Il genoma più antico d’Italia appartiene a un bambino di 17.000 anni fa
Uno storico ritrovamento ha interessato l’Italia: si tratta del genoma più antico del nostro paese, un bambino di 17.000 anni fa.
Il tempo nasconde molti segreti, ma talvolta la scienza riesce a riportare alla luce storie dimenticate. È il caso di una scoperta eccezionale che apre una finestra sul passato remoto d’Italia. Nella Grotta delle Mura, situata nel sud del paese, i resti di un bambino vissuto circa 17.000 anni fa hanno offerto ai ricercatori un’opportunità unica per studiare il genoma più antico finora scoperto in Italia. Questo frammento di storia risale al Paleolitico Superiore, un’epoca in cui la vita umana era fortemente influenzata dall’ambiente naturale e dalle dure condizioni di sopravvivenza.
Lo studio di queste antiche ossa rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della storia biologica e culturale degli esseri umani che popolavano la penisola in quel periodo. La Grotta delle Mura non è solo una tomba silenziosa, ma un vero e proprio scrigno di informazioni che permette di analizzare la crescita e lo sviluppo di un bambino, morto all’età di circa 16,5 mesi. I resti, conservati in modo eccezionale, hanno rivelato dettagli sorprendentemente accurati grazie alle tecniche all’avanguardia utilizzate dai ricercatori.
Questo progetto internazionale ha visto la partecipazione di diverse università italiane, tra cui quelle di Firenze, Bologna e Siena. L’apporto dell’Università di Firenze, e in particolare del suo Dipartimento di Biologia, è stato fondamentale per lo studio del materiale genetico. La collaborazione tra vari laboratori, come quello di Antropologia a Firenze, ha permesso di eseguire complesse analisi genetiche e bioinformatiche, indispensabili per interpretare il genoma e risalire alle caratteristiche biologiche di questo antico individuo.
I ricercatori coinvolti, tra cui David Caramelli e Alessandra Modi, hanno lavorato con grande attenzione per ridurre al minimo la possibilità di contaminazioni moderne. Attraverso tecniche rigorose e precise, come l’uso della luce UV per pulire le ossa e il sequenziamento del DNA, sono riusciti a isolare con successo il materiale genetico di questo bambino del Paleolitico.
I metodi innovativi per lo studio del DNA antico
Una parte fondamentale dello studio è stata la sofisticata estrazione del DNA dalle ossa del bambino. Gli esperti hanno utilizzato circa 50 milligrammi di polvere ossea, ottenuta dalla parte interna dell’osso petroso, per assicurarsi che il materiale genetico fosse sufficientemente ben conservato. Una libreria di DNA a doppio filamento è stata creata per ridurre l’impatto di eventuali danneggiamenti dovuti al tempo, migliorando così l’accuratezza delle analisi successive.
Il sequenziamento del DNA è stato condotto utilizzando le tecnologie più avanzate, come la piattaforma Illumina NovaSeq 6000, che ha permesso di raccogliere un’enorme quantità di dati genetici. Questi risultati sono stati poi elaborati con tecniche bioinformatiche, permettendo ai ricercatori di ottenere un quadro dettagliato e preciso delle origini genetiche del bambino e delle sue condizioni di vita.
Un passo avanti nella comprensione della storia umana
Il genoma ricostruito ha permesso agli scienziati di esplorare nuove ipotesi sulla vita dei nostri antenati nel Paleolitico Superiore. I dati ottenuti indicano che il bambino apparteneva ad una popolazione che viveva in Europa durante uno dei periodi climatici più rigidi.
E ciò potrebbe offrire nuove informazioni sulla diffusione degli esseri umani moderni in questa regione. Questa scoperta non solo contribuisce a gettare luce sulle popolazioni del passato, ma fornisce anche una base per futuri studi su come l’ambiente e l’evoluzione hanno influenzato la storia genetica umana.