Un’indagine ha rivelato la presenza di bidoni radioattivi sul fondo dell’oceano, e i pericoli per l’uomo sono inimmaginabili.
L’inquinamento oceanico è un problema che affligge mari e coste di tutto il mondo, causando gravi danni all’ambiente marino e alle specie che lo abitano. Le fonti di inquinamento sono molteplici, ma i rifiuti plastici sono tra i più visibili e dannosi. Ogni anno, milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, formando isole galleggianti di spazzatura che alterano gli ecosistemi e mettono a rischio la vita marina.
Oltre ai rifiuti plastici, ci sono anche altri tipi di materiali inquinanti meno visibili, ma altrettanto pericolosi. Tra questi, i rifiuti industriali, chimici e radioattivi scaricati deliberatamente o accidentalmente nelle acque profonde. Spesso, per decenni, sono stati utilizzati i mari come vere e proprie discariche, seguendo l’idea errata che l’oceano, nella sua immensità, potesse assorbire e neutralizzare qualsiasi sostanza.
Questa pratica ha avuto conseguenze devastanti. Anche se oggi è vietato lo smaltimento di rifiuti industriali in mare, molte di queste sostanze tossiche si trovano ancora nei fondali oceanici, rilasciando lentamente i loro effetti nocivi. La dispersione di tali composti può compromettere la catena alimentare e, in alcuni casi, persino la salute umana.
La questione dei rifiuti negli oceani non è solo ambientale, ma anche sociale ed economica. L’inquinamento marino danneggia le attività di pesca, il turismo e le comunità che dipendono dal mare per il loro sostentamento, oltre a mettere in pericolo specie animali a rischio di estinzione.
Nel 2011, durante una esplorazione delle acque profonde al largo della costa di Los Angeles, il biochimico e oceanografo David Valentine fece una scoperta inquietante. Utilizzando un robot sottomarino e un sonar, Valentine si imbatté in una sorta di “costellazione” sul fondo del mare, composta da decine di barili corrosi. A soli 19 chilometri dalla costa, questi barili giacevano indisturbati da decenni.
La posizione, tra la penisola di Palos Verdes e l’isola di Santa Catalina, è un’area frequentata da pescatori e turisti, ma anche un importante corridoio naturale per balene, delfini e leoni marini. La scoperta sollevò interrogativi immediati su quale tipo di rifiuti fosse stato smaltito in quell’area.
L’indagine di Valentine e del suo team rivelò che quei barili contenevano rifiuti chimici e potenzialmente anche composti radioattivi.
Si stima che possano esserci fino a mezzo milione di fusti nel solo bacino di San Pedro. Studi successivi hanno confermato la presenza di DDT, un potente pesticida vietato nel 1972, che si accumula nei tessuti animali e ha effetti devastanti sulla fauna locale.