Il microbiota svolge una serie di ruoli fondamentali per la salute. Questo aspetto è ora di grande interesse per i ricercatori, che hanno cominciato a sviluppare una serie di tecniche che impiegano i batteri per il trattamento di patologie. I batteri sono infatti organismi viventi che possono essere ingegnerizzati e modificati al fine di rispondere e adattarsi a particolari ambienti e condizioni. Una particolare applicazione prevede il loro impiego per la distribuzione di farmaci nei siti tumorali. La strategia apparentemente vincente ha però una serie di limitazioni, in particolare derivate dal sistema immunitario. Quest’ultimo, infatti, attacca i batteri riconoscendoli come organismi estranei, limitandone l’efficacia e provocando anche forti reazioni infiammatorie. Un gruppo di ricercatori della Columbia University ha messo a punto una strategia per rendere invisibili i batteri al sistema immunitario e combattere i tumori.
Il sistema sviluppato dal gruppo di ricerca è stato messo a punto su topi per il trattamento di tumori alla mammella e al colon retto. La strategia si basa sulla manipolazione del DNA dei batteri, in particolare per la loro parte superficiale, al fine di creare una sorta di “mantello dell’invisibilità” per nasconderli al sistema immunitario.
Nello studio pubblicato su Nature il focus del lavoro sono stati i polisaccaridi “a capsula”, denominato con l’acronimo CAP. Si tratta di polimeri complessi dello zucchero che ricoprono la superficie dei batteri. In natura i batteri impiegano comunemente i CAP in quanto questi ultimi consentono loro di proteggersi dal sistema immunitario. Il team ha quindi scelto di applicare questo sistema CAP a un ceppo di Escherichia Coli, ma non si sono fermati qui. La presenza dei CAP, infatti, consente ai batteri di sfuggire al sistema immunitario, mentre quando la capsula protettiva viene persa vengono eliminati dal corpo. È quindi stato progettato un metodo per creare una sorta di interruttore per attivare e disattivare “l’invisibilità” dei batteri.
Per ottenere un sistema “con interruttore” i ricercatori hanno creato un nuovo sistema CAP, definito CAP inducibile e denominato con la sigla iCAP. Il controllo di questo nuovo sistema è reso possibile da una molecola esterna, l’IPTG, che induce le modifiche superficiali desiderate. A seconda di quanta IPTG viene somministrata all’iCAP varia infatti la durata per cui il batterio riesce a sopravvivere nel sangue senza subire subire attacchi dal sistema immunitario
Il batterio “ideale” per questa tecnica deve essere tale da nascondersi al sistema immunitario fino a quando non entra nel tumore. Una volta arrivato nel sito di destinazione, però, deve essere eliminato dal resto del corpo per minimizzare gli effetti di tossicità. Con i modelli su topi il team ha dimostrato che grazie al sistema di iCAP è possibile aumentare la massima dose tollerabile di 10 volte. Inoltre per dimostrarne l’efficacia hanno ingegnerizzato i batteri di Escherichia Coli iCAP al fine di farli produrre una tossina antitumorale in grado di diminuire le dimensioni del tumore, con risultati migliori rispetto a quelli ottenuti nel gruppo di controllo che era stato trattato senza la strategia iCAP.
Infine il team ha anche dimostrato che somministrando le iCAP ai topi e dando loro da bere acqua con IPTG è possibile controllare la migrazione dei batteri nel corpo, che risultano anche in grado di spostarsi alle metastasi.
I primi risultati della ricerca hanno dato valide speranze al gruppo di studiosi che è ora al lavoro per perfezionare la tecnica. Basti pensare che esistono 80 diversi tipi di CAP solo per l’Escherichia coli, ma oltre ai CAP ci sono anche altre molecole che i batteri possono avere sulla superficie. Inoltre in questo primo approccio il sistema iCAP è stato controllato con la molecola IPTG, ma anche le possibilità per questo aspetto sono numerose. Esistono quindi una serie di parametri variabili che potrebbero aumentare l’efficacia del sistema e la sua sicurezza.
Il sistema è stato testato sui topi, solitamente un primo modello semplificato della patologia nell’uomo. Tuttavia Harimoto, uno degli autori dell’articolo, sostiene che i risultati previsti per l’uomo potrebbero essere anche migliori, data la nostra maggiore sensibilità, stimata di circa 250 superiore, alle tossine prodotte dai batteri.
Leong, un altro autore, si è dichiarato particormente soddisfatto della ricerca. Ha infatti affermato che la terapia per il cancro basata sull’utilizzo dei batteri ha una serie di vantaggi rispetto al metodo tradizionale, potendo essere indirizzata al solo sito tumorale e per il fatto che può essere modificato anche il rilascio di farmaco. Il limite principale di questo approccio era dato dalla tossicità. Grazie a questo sistema che rende invisibili i batteri al sistema immunitario, però, si potrebbe sorpassare anche questo ostacolo e creare una nuova vincente strategia terapeutica contro i tumori.