La Creazione di Adamo e l’anatomia dell’anima secondo Galeno: una nuova ipotesi relativa alla famosa opera rinascimentale
Il legame tra l’Arte e la Scienza ha sempre affascinato gli studiosi di diverse epoche e discipline. Fra le opere maggiormente studiate dalla comunità scientifica vi sono senza dubbio quelle del maestro Michelangelo Buonarroti, ma fra queste una in particolare ha da sempre conquistato l’immaginario collettivo: La Creazione di Adamo. Intorno a questa raffigurazione nei secoli si sono creati miti e leggende. Negli ultimi decenni alcune teorie di ricercatori esteri si sono fatte strada nella cultura generale.
Vale la pena menzionare l’ipotesi di un neurologo americano, Frank Meshberger, che all’inizio degli anni ’90, dopo un viaggio in Italia, e dopo aver visitato la Cappella Sistina, ebbe l’intuizione che la rappresentazione del Creatore, proprio nella porzione riferita a La Creazione di Adamo, fosse all’interno della sagoma di una sezione del cervello umano. Ma davvero Michelangelo decise di rappresentare quello che alcuni chiamano il “Dio-cervello”?
Recentemente, un ricercatore italiano, il neuro-ingegnere biomedico Luca Valerio Messa ha esplorato la possibilità che Michelangelo abbia inserito nel suo capolavoro dettagli anatomici nascosti che potrebbero essere stati influenzati dalle antiche teorie mediche di Galeno. La sua ipotesi è stata pubblicata su una prestigiosa rivista scientifica estera: Kaleidoscope – Journal on the History of Culture, Science and Medicine. Ne parliamo direttamente con lui.
Da cosa parte una ricerca di questo tipo?
Penso, dal “dubbio costruttivo”, tipico di ogni ingegnere.
Ci potresti riassumere quale è stato il percorso che ha permesso di formulare questa ipotesi avallata poi da accademici di chiara fama?
La prima volta in cui andai a visitare la Cappella Sistina avevo circa 10 anni. Come bambino, anche se già curioso, potevo solo intuire la maestosità e la meraviglia dell’opera. Anni dopo, i percorsi di studio mi hanno portato ad approcciarmi all’ingegneria biomedica. A Genova, dove ho studiato, ho trovato un mentore: il Prof. Vincenzo Tagliasco. Fu lui a motivarmi a proseguire la mia specializzazione in tutto ciò che riguarda le neuroscienze biologiche e artificiali. Al tempo della specializzazione, fra le materie trasversali che caratterizzavano un percorso di studi del genere, c’erano moltissime curiosità che condividevamo fra colleghi. La teoria del cosiddetto “Dio-cervello” era già in voga, e mi appassionò fin da subito.
Quindi avevi trovato questa teoria interessante?
Interessantissima. Pensiamoci: a circa 500 anni di distanza, un medico in viaggio, osservando una delle opere d’Arte più famose del mondo, ne “rivela” un segreto, che era rimasto lì in bella vista per secoli. Tuttavia, anche se trovavo avvincente l’ipotesi e l’articolo con il riferimento neuroanatomico che ne era derivato, fin da subito intuivo che qualcosa non mi era chiaro.
Poi cosa è successo?
Si sono intrecciati molti eventi, spesso per casualità apparentemente insignificanti. Mio nonno, da quando ero bambino, era riuscito a trasmettermi un certo interesse per l’Arte, la sua Storia e in particolare per Michelangelo. Avendo un particolare interesse per le Scienze, ho sempre cercato di approfondire ogni materia, dalle origini, Medicina compresa. Ai tempi dell’università, poi, ci veniva spesso ricordato da alcuni docenti: “imparate a non dare mai niente per scontato”. Era una specie di consiglio del tipo: “credete pure ai risultati, ma non credeteci prendendo tutto per buono e per vero. Cercate di arrivare alla soluzione ragionando, e una volta arrivati esaminate di nuovo il tutto”. A volte un dettaglio, apparentemente banale, una cifra decimale per esempio, poteva avere enormi ripercussioni sul risultato finale.
