Adam’s Hand: è questo il nome del progetto di Giovanni Zappatore, a cui saranno devoluti i fondi raccolti dalla CDJ Show, con “La sfida del cuore”, per finanziarne il prototipo.
Ogni anno, sin dal 2013, l’associazione CDJ Show organizza puntualmente un evento di beneficenza, “La sfida del cuore”, riscuotendo, via via, sempre più successo e raccogliendo fondi, donati al reparto oncologico dell’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, nelle tre edizioni precedenti. Anche quest’anno l’evento si terrà; “La sfida del cuore” avrà luogo nel campo comunale di Monteroni di Lecce (LE), il 4 settembre, a partire dalle ore 20.30, ma questa volta i fondi raccolti saranno donati e utilizzati totalmente per l’acquisto di nuovi arti robotizzati, le Adam’s Hand, che saranno poi donate a dei ragazzi bisognosi salentini, progettate a Lecce e stampate, nella stessa, tramite stampa 3D, dal FabLab di Lecce.
Il prototipo è stato progettato da Giovanni Zappatore, laureato in ingegneria meccanica presso l’Università del Salento, che ha seguito il progetto sin dal principio della sua tesi di laurea, in cui ha sviluppato uno studio sulla cinematica della mano umana.
“Adam’s Hand” (A Dialogic And Modular Sensitive Hand) è una protesi mioelettrica transradiale, che si basa su un meccanismo innovativo, in grado di attuare 15 gradi di libertà (flessione delle tre falangi di indice, medio, anulare e mignolo, flessione delle due falangi del pollice e adduzione del pollice) con un solo motore.
Si tratta quindi di un meccanismo sottoattuato (più output attuati da un solo input) differenziale, che consente di utilizzare un solo motore anziché cinque, convenzionalmente utilizzati nelle odierne protesi, risparmiando sul costo delle stesse, sul peso e sullo spazio occupato, permettendo quindi di introdurre altri sensori e dispositivi al suo interno, e semplificando di molto il controllo elettronico dei movimenti.
Il meccanismo progettato consente infatti una distribuzione automatica della coppia generata fra le varie dita, che si adattano quindi automaticamente alla forma dell’oggetto impugnato, sviluppando sempre la presa più stabile possibile. Il tutto è migliorato dal meccanismo presente nelle dita, basato su ingranaggi piuttosto che su cavi, come nelle protesi più diffuse al giorno d’oggi, e che presenta principalmente due vantaggi:
– la coppia trasmessa dagli ingranaggi è indipendente dalla posizione spaziale delle falangi, cosa che non succede con i cavi, sui quali le forze di trazione e gli attriti cambiano in continuazione, rendendone difficile il controllo e l’ottimizzazione;
– a causa dell’unidirezionalità delle forze trasmesse dai cavi, il movimento di ritorno delle dita deve essere passivo, affidato ad esempio a dei cavi elastici, che però aumentano la coppia che i motori devono esercitare per piegare le dita. Una soluzione sarebbe quella di utilizzare due cavi per dita (uno per fletterle e uno per estenderle), ma ciò complica molto la progettazione. Per ottenere lo stesso risultato con degli ingranaggi basta invece farli ruotare nella direzione opposta invertendo il moto del motore.
L’obiettivo di Adam’s Hand è quello di trasformare la disabilità, potenziando il soggetto principalmente in due modi:
– rendendogli disponibili numerose informazioni ricavate dall’ambiente esterno- nell’acronimo: Sensitive;
– fornendo alla protesi tecnologie di connessione (Wi-fi, Bluetooth, ecc.), per aumentare il suo “dialogo” con l’ambiente esterno (domotica, IoT)- nell’acronimo: Dialogic.
Adam’s Hand è inoltre progettata in maniera modulare – nell’acronimo: Modular – in modo che (in futuro) sarà in grado di adattarsi a diversi livelli di amputazione. Dunque, si potrà avere un unico dispositivo che sia utile a chi ha ancora l’avambraccio, fino al polso, e ha perso solo la mano, così come a chi ha perso quest’ultimo, o parte di esso. Si viene a creare quindi un nuovo paradigma, per cui le azioni quotidiane più semplici vengono svolte grazie alla meccanica (presa) mentre le azioni più complesse (controllo di elettrodomestici, esplorazione dell’ambiente esterno, ecc) vengono demandate all’elettronica. Ogni utente sarà in grado di acquistare solo le parti necessarie, abbassando ulteriormente il costo della protesi, già rese meno costose e personalizzabili grazie alla stampa 3D.
La lettura dei segnali mioelettrici avviene per mezzo del bracciale Myo, della Thalmic Labs, che venendo a conoscenza dell’iniziativa, ha donato ben tre bracciali Myo che saranno integrati direttamente nelle protesi.
Ancor più interessante sarà l’utilizzo dei dati ricavati da quest’ultime, che verranno archiviati in Cloud e per cui sarà sviluppata un’applicazione tramite la quale il medico, o l’ortopedico, che segue il paziente, sarà in grado di osservare i progressi di quest’ultimo, assegnandogli compiti, fornendo assistenza, ecc..
I termini “protesi” e “dispositivo medico” in realtà non potrebbero ancora essere utilizzati, in quanto, essendo Adam’s Hand ancora un prototipo, non è stato sottoposto a nessuna normativa.