La giugulare nel David: così Michelangelo anticipò la scienza
Con un secolo di anticipo rispetto alla descrizione scientifica del sistema circolatorio, risalente al 1628, epoca ben distante dalla sua attività artistica, Michelangelo Buonarroti scolpì nel David la corretta distensione della giugulare. Benché nelle sculture e soprattutto nella fisiologia quotidiana, la giugulare che va dalla parte superiore del busto attraverso il collo non sia visibile, nel capolavoro di scultura mondiale di Buonarroti, emblema del Rinascimento, nonché simbolo di Firenze e dell’Italia all’estero, appare particolarmente “distesa” ed evidente sopra la clavicola del David.
Un particolare, sfuggito a 500 anni di osservazioni, che conferma il genio del grande scultore, dimostrandone lo spirito curioso e di attento osservatore in grado di riprodurre perfettamente qualcosa che poi sarebbe stato descritto nel dettaglio 100 anni dopo: la meccanica del sistema circolatorio. Grazie al suo “occhio clinico”, Michelangelo diventa così un profeta della scienza in grado di anticipare le scoperte della medicina.
A rilevarlo è un articolo di Daniel Gelfman, del Marian University College of Osteopathic Medicine di Indianapolis, su Jama Cardiology. Il medico americano che ha visto la statua quest’anno a Firenze è stato il primo a notare il dettaglio. Secondo l’esperto la distensione della vena giugulare può verificarsi generalmente in concomitanza di elevate pressioni intracardiache e possibili disfunzioni cardiache. In soggetti sani essa può risultare però visibile in particolari stati di eccitazione temporanea.
“Michelangelo, come alcuni dei suoi contemporanei – scrive Gelfman – aveva una formazione anatomica. Deve aver notato una distensione venosa giugulare temporanea in soggetti sani che sono eccitati”.
Da qui la scelta del genio di Michelangelo di inserire la giugulare ben visibile in un momento in cui il corpo del giovane David sarebbe stato in particolare tensione dovuta allo stress per la sfida contro il gigante.
Le vene giugulari sono vene che riportano il sangue carico di anidride carbonica dalla testa al cuore attraverso la vena cava superiore. Ci sono due generi di vene giugulari.
La vena giugulare interna è un tronco venoso che origina alla base del cranio in corrispondenza del foro giugulare. Dall’origine discende nel collo lateralmente alla arteria carotide comune e con essa e il nervo vago forma il fascio vascolo-nervoso del collo. Termina dietro l’articolazione sterno-clavicolare ove si unisce alla vena succlavia per formare la vena anonima (destra e sinistra). Infine,le vene brachiocefaliche sinistra e destra si uniscono per formare la vena cava superiore, che trasporta sangue deossigenato nell’atrio destro del cuore.
La vena giugulare esterna corre invece più superficialmente sul muscolo sternocleidomastoideo. Vi è inoltre un’altra vena giugulare, la vena giugulare anteriore, che drena il sangue proveniente dalla zona sottostante la mascella.
“La vena giugulare interna viene utilizzata per l’osservazione, ma spesso questa è difficile da visualizzare – spiega Gelfman- e quindi può essere utilizzata la vena giugulare esterna più piccola, meno affidabile, perché è più superficiale e più facile da vedere. È importante sottolineare che nessuna delle vene giugulari è normalmente visibile sopra la clavicola a riposo in posizione verticale, come avviene chiaramente nel David”.
All’epoca della creazione del David, nel 1504, non era ancora stata descritta la meccanica del sistema circolatorio. Ciò avvenne solo nel 1628 ad opera di un medico inglese, William Harvey, (Folkestone 1578-Londra 1657) .
Harvey fu il primo scienziato a descrivere accuratamente il sistema circolatorio umano e le proprietà del sangue pompato dal cuore in tutto il corpo. Iniziò gli studi di medicina a Cambridge e li completò a Padova sotto la guida di G. Fabrici d’Acquapendente. Nel 1602 tornò in patria dove fu medico reale e insegnò (dal 1615) al Royal College of Physicians. Ad Harvey si deve la scoperta della circolazione del sangue di cui diede la prima comunicazione nel 1616, scoperta che demolì definitivamente la concezione galenica aprendo la via al meccanicismo biologico.
Nella sua Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus (1628) espose prove e argomentazioni precise a favore della nuova teoria, dimostrando l’effettiva esistenza della circolazione sanguigna. Egli sosteneva che dal cuore partisse una quantità di sangue tale da non poter essere interamente utilizzata dall’organismo e sostituita da sangue prodotto dal fegato, come sosteneva Galeno. La tradizione, infatti, sosteneva che al processo della circolazione partecipassero due sistemi distinti: quello naturale, che conteneva il sangue venoso che proveniva dal fegato e quello vitale, che conteneva gli spiriti e proveniva dal cuore. Harvey però, non avendo a disposizione il microscopio ma solo una lente d’ingrandimento, non poteva dimostrare sperimentalmente la connessione tra i due sistemi. Tuttavia, con un semplice esperimento di legatura a un braccio, dimostrò che questa connessione esiste.
L’esperimento originale consiste nell’applicare a un braccio una legatura tanto stretta da bloccare sia il flusso venoso che quello arterioso al di sotto. Allentando la legatura per far nuovamente scorrere il sangue arterioso nel braccio, impedendone però un normale flusso venoso, si osserva che le vene sotto la legatura si gonfiano, segno che il sangue arterioso giunge fino alla mano per poi tornare indietro verso il cuore attraverso il sistema venoso.
William Harvey precisò inoltre che il cuore è un muscolo e ne assimilò il funzionamento a quello di una pompa; dimostrò che le valvole del cuore permettono il passaggio dagli atri ai ventricoli e non viceversa e che anche le valvole delle vene, descritte da Fabrici d’Acquapendente, permettono il passaggio del sangue in una sola direzione dalla periferia al cuore. Calcolò inoltre che quest’organo espelle in un giorno una quantità di sangue superiore al peso di tutto l’organismo, cosa possibile solo ammettendo che il sangue stesso ritorni al cuore muovendosi in circolo dalle arterie alle vene. La comunicazione fra arterie e vene, solo supposta da Harvey, venne accertata più tardi da M. Malpighi con le osservazioni microscopiche sui vasi capillari.