Ciclicamente, poi, tornava l’articolo del neurologo americano che aveva visto la raffigurazione di un cervello umano all’interno dell’opera di Michelangelo. In seguito, qualche anno fa, ulteriormente appassionato di neuroscienze artificiali, vidi una serie televisiva americana: Westworld. La trama era piuttosto avvincente: in un futuro distopico, un parco a tema consente agli ospiti di sperimentare la vita nel vecchio West americano in un ambiente popolato da residenti, androidi programmati per soddisfare ogni desiderio degli ospiti. Questa serie, creata per il grande pubblico, affrontava tematiche importanti anche per esperti del settore che lavorano nell’ambito dell’intelligenza artificiale e soprattutto della coscienza artificiale.
Ad ogni modo, in un episodio in particolare, con mio grande stupore ritrovai un importante riferimento a La Creazione di Adamo e all’ipotesi del Dio-cervello. Un personaggio in particolare, il Dr. Ford (interpretato da Anthony Hopkins) parlando con un androide “cosciente” e indicando una riproduzione dell’opera di Michelangelo, dice: “Già… […] Forse avevi ragione, Dolores. Michelangelo raccontò una bugia. Ci sono voluti cinquecento anni per notare una cosa nascosta in piena luce. Fu un medico a notare la forma del cervello umano. Il messaggio è che il dono divino non proviene da un potere superiore, ma dalla nostra mente.”
La “bugia” di Michelangelo, quindi?
Esattamente! È proprio questo che ha fatto scattare qualcosa nel mio ragionamento. Michelangelo non poteva aver fatto una cosa del genere. O almeno secondo la Storia ufficiale. E esattamente con un “pensiero ingegneristico”, ho cercato di ricostruire quale potesse essere il percorso che aveva permesso a Michelangelo di scegliere di raffigurare la scena proprio in quel modo.
Una specie di reverse engineering, o ingegneria inversa?
Direi proprio così! All’inizio, a seguito della serie televisiva Westworld, notai che online iniziavano a circolare teorie che mescolavano realtà e finzione: su alcuni siti internet si dava praticamente per scontato che Michelangelo avesse rappresentato il Creatore contornato dalla forma di un cervello umano per due ragioni: la prima era il significato del dono della Coscienza a Adamo, e di conseguenza all’Umanità; la seconda era l’interpretazione che derivava dalle parole del personaggio immaginario, il Dr. Ford, e cioè che Michelangelo, raccontando la sua bugia appunto, avrebbe interpretato il fatto che il Creatore è un pensiero, un prodotto della nostra stessa mente.
Di certo non volevo entrare in discussione con i vari blog online che affrontavano superficialmente questa tematica. E poi, non pensavo tanto all’aspetto teologico della questione, quanto al pratico. Mi sentivo come un ingegnere che deve risolvere un problema, ma che si rende conto che qualcosa nel testo e nell’insieme dei dati non quadra affatto.
E come hai pensato di procedere?
Esattamente come insegnano i padri dell’ingegneria moderna: se qualcosa non funziona e non sai perché, spegni tutto e riaccendi, ricomincia dall’inizio. E così cercai di procedere, ricominciando dal principio e analizzando la situazione. Scrissi una sorta di schema di appunti, utilizzando un’algebra dei blocchi molto stilizzata in cui inserivo i dati certi e le possibili strade da percorrere. Avevo delle nozioni storicamente date per vere: Michelangelo era un fervente cattolico. Di conseguenza non avrebbe mai detto una bugia come quella citata in Westworld.
Ma questo primo dato permetteva di escludere l’ipotesi “neuroanatomica” di cui parlavamo?
In realtà non del tutto, ma ci arriveremo tra poco. Partii riguardando e ristudiando tutte le opere di Michelangelo. Eravamo arrivati nel periodo della pandemia mondiale e il tempo per certe ricerche non mancava. Continuavo ad osservare La Creazione di Adamo e pensavo: “Deve esserci un motivo se i protagonisti raffigurati sono stati posizionati proprio così”, e procedevo riguardando lo schema a blocchi dei miei appunti. Ad un certo punto mi chiesi: “Cosa sta accadendo esattamente nella scena?”. E lì, ammetto che c’è stato un grande passo in avanti.
