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Padre e figlio

Padre e figlio (Freepik FOTO) - www.biomedicalcue.it

Il congedo di paternità è un tema caldo: perché tanti genitori chiedono più tempo per stare insieme alla famiglia?

Il congedo di paternità in Italia è una questione che fa parlare molto. Ok, il 73% dei padri lo utilizza, ma a molti sembra davvero troppo corto. Dieci giorni di congedo non sono abbastanza per gestire una nuova vita che arriva in famiglia. Se consideriamo quanto sia delicato e impegnativo quel periodo, capiamo che quei dieci giorni sono davvero un battito di ciglia. In quel tempo il padre non fa in tempo neanche a prendere il ritmo.

La verità è che un numero crescente di famiglie, soprattutto quelle che rifiutano la divisione dei ruoli tradizionali, pensa che un padre dovrebbe avere molto più tempo per essere presente. E infatti, ben il 90% delle coppie italiane vorrebbe che il padre fosse più coinvolto nella cura del neonato. Eppure, nonostante questa consapevolezza, i congedi rimangono praticamente invariati. La politica sembra essere rimasta ancorata ad un’idea di famiglia che non corrisponde più alla realtà.

Poi, c’è il fatto che il congedo di paternità è visto come una “compensazione minima”, quasi una gentile concessione. I padri lo sfruttano, sì, ma non è che si sentano davvero liberi di approfittarne come vorrebbero. Non possono dedicarsi al bambino senza preoccuparsi di tornare al lavoro subito dopo. La vera domanda è: cosa può fare un padre in dieci giorni? Pochissimo, se ci pensiamo bene. E se davvero vogliamo che i papà partecipino di più, il sistema deve dare loro il tempo per farlo.

E poi ci sono le differenze tra le regioni. In alcune zone del paese, soprattutto al Sud, il congedo di paternità viene visto come una formalità, un lusso che magari non tutti si permettono. È un po’ come se ci fosse ancora la convinzione che il padre debba essere sempre fuori, a lavorare, mentre la madre si occupa del bambino. In queste zone, usare il congedo di paternità è quasi un atto rivoluzionario, e non tutti sono pronti a fare quel passo.

Un congedo più lungo: una necessità per la famiglia

Tutti sembrano essere d’accordo: il congedo di paternità deve durare di più. Una ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato che il 72% dei padri e il 69% delle madri vorrebbero avere più tempo a disposizione. La maggior parte delle coppie afferma che il periodo di dieci giorni non basta nemmeno per sistemarsi e ambientarsi nella nuova routine familiare. Quello che servirebbe, secondo molti, è un congedo che arrivi almeno a un mese, magari per permettere anche ai papà di dare una mano concreta nelle prime settimane.

Sì, perché il periodo subito dopo la nascita è fondamentale, soprattutto per la madre. Un congedo più lungo non solo permetterebbe ai padri di essere più presenti, ma darebbe anche alla mamma il supporto necessario durante i primi giorni di allattamento e adattamento. La verità è che un padre che non ha tempo a disposizione non può essere realmente coinvolto: serve tempo per imparare a gestire le notti insonni, i cambi di pannolini e tutto quello che comporta un neonato.

Padre a lavoro
Padre a lavoro (Freepik FOTO) – www.biomedicalcue.it

Divari tra nord e sud: un’ineguaglianza culturale e sociale

Una delle cose più evidenti che emerge dalle statistiche è che c’è un vero divario tra il Nord e il Sud Italia. Al Nord, dove le politiche aziendali sono più aperte e la cultura del lavoro più flessibile, i padri usano di più il congedo di paternità. Al Sud, invece, c’è ancora una mentalità più legata alla divisione dei ruoli, dove il padre non è visto come una figura che può “prendersi una pausa” dal lavoro per stare con la famiglia. Anzi, in molte realtà, i padri nemmeno sanno che il congedo di paternità esiste, o peggio ancora, pensano che sia una cosa che non riguarda loro.

Inoltre, c’è il fatto che le politiche aziendali non sono sempre chiare o favorevoli. In tante aziende, soprattutto quelle più piccole, i padri non vengono neanche informati sulle possibilità di congedo, oppure vengono incoraggiati a non utilizzarlo, per non “disturbare” troppo l’organizzazione del lavoro. E questo non fa che alimentare la disuguaglianza, rendendo ancora più difficile l’idea di una genitorialità condivisa, in cui entrambi i genitori hanno gli strumenti necessari per prendersi cura della famiglia.