In un’epoca nella quale il progresso tecnologico ha raggiunto una crescita di tipo esponenziale, i nostri occhi sono costantemente puntati sui giganti delle tech company che stanno investendo sempre più sulla Bioingegneria (basti pensare alle ultime mosse di Neuralink, Google e Facebook). Eppure, gli ingegneri biomedici vantano anche illustri antenati e quest’anno celebriamo i 500 anni dalla scomparsa di uno di loro, forse il primo: Leonardo Da Vinci.
Leonardo rientra a tutti gli effetti nella schiera dei Polymath (dal Greco antico: πολυμαθής, polymathēs, “molto istruito”, “colui che ha molta conoscenza”), individui la quale conoscenza si espande in diverse branche del sapere, capaci di creare collegamenti e parallelismi tra cose (apparentemente) distanti tra loro, come ad esempio tra musica e matematica, risolvendo problemi specifici e complessi. Alcuni studi a sostegno dei Polymath, affermano l’esistenza di una correlazione statisticamente significativa tra gli individui che si sono distinti in un determinato ambito ed i loro interessi ed abilità interdisciplinari.
Il motivo per cui Leonardo sia diventato un Genio Universale va in primo luogo ricercato nelle sue due più grandi doti: una morbosa curiosità per tutto ciò che lo circondava ed una capacità di osservazione fuori dal comune. Anche il contesto storico in cui Leonardo è vissuto ha influito molto sulla sua formazione; Firenze, allo sbocciare del Rinascimento Italiano, ha avuto un grande impatto sull’uomo e la società del tempo, un po’ come la Silicon Valley nel XXI secolo.
Da questo punto di vista, le figure dell’ingegnere biomedico e di Leonardo Da Vinci hanno qualcosa in comune: l’interdisciplinarietà e la capacità di approfondire diversi domini, integrandoli tra loro. È stato proprio questo approccio che ha permesso a Leonardo di fare passi in più nella conoscenza del funzionamento del corpo umano.
Leonardo ha rivoluzionato il metodo di studio del corpo umano. Come i suoi contemporanei, ha iniziato a studiare l’anatomia dissezionando cadaveri ma, diversamente da loro, ha applicato la modellazione matematica e le leggi della fisica alla pratica sperimentale. Egli era convinto che la conoscenza dei principi fisici di base fosse fondamentale al fine di comprendere la complessità e le funzioni del corpo umano:
Fa che’l libro delli elementi macchinali colla sua pratica vada inanti a la dimostrazione del moto e forza dell’omo e altri animali; e mediante quelli tu potrai provare ogni tua proposizione.
Così scriveva in una delle tante note anatomiche custodite nei suoi taccuini, quasi a voler consigliare il suo metodo di studio.
L’interesse per la fluidodinamica, ad esempio, è sfociato in una serie di scoperte riguardanti il sistema cardiocircolatorio. Queste non si fermano alla sola mappatura della circolazione polmonare, bensì si estendono allo studio laminare del flusso sanguigno nei grandi vasi e della turbolenza (formazione di eddies) a ridosso delle valvole cardiache.
Lo studio del funzionamento delle costole e dei muscoli intercostali è un altro buon esempio del contributo leonardesco alla Bioingegneria.
Nel disegno centrale, Leonardo rappresenta gli effetti della contrazione dei muscoli intercostali esterni, che sposta le costole verso l’alto, espandendo la gabbia toracica. Nel disegno a destra, invece, mostra gli effetti della contrazione dei muscoli intercostali interni, che sposta le costole verso il basso, riducendo il volume dei polmoni. Si crede che Leonardo sia stato il primo studioso a comprendere la funzione dei muscoli intercostali esterni ed interni.
L’amore per la musica lo ha spinto ad interessarsi alla capacità umana di produrre suoni in maniera varia ed accurata. Pur non essendo arrivato alla scoperta dell’esistenza delle corde vocali, egli associava il funzionamento della trachea a quello delle canne degli organi, che producono diverse intonazioni a seconda del loro diametro e della loro lunghezza.
Leonardo ha focalizzato il suo interesse anche sullo studio dell’apparato respiratorio. Si pensa, infatti, che sia stato il primo a constatare che le vie respiratorie si dilatano quando i polmoni sono gonfi d’aria. Ha inoltre sfruttato le sue conoscenze in questo ambito per progettare una tuta da palombaro. Oltre al sistema di respirazione, questa tuta è provvista di una sacca d’aria che può essere gonfiata o sgonfiata rendendo più semplice le fasi di discesa e salita. Questo meccanismo di regolazione della pressione è simile a quello utilizzato oggi dalle macchine per anestesia.
Sebbene non abbia ideato vere e proprie tecnologie biomediche (per quanto ne sappiamo oggi, visto che alcuni dei suoi Codici sono andati perduti), Leonardo Da Vinci merita a tutti gli effetti il primo posto nell’albero genealogico dei Bioingegneri, sia per il suo approccio ingegneristico interdisciplinare sia per i suoi incommensurabili contributi all’anatomia ed alla fisiologia.
Il dipartimento di ingegneria biomedica presso l’Universidad de la Repùblica di Montevideo (Repùblica Oriental del Uruguay) ha recentemente avviato un progetto di rinnovamento dei suoi processi educativi e formativi, ispirandosi all’eredità culturale di Leonardo Da Vinci. La speranza è quella di rendere i corsi più partecipativi, cooperativi ed interdisciplinari, applicando l’approccio che il Genio Universale ci ha lasciato in eredità 500 anni fa.