Spesso si sente parlare di “lapsus freudiano”, o più semplicemente di lapsus, quando, ad esempio, in una conversazione non riusciamo a dire la parola che vorremmo. Ciò accade come se avessimo un’improvvisa perdita di memoria. Infatti, la parola lapsus, proviene dal latino “labi” (il cui participio passato è, appunto, lapsus), che significa “scivolare”. “Ce l’ho sulla punta della lingua” è un’espressione italiana idiomatica che sovente sostituisce la parola latina.
Come anticipato, dunque, “lapsus” è un errore non intenzionale che viene compiuto quando a un movimento o azione mentale volontaria non corrisponde la rispettiva e normale concretizzazione motoria o mentale. Si ha, ad esempio, quando a un nome maschile attribuiamo un articolo femminile, o viceversa, “la gioco“. Oppure, ancora, può accadere che in una parola, si sbagli una lettera: “la melo“, anziché “la mela”. E’ questo il caso di un lapsus linguae.
Sono definiti lapsus anche i seguenti errori:
Tali errori possono anche essere attribuiti a una disattenzione momentanea, ma sono stati definiti, dalla psicanalisi, come contrasti interni dell’individuo fra il suo volere cosciente e le sue tendenze inconsce.
Indipendentemente dal tipo di lapsus freudiano che un individuo può manifestare (che sia esso scritto, verbale, di memoria, ecc.), ciascuno di essi presenta le stesse caratteristiche. Infatti, un l. freudiano tende a palesarsi sempre improvvisamente e a comparire con frequenza casuale. Pertanto, i veri pensieri o le reali intenzioni dell’individuo presenti a livello inconscio tendono a palesarsi in maniera del tutto imprevedibile e, soprattutto, involontaria.
Come anticipato, l’aggettivo “freudiano”, che accompagna la parola “lapsus”, già suggerisce chi fu a scoprire questi scivolamenti della mente. Il neurologo e psicanalista Sigmund Freud per primo scoprì e osservò il fenomeno. Lo descrisse per la prima volta nel suo saggio “Psicopatologia nella vita quotidiana” e lo definì: Fehlleistung o parapraxis, che significano, appunto, “atto mancato”. Sigmund Freud li imputava alla confessione involontaria di un conflitto interiore, di un pensiero tenuto nascosto a se stessi e rimosso in quanto sgradevole.
I lapsus freudiani non vengono generalmente considerati come un’anomalia psicologica, o come un’espressione di patologie psicologiche. Secondo l’analisi di Freud, però, sono comunque indice della presenza di un conflitto a livello inconscio. Nell’ambito della psicanalisi, questo conflitto interno all’individuo può essere alla base di diverse patologie di natura psichiatrica ma, allo stesso tempo, può essere presente anche in individui sani. Perciò, il conflitto interno fra inconscio e coscienza può manifestarsi in diverse forme. Queste ultime sconfinano da una situazione di normalità (individui sani) fino ad arrivare a forme che, invece, sono indice di disturbi psichiatrici veri e propri (prime fra tutti la nevrosi e l’isteria). Si può, dunque, facilmente concludere che la psicanalisi reputa il lapsus freudiano e i meccanismi alla sua base come aspetti comuni sia alla normalità che al quadro patologico.
Negli anni, molti scienziati, psicologi, linguisti hano reso oggetto dei loro studi i lapsus. Un’ipotesi molto più semplice, che scavalca la spiegazione freudiana, legge gli strafalcioni della lingua parlata come errori attinenti alle strutture e all’uso del linguaggio. Un fenomeno meccanico che ogni tanto si inceppa,
data la difficoltà e la ricchezza del discorso. In particolare, una linguista americana, Victoria Fromkin (1923-2000), che ha raccolto migliaia di esempi pratici ha conferito ai lapsus verbali una più precisa suddivisione e spiegazione. Così facendo, la Dr Fromkin è riuscita a stabilire che i lapsus linguae seguono tutti, a grandi linee, le stesse regole.
Le principali categorie individuate dalla ricercatrice sono:
I parapraxis, come li aveva battezzati Sigmund Freud, possono avere diverse forme. Possiamo elencare ulteriori esempi per comprendere a fondo che cos’è un lapsus e quanto appartenga alla nostra quotidianità. Un calassico fenomeno è quello in cui si chiama il partner con l’appellativo del proprio fratello o del proprio padre. Oppure, dovendo presentare qualcosa o qualcuno, utilizzare la frase “Ho l’onere di presentare” invece di “Ho l’onore di presentare”. La sostituzione del sostantivo “onore” con “onere” può essere interpretato come scarsa stima o considerazione del presentatore nei confronti dell’individuo o dell’oggetto in questione, secondo un’analisi freudiana.
Confondere gli aggettivi, utilizzandone uno che ha il signifato opposto di ciò che vorremmo esprimere: “piacevole” con “sgradevole” durante una conversazione o durante una lettura. Smarrire frequentemente lo stesso oggetto. Secondo Freud, ciò poteva indicare che l’oggetto smarrito di frequente potrebbe rievocare sensazioni spiacevoli o ricordare eventi o persone che, invece, si vorrebbero dimenticare o rimuovere.