ICan Robotics: robot ICONE per la riabilitazione dell’arto superiore
L’Italia che c’è.
Di recente, la redazione di Close-Up Engineering è stata contattata dall’Ing. Ezio Rifino, ingegnere biomedico e Sales Manager per ICan Robotics (spinoff dell’Università Campus Bio-Medico di Roma) per poter presentare un dispositivo robotico, l’ICONE, realizzato in seguito a ricerche svolte nei laboratori del Campus.
Si tratta di un sistema attivo-adattativo per la neuroriabilitazione intensiva dell’arto superiore, realizzabile su pazienti reduci da ictus.
Ican Robotics nasce nel 2014 ed è una società che si occupa di robotica applicata all’ambito biomedicale.
L’azienda fonda le sue radici nella ricerca: di fatti, i quattro soci fondatori sono tutti ricercatori, comprendendo anche un Professore dello stesso campus biomedico.
“Il prodotto della start up è, appunto, l’ Icone, dispositivo attivo ed adattativo per la nueroriabilitazione dell’arto superiore di pazienti con ictus, che è la principale causa di invalidità nei paesi industrializzati e civilizzati.
Solo in Italia si contano 120.000 nuovi casi all’anno; di questi, 40/50.000 pazienti sopravvivono all’ictus, ma riportano deficit motori agli arti superiori.”
Ci spiega Ezio.
“Recuperare dall’ictus è possibile se si implementano protocolli di riabilitazione intensivi, che comprendono migliaia di ripetizioni per sessione terapeutica e esercizi soprattutto stimolanti dal punto di vista cognitivo.”
L’ictus si verifica quando il flusso sanguigno diretto ad una zona del cervello si interrompe, producendo un danno alle cellule nervose.
“L’ictus è una patologia che non determina un danno muscolare, non vi è dunque un problema nell’uso del muscolo, ma la difficoltà è a livello cerebrale. La riabilitazione deve, dunque, stimolare il cervello stesso.”
L’Icone è un dispositivo con cui il paziente interagisce grazie ad un’impugnatura, a cui viene legato tramite stringhe. Di fronte al paziente viene posizionato uno schermo con dei giochini interattivi.
“I games in questione stimolano il paziente a livello cognitivo, in quanto tramite l’impugnatura, il paziente cerca di passare col “puntatore” da un punto all’altro dello schermo compiendo dei movimenti planari e raggiungendo così un certo target. Questo esercizio serve per riacquisire e recuperare il movimento dell’articolazione del gomito e della spalla.”
Qual è il ruolo del robot?
“Il robot interviene nel momento in cui legge una difficoltà motoria del paziente: nel caso in cui l’utente riesca a svolgere in maniera autonoma l’esercizio, il robot non interviene. Contrariamente, nel caso in cui il robot rilevasse una difficoltà, interverrebbe in maniera proporzionale alla difficoltà del paziente nel raggiungere l’obbiettivo.
I dati vengono registrati dallo stesso robot, in modo tale che il medico supervisore della terapia abbia a disposizione dati oggettivi.
Ciò significa che può valutare, in ogni momento, le prestazioni del paziente ed avere un quadro della situazione il più oggettivo possibile.”
Continua a spiegarci l’Ing. Ezio.
Il dispositivo è costituito da un sensore a sei assi forza/coppia che “legge” le forze e le coppie di forze del paziente durante il movimento dell’impugnatura. Dei motori controllano il movimento stesso.
iNNOVAZIONE DELL’ICONE: Per cosa si distingue da tutti gli altri?
“L’innovazione che rende l’Icone un dispositivo unico è quello di essere stato marchiato col marchio CE medicale per uso domestico: i robot medicali convenzionali ad uso ospedaliero ( il primo brevetto della robotica medica risale agli anni 90) sono sostanzialmente dei sistemi industriali, quindi molto ingombranti e pesanti. Possono inoltre essere utilizzati nel rispetto delle norme di sicurezze elettriche solo negli ospedali.”
Racconta l’ingegnere.