L’opera in questione si chiama “La Creazione di Adamo”, ma in realtà Adamo è già creato nell’opera, è già “plasmato”. Cosa mancava? Il cosiddetto “soffio della vita”, che sarebbe rappresentato dalle dita di Adamo e del Creatore che stanno per toccarsi. Ancora però non mi erano chiare molte cose. Passò altro tempo che dedicai a documentarmi. Una sera, stavo osservando nuovamente La Creazione di Adamo e mi ricordai di una lezione del Prof. Tagliasco che, riassumendo (molto), diceva: “…quando le cose non vi sono chiare, ricordatevi che potrebbero esistere altre strade che non avete preso in considerazione. Dovete provare a cambiare punto di vista.”
“Cambiare punto di vista”?
Sì, ed era chiaro. Anzi a posteriori chiarissimo. Come potevo non averci pensato prima? Presi uno specchio, e guardando La Creazione di Adamo ebbi l’impressione di avere una prima rivelazione: non era un cervello, ma un cuore. Pensavo, “Michelangelo doveva aver rappresentato il Creatore all’interno di un cuore”. Infatti alcuni dettagli anatomici corrispondevano in modo impressionante, e allo stesso modo anche la colorazione. Nulla era lasciato al caso. Come mai il mantello rosso, per esempio, si ripiega tre volte in quel modo da sembrare proprio un particolare anatomico del cuore? E le proporzioni? La gamba e il braccio del Creatore? Così avevo il primo schema, anche se non era sufficiente per supportare un’ipotesi più grande.
Ma che cosa collega tutto questo a Galeno e alla sua teoria anatomica sull’anima?
Ottima domanda! Seguendo un pensiero di ingegneria inversa e utilizzando nuovamente lo schema a blocchi per continuare ad appuntare tutto quanto, cercai di andare ancora più indietro. Ricordavo da alcuni miei studi pregressi che i filosofi presocratici indicavano con il termine “pneuma” esattamente l’Anima intesa come principio originario e universale. Pneuma è anche un termine che significa “respiro”, “aria”, “soffio vitale”.
Ecco di nuovo il “soffio della vita”. A quel punto, ricordo che avevo 2 domande in parallelo nel mio schema a blocchi: la prima era “se Michelangelo avesse deciso di utilizzare una rappresentazione “anatomica” per il Creatore, perché non utilizzarne un’altra anche per Adamo?”; la seconda invece era “da un punto di vista di credenze, quali erano le convinzioni sull’Anima, sul “soffio della vita”, nel periodo di Michelangelo?”
E qui deve essere arrivato il secondo schema, quello riferito ad Adamo, giusto?
Giustissimo, e un altro interessante fatto. Nel periodo rinascimentale di Michelangelo, le convinzioni mediche erano ancora influenzate dal pensiero di Galeno, medico antico vissuto 13 secoli prima, il quale aveva sviluppato anche una teoria anatomica dell’anima. Alcuni studi riportano anche che il pensiero di Galeno, nei secoli era stato supportato dalle Istituzioni religiose, perché i suoi scritti dimostravano che lui credeva nell’anima.
Galeno, a cui dobbiamo una grande parte di evoluzione del pensiero medico, era convinto che l’Anima umana fosse tripartita, divisa in 3 parti che comunicavano costantemente. Utilizzando gli stessi termini dei suoi maestri, sintetizzando, Galeno suddivideva l’Anima in: “razionale”, “spirituale” e “appetitiva”. Queste tre parti avevano origine in specifici organi e da lì, secondo le convinzioni antiche, si sarebbero distribuite in tutto l’organismo. La parte razionale aveva origine nel cevello; quella spirituale nel cuore; quella appetitiva, o più naturale, nel fegato. Cercando una similarità anatomica con la porzione raffigurante Adamo, mi resi conto che poteva esserci una forte somiglianza con le proporzioni ed il colore di un fegato umano.
Quindi il Creatore in un cuore e Adamo in un fegato?
Precisamente, ma ancora mancavano dei dettagli. Osservando attentamente infatti, il fegato sarebbe la porzione di terreno su cui poggia Adamo, mentre quest’ultimo, come colori e proporzioni potrebbe ricordare un pancreas. Pancreas e fegato, vie biliari, descritte anticamente e per quelli che erano i mezzi dell’epoca dallo stesso Galeno.
