Linfoma (Depositphotos foto) - www.biomedicalcue.it
Un raro caso di linfoma sviluppatosi dopo una terapia CAR-T riaccende il dibattito sui possibili rischi di questo trattamento rivoluzionario.
Negli ultimi anni, le terapie CAR-T hanno cambiato le regole del gioco nella lotta contro alcuni tumori del sangue, come il linfoma e il mieloma multiplo. Questo approccio innovativo sfrutta il sistema immunitario del paziente, modificando geneticamente i suoi linfociti T per renderli capaci di individuare e distruggere le cellule tumorali. Il trucco sta nell’introdurre un recettore antigenico chimerico (CAR), che funziona come una specie di radar in grado di riconoscere il nemico e attaccarlo.
L’efficacia di questa terapia è fuori discussione: ha salvato la vita a molti pazienti con tumori recidivanti, quando le altre cure non funzionavano più. Ma, come succede con qualsiasi trattamento avanzato, ci sono sempre dei rischi. Gli effetti collaterali più noti sono le reazioni infiammatorie acute, tipo la sindrome da rilascio di citochine, ma ultimamente gli scienziati stanno iniziando a interrogarsi anche su eventuali complicazioni a lungo termine, tra cui lo sviluppo di nuovi tumori. Questi casi sono rari, ma abbastanza importanti da meritare attenzione.
Uno degli interrogativi principali riguarda l’impatto delle modifiche genetiche sulle cellule del paziente. Inserire un nuovo recettore potrebbe, in teoria, alterare in modo imprevisto il comportamento dei linfociti T, portandoli a proliferare in modo anomalo. Per questo motivo, i ricercatori stanno cercando di capire se esiste una connessione tra la terapia CAR-T e l’insorgenza di neoplasie secondarie.
Il campo della ricerca sta facendo passi da gigante e gli esperti stanno studiando nuove strategie per rendere questa terapia sempre più sicura. Tecnologie avanzate di sequenziamento genetico permettono di monitorare nel tempo le cellule modificate, individuando precocemente eventuali anomalie. Proprio di recente, un caso clinico ha fatto scattare il campanello d’allarme e ha portato a nuove scoperte sui rischi associati a questa terapia.
Un uomo di 63 anni con mieloma multiplo si è sottoposto alla terapia CAR-T all’Università di Colonia. Tutto sembrava andare per il meglio, fino a quando, nove mesi dopo, gli è stato diagnosticato un linfoma a cellule T. La cosa inquietante? Il tumore è nato proprio dalle cellule T modificate utilizzate nel trattamento. Il linfoma si è manifestato nel sangue, nella pelle e nell’intestino, segno che la malattia si era diffusa in più distretti del corpo.
A studiare questo caso ci hanno pensato esperti di fama internazionale, tra cui il Professor Marco Herling dell’Università di Lipsia e il Dr. Till Braun dell’Università di Colonia. Secondo il Professor Maximilian Merz, che ha guidato la ricerca, questa scoperta è fondamentale per comprendere meglio i rischi della terapia CAR-T e trovare modi per prevenirli. Gli scienziati hanno esaminato il caso con tecnologie avanzate per scoprire esattamente cosa fosse andato storto.
Dalle analisi è emerso che la comparsa del linfoma non dipende solo dalla modifica genetica introdotta con la terapia CAR-T, ma anche da alterazioni preesistenti nelle cellule del sangue del paziente. Per confermare questa ipotesi, il team di ricerca ha usato strumenti sofisticati come il sequenziamento dell’intero genoma, che permette di individuare mutazioni genetiche su larga scala, e il single-cell RNA sequencing, una tecnica che analizza l’attività genetica di singole cellule per capire come funzionano. Insomma, una sorta di autopsia molecolare per ricostruire passo dopo passo l’origine del tumore.
Il lavoro è stato portato avanti in collaborazione con il Fraunhofer IZI e il centro di ricerca dell’Università di Lipsia, uno dei più avanzati in Europa per la terapia CAR-T. L’importanza di questo caso è stata riconosciuta anche a livello scientifico: il team ha pubblicato uno studio che analizza dieci casi di linfoma post-CAR-T, accettato in tempi record dalla prestigiosa rivista Leukemia (solo un giorno dopo la sottomissione!). L’obiettivo? Capire quali pazienti sono più a rischio e sviluppare metodi per prevenire queste complicazioni, visto che le terapie CAR-T stanno diventando sempre più diffuse in tutto il mondo.