Insulino resistenza: la sindrome di cui soffre la sorella di Chiara Ferragni
Valentina Ferragni, sorella della nota imprenditrice Chiara Ferragni, ha dichiarato di soffrire di insulino resistenza, sindrome metabolica difficile da diagnosticare che può portare al diabete. Infatti, a differenza di una condizione di prediabete in cui bastano le analisi del sangue per diagnosticarlo, il gold standard per l’insulino resistenza è una procedura costosa e fastidiosa per i pazienti, motivo per cui la diagnosi arriva percorrendo strade un po’ più lunghe. Ma cerchiamo di capirne di più.
Insulina: perché è importante
Dunque, la sindrome da insulino resistenza implica un’inadeguata risposta da parte delle cellule del nostro corpo all’ormone dell’insulina, sostanza chimica prodotta normalmente dalle cellule beta delle isole di Langerhans all’interno del pancreas. La sua funzione è quella di aiutare il glucosio, presente nel sangue, a entrare nei muscoli, del grasso e del fegato per essere utilizzato nella produzione di energia; in particolare, il glucosio è una molecola idrofila che, da sola, non riesce ad attraversare la membrana cellulare costituita da lipidi e quindi idrofoba: l’insulina è come se fornisse la chiave di accesso. Inoltre, il suo intervento è fondamentale dopo i pasti, momento in cui si verifica una maggiore introduzione in circolo del glucosio.
A sua volta, qualora ce ne fosse un eccesso nel sangue, l’insulina interviene per stoccarlo sottoforma di glicogeno nel fegato o nei muscoli come riserva futura. Quindi, la sua funzione principale è quella di regolare la quantità di glucosio nel sangue, il cui eccesso porta a una condizione di iperglicemia (valori normali si aggirano sui 70-100 mg/dl); l’evoluzione a una situazione cronica è caratteristica del diabete mellito e, se non trattata, si rischiano complicazioni severe come il danneggiamento del sistema nervoso, degli occhi, dei reni e delle estremità.
L’insulino resistenza: quando le cellule oppongono resistenza all’insulina
La condizione di insulina resistenza non è causata da una scarsa capacità da parte del pancreas di produrre questo ormone ma, in realtà, è dovuta alle cellule bersaglio dei muscoli, del grasso e del fegato che non rispondono bene all’insulina e, quindi, non riescono ad assorbire facilmente e sufficiente glucosio dal sangue: come suggerito dal nome della sindrome stessa, è come se si opponessero al lavoro svolto dall’insulina. Di conseguenza, il pancreas è costretto a produrne di più per aiutare il glucosio a entrare nelle cellule e cercare di mantenerne i valori di concentrazione nel range corretto; ma non sempre questo è sufficiente.
Le cause: genetica e stile di vita
Sembrerebbe che non ci siano né sintomi specifici né delle vere e proprie cause note dell’insulino resistenza, ma i ricercatori stimano che eventuali fattori genetici e/o stili di vita “sbagliati”, come eccesso di peso e mancanza di attività fisica, conferiscono una maggiore predisposizione alla sviluppo di questa sindrome. Infatti, secondo alcuni studi, una misura della vita di 40 pollici o più (102 cm) per gli uomini e 35 pollici o più (89 cm) per le donne potrebbe influire nella malattia, anche se l’indice di massa corporea (BMI) rientra nell’intervallo normale. Inoltre, svolgere attività fisica regolare provoca cambiamenti nel corpo che lo rendono in grado di mantenere più facilmente i livelli di glucosio nel sangue in un range ottimale.
Insulino resistenza: difficile da diagnosticare
La metodica più adatta per una corretta diagnosi è la clamp euglicemico-iperinsulinemico ma è costosa e invasiva per i pazienti, perciò il suo utilizzo in clinica è molto limitato. La procedura, della durata di 2 ore, consiste in una infusione costante di insulina per via endovenosa, insieme a una soluzione di glucosio con lo scopo di monitorare la glicemia ogni 5/10 minuti. Questo test verifica le quantità di glucosio e insulina necessari per mantenere la normoglicemia, qualora fosse inferiore ai 4 mg/min, è indice di insulino resistenza.
Seppur molto accurata, la diagnosi avviene mediante strade parallele e più lunghe; in particolare, si sfrutta l’indice HOMA (Homeostatic Model Assesment) che mette in relazione glicemia e insulinemia in stato di digiuno, nonostante, non si tratti di un indice standardizzato, è un dato in più che aiuta a valutare il rischio di incorrere in questa malattia, se non addirittura nel diabete.
Indice HOMA: (glicemia [mmol/L] x insulinemia [mU/L]) / 22.5.
Valori superiori a 5,5 indicano la presenza di insulino-resistenza, mentre valori inferiori a 2,2 sono ritenuti nella norma