Michelangelo aveva una preparazione medica?
Storicamente sappiamo che Michelangelo aveva ricevuto un permesso selettivo per studiare l’anatomia interna del corpo umano, sezionando i cadaveri. Dato che secondo le fonti ufficiali era anche un credente convinto, e considerando che il pensiero di Galeno aveva dominato la medicina occidentale per 13 secoli fino al Rinascimento, è plausibile che Michelangelo avesse cercato di apprendere quanto più possibile anche dagli scritti di Galeno.
A quale scopo?
Cerco di immaginare. Dato tutto quello che conosciamo dalla Storia e adesso anche da queste interessanti (possibili) analogie anatomiche, Michelangelo avrebbe potuto trarre ispirazione dalla Natura, che sicuramente considerava l’opera più bella di tutto il Creato. Ora – ricollegandomi all’ipotesi “neuroanatomica” di cui parlavamo poco fa – dovremmo porci delle domande: secondo quelle che potevano essere le convinzioni di una delle menti più importanti di tutto il Rinascimento, quale poteva essere il dono più grande del Creatore? La coscienza? Oppure l’anima, che apre alla speranza di una vita ultraterrena? Inoltre, grandi scoperte sulla coscienza e su alcune aree cerebrali risalgono al secolo scorso, quindi Michelangelo non avrebbe potuto essere consapevole di una rappresentazione “neuroanatomica”.
Allora, se veramente il neurologo americano avesse ragione nella sua ipotesi, sarebbe un caso fortuito?
Probabilmente. Tornando alle teorie che circolavano in rete, qualcuno ipotizzò anche che siccome il braccio del Creatore si estende proprio nel punto in cui, sovrapponendo un cervello umano, si troverebbe il lobo frontale, il messaggio è chiaro: il dono divino è la coscienza e l’autocoscienza. Eppure anche in questo caso ci dovremmo chiedere: Michelangelo poteva avere consapevolezza delle funzioni corticali superiori e del lobo frontale tale da rappresentare un messaggio così sottile?
Effettivamente sembrerebbe improbabile; allora tornando alla teoria di Galeno, avremmo il cuore e il fegato, ma dove sarebbe collocata la parte razionale dell’anima e quindi il cervello?
Nello spettatore dell’opera. Infatti se questa mia ipotesi fosse vera, anche stavolta il ragionamento potrebbe avere un grande senso logico. Riflettiamoci: la parte “appetitiva” dell’anima, quella che secondo le convinzioni dell’epoca regolava gli impulsi primordiali, era collocata nel fegato. Adamo, come primo uomo creato, potrebbe essere stato collocato proprio lì. Poi c’è la parte “spirituale” dell’anima, quella che regolava le passioni dell’Uomo. Le Scritture inoltre fanno spesso riferimento al cuore degli uomini e di come il Creatore possa “vedere” all’interno di questo.
Per il maestro Michelangelo, quale poteva essere il posto migliore dove collocare il Creatore se non proprio il cuore? Arrivati a questo punto possiamo dire che Adamo potrebbe essere considerato il primo uomo per tutti e il Creatore sarebbe esattamente il Creatore per tutti. Per ogni essere umano. Cosa conferisce l’unicità dell’anima? La parte “razionale”, differente per ciascuno. Non dobbiamo dimenticare inoltre una frase attribuita allo stesso Michelangelo: “Si dipinge col cervello et non con le mani”. Ecco che Michelangelo diventa allo stesso tempo creatore e spettatore della sua opera.
Un’altra analogia molto interessante per questa ipotesi decisamente particolare. Perché l’uso dello specchio?
Come spiego nell’articolo, lo specchio era uno strumento che gli artisti iniziavano proprio ad utilizzare nel periodo rinascimentale. Sappiamo per certo che Leonardo ne faceva uso anche per le sue rappresentazioni, mentre non abbiamo testimonianza riguardo all’utilizzo degli specchi da parte di Michelangelo. Tuttavia, tenendo presente il principio socratico del “Conosci te stesso”, lo specchio era visto come un mezzo per ottenere la piena conoscenza dell’anima. E anche qui, ritorna il concetto dell’anima, che evidentemente è l’ultima parte che nella rappresentazione di Michelangelo manca ad Adamo per essere “creato”.
