultati positivi al test per il Dna circolante. In circa il 72,4% dei casi, la positività al test del Dna tumorale circolante è stato il primo indicatore di recidiva. Questo strumento potrebbe quindi nel tempo diventare un mezzo efficace per la diagnosi e la sorveglianza nella pratica clinica. Poter rilevare la malattia ricorrente prima dell’imaging e delle altre tecniche diagnostiche permetterebbe di poter intervenire anticipatamente.

Published by
Denise Zuccotti