L’Indice di Rotondità Corporeo rappresenta un progresso significativo rispetto all’IMC, in quanto considera fattori ignorati da quest’ultimo.
L’Indice di Massa Corporea (IMC) è stato per anni uno degli strumenti più utilizzati per valutare la salute fisica delle persone, basandosi su un calcolo semplice: il rapporto tra il peso e l’altezza al quadrato. Tuttavia, nonostante la sua vasta diffusione, diversi esperti di salute hanno sollevato dubbi riguardo alla sua capacità di riflettere con precisione lo stato di salute effettivo di un individuo. Questo perché l’IMC non tiene conto di fattori importanti come la distribuzione del grasso corporeo o le caratteristiche individuali come l’etnia e il genere.
Nel corso degli anni, nuove metodologie di misurazione sono state sviluppate con l’obiettivo di offrire un quadro più accurato della condizione fisica. Questi strumenti cercano di superare le limitazioni dell’IMC, che è stato criticato per la sua semplicità e per l’incapacità di distinguere tra massa muscolare e grasso corporeo. Un indice che calcola solo il peso, infatti, può trarre in inganno, facendo sembrare persone in ottima forma come sovrappeso, o al contrario, ignorando situazioni di rischio in soggetti con poca massa muscolare.
I critici sostengono che il peso da solo non sia un indicatore affidabile dello stato di salute generale di una persona. Infatti, l’obesità e le sue conseguenze negative sono strettamente collegate alla distribuzione del grasso, specialmente quello addominale, piuttosto che alla semplice quantità di peso corporeo. Questo ha portato gli specialisti a ricercare strumenti alternativi che tengano conto della composizione corporea in modo più dettagliato.
Uno di questi strumenti è l’Indice di Rotondità Corporeo, in inglese Body Roundness Index (BRI), un concetto relativamente recente che mira a migliorare la capacità di predire i rischi per la salute. Il BRI non utilizza il peso, ma si concentra sul rapporto tra l’altezza e il diametro della vita, cercando di stimare con maggiore precisione la massa grassa viscerale. Questa misurazione, infatti, si ritiene possa fornire un quadro più chiaro del rischio di malattie correlate all’obesità.
Il BRI, sviluppato nel 2013, ha recentemente catturato l’attenzione della comunità scientifica grazie a studi che ne hanno evidenziato l’efficacia come indicatore di mortalità per cause diverse. Secondo una ricerca pubblicata su JAMA Network Open, persone con un valore BRI superiore a 6,9 hanno un rischio del 50% più alto di morire per malattie come il cancro o patologie cardiovascolari rispetto alla media.
Anche chi si trova al di sotto di una certa soglia può correre rischi: valori BRI inferiori a 3,4 aumentano del 25% la probabilità di mortalità. Questi dati dimostrano come la misurazione della circonferenza addominale, piuttosto che il peso totale, possa offrire informazioni più utili per la prevenzione delle malattie legate all’obesità.
Medici come Cristóbal Morales, esperto di endocrinologia, sottolineano come il BRI rappresenti un progresso significativo rispetto all’IMC, in quanto considera fattori ignorati da quest’ultimo. Morales evidenzia l’importanza di focalizzarsi sulla composizione corporea per migliorare la salute dei pazienti, piuttosto che puntare semplicemente sulla perdita di peso. Il focus, dunque, dovrebbe essere posto non solo sul calo di peso, ma su come il grasso è distribuito nel corpo, specialmente nell’area addominale.
Secondo Morales, la distribuzione della massa grassa viscerale, accumulata vicino agli organi come il fegato o il cuore, rappresenta un fattore di rischio cruciale per malattie gravi come il diabete e le patologie cardiovascolari. Pertanto, utilizzare strumenti come il BRI consente di concentrare la conversazione con il paziente sulla salute globale, e non solo sulla riduzione del peso corporeo, favorendo interventi più mirati e personalizzati.