“Lo sforzo progettuale dell’Icone è volto ad ovviare queste problematiche grazie alla riduzione delle dimensioni e all’introduzione dei dispositivi di sicurezza all’interno del robot stesso, in modo tale da potere essere utilizzato sia in ospedale con metodi tradizionali, ma anche fuori dall’ambiente ospedaliero.”
“Questa innovazione apre numerosi scenari: utilizzo del dispositivo sia in ospedale ma anche (e soprattutto) fuori, quindi in centri di riabilitazione o piccoli fisioterapisti, che possono portare il robot direttamente a casa del paziente.”
La vera innovazione è che non esiste altro dispostivo marcato CE biomedicale ad uso domestico.
QUALE RISPOSTA AVETE OTTENUTO DAI PAZIENTI?
“La robotica ha una reputazione strana: viene molto apprezzata da chi la fa, ma poco da chi la deve utilizzare, sia dal lato medico che dal lato paziente, quindi essersi mossi anche in questo campo è stata un’impresa. Tuttavia, la risposta del paziente è stata positiva, proprio perchè riconoscono in questo sistema un’opportunità per avere un servizio ad alto livello anche al di fuori dell’ambito ospedaliero.”
Racconta Ezio.
“Il protocollo riabilitativo deve essere davvero molto intensivo, per cui i casi sostanzialmente sono due: o il paziente viene ricoverato in lungodegenza o viene ricoverato in day hospital, spostandosi quotidianamente, condizione che non per tutti è fattibile. Questo sistema costituisce dunque anche un risparmio in termini sia di tempo che monetario per il paziente.”
MA NON TUTTI I PAZIENTI POSSONO ACCEDERE ALLA RIABILITAZIONE, GIUSTO?
“Vi sono dei criteri di ingresso alla terapia: non tutti, infatti, possono accedervi. L’idoneità si verifica grazie ad una visita molto specifica: livello cognitivo adeguato viene “misurato” grazie a scale cliniche utilizzate come test.”
Racconta sempre l’ingegnere.
“Il paziente deve innanzitutto essere cognitivamente lucido per guardare e capire il giochino sullo schermo e deve possedere una mobilità del braccio non troppo compromessa a livello di ipertono: se, infatti, si presentasse ipertono il braccio risulterebbe estremamente rigido e quindi il robot rischierebbe di danneggiare il paziente imprimendo troppa forza.”
Un esempio di scala cliniche è la Fugl-Meyer per l’arto superiore, che stabilisce il livello minimo sotto il quale il paziente non può accedere alla terapia, ragion per cui il robot verrà utilizzato sempre sotto monitoraggio di un medico fisiatra o un neurologo.
Il suo utilizzo è stato finalizzato per pazienti derivanti da patologie cerebrali, che verificano un movimento compromesso all’arto superiore: tuttavia, alcuni medici e fisioterapisti ritengono di poterlo utilizzare anche per patologie ortopediche.
La sua facilità di utilizzo può permettere, dunque, un’applicazione anche su più fronti, a discrezione del medico stesso.
vostre impressioni?
“Passare da un prototipo al progetto vero è proprio, seguendo le norme e ottenendo la certificazione, non è stato facile ne banale, quindi il primo scoglio lo abbiamo trovato in quest’ottica.
Ciò che più ci aspettiamo ora è di affermarci nella nostra Italia, in quanto, paradossalmente, il mercato più difficile è proprio il nostro: il primo robot, infatti, è stato venduto in Francia, ad esempio, raccogliendo poi ammirazione ed attenzioni da altri Paesi sia europei che mondiali.”
Spiega l’ingegnere.
“Nonostante negli ultimi dieci anni il mercato del medtech italiano sia cresciuto del 3% ogni anno, siamo sempre più attratti da tecnologie made in USA o prodotte in Germania, sebbene le nostre non siano affatto da sottovalutare.”
“L’orgoglio di aver fatto, come italiani, qualcosa per primi al mondo.”
Conclude l’Ing. Ezio, che ringraziamo.