Si capisce che tutti questi concetti sono stati a lungo approfonditi. Come è stato recepito tutto questo dalla comunità scientifica?
Tutto questo lavoro di ricerca mi ha impegnato per anni, e mi ha permesso di entrare in contatto con accademici conosciuti, esperti di Storia della Medicina e delle Scienze e di Storia dell’Arte. Ho avuto molti elogi e molte critiche. E penso che sia giusto così, perché come per le ipotesi precedenti riguardanti La Creazione di Adamo, non sapremo mai quale sia la verità assoluta. Mi viene in mente che alcuni famosi storici dell’Arte si sono congratulati con me, mentre altri hanno espressamente dichiarato che tutte le teorie che accostano opere di questo genere alla rappresentazione di organi umani non sono altro che “teorie del complotto”.
Io stesso, nel mio articolo, molto cautamente analizzo quali possono essere alcune contraddizioni derivanti dalla mia ipotesi. E poi ci sarebbe ancora da dimostrare come mai l’anatomia umana diventa evidente ruotando le figure, ma per questi approfondimenti saranno necessari gli studi di altri appassionati ricercatori. Tuttavia se come diceva Agatha Christie, «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova», e se è vera la famosa battuta di Sherlock Holmes che diceva “eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità”, diciamo che forse potremmo essere vicini a una verità plausibile. Nessuno mi ha dimostrato il contrario, e storicamente tutto segue un filo logico.
Veramente molto interessante. Un’ultima domanda: perché serviva un ingegnere per uno studio di questo tipo?
Ottima domanda. Gli ingegneri, grazie alla loro forma mentis, riescono a collegare materie e concetti apparentemente scollegati tra loro. Nel mio caso è stata fondamentale la preparazione ingegneristica sull’anatomia umana, e poi gli insegnamenti che ho ricevuto, che citavo prima, di non dare mai niene per scontato e di dare valore anche ai dettagli, anche agli “ultimi decimali” insomma. La mia passione trasversale per la Storia e il metodo di ragionamento ingegneristico poi, mi hanno permesso di elaborare uno specifico percorso che si è tradotto in questo filo conduttore della durata di 13 secoli.
Effettivamente un articolo unico, in cui si mescola una competenza ingegneristica a materie come Arte, Storia, Medicina e anche Fantascienza quando si parla della serie televisiva citata prima. La soddisfazione è grande, vero?
Sì, molto. Credo che Indiana Jones si potrebbe complimentare con me. Scherzi a parte, certamente l’orgoglio è grande, ma un messaggio che vorrei poter dare a tutti gli ingegneri o aspiranti tali è che, veramente, abbiamo un metodo di approccio razionale ai problemi, qualunque siano, che è unico. Ho capito nel tempo che ogni singola materia studiata all’università ha avuto la sua profonda utilità per plasmare questo tipo di approccio in ogni ambito. Quindi, non bisogna mai mollare, mai dare niente per scontato. Il percorso è duro, ma ne vale la pena.
Grazie per questo tuo messaggio, per essere stato con noi e averci raccontato questa tua esperienza. Hai in programma altre ricerche?
La mia attività principale si svolge nell’ambito della biomeccanica funzionale e di approcci innovativi alle patologie neuromuscolari. Ho qualcosa in mente, ma per ora non posso dire niente. Grazie ancora a voi per questa opportunità e per l’ottimo lavoro di divulgazione che fate costantemente.
Come abbiamo visto, l’approccio ingegneristico di Luca Valerio Messa alla ricerca di dettagli nascosti nell’Arte rinascimentale, unito alle conoscenze storiche e scientifiche, porta a una nuova comprensione delle opere d’Arte e del loro significato nella Storia della Medicina e della Scienza. Per approfondire e scaricare l’articolo di cui abbiamo parlato: Mirroring Michelangelo, finding Galen: the ancient anatomical theory of the soul and its possible influence on The Creation of Adam