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Malati di Sla, un joystick per controllare la loro mente

Una sorta di joystick mentale che consente a chi è affetto da patologie come tetraplegia, sclerosi e distrofie muscolari, di superare disabilità motorie e di comunicazione

BrainControl

©braincontrol.it

Una sorta di joystick mentale che consente a chi è affetto da patologie come tetraplegia, Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), Sclerosi Multipla, e distrofie muscolari, di superare disabilità motorie e di comunicazione.

Si chiama BrainControl e ad idearlo è stato un team di otto tipi tosti, guidato da Pasquale Fedele, 42 anni, calabrese, ma senese d’adozione, che, tre anni fa, ha dato vita ad una start up: Liquidweb.

©TipiTosti

Ma cos’è di preciso e come funziona il dispositivo?
Il cervello umano è composto da miliardi di neuroni. Le loro interazioni chimiche, in ogni istante della nostra vita, generano impulsi elettrici. Queste scariche elettriche, benché infinitesimali, possono essere misurate. La tecnologia “Brain-Computer Interface” (BCI) interpreta la mappa elettrica corrispondente a determinate attività cerebrali, consentendone l’impiego per controllare il computer. BrainControl è una sorta di joystick mentale, appunto, rivolto, innanzi tutto, ai pazienti affetti da malattie che paralizzano completamente o in parte la persona, ma non ne intaccano le capacità intellettive.

Cosa succede subito ai pazienti con la tecnologia BCI?
Il sistema ridà la possibilità di comunicare a livelli inimmaginabili fino a pochi anni fa. Comunicare sentimenti e bisogni, muovere la propria sedia a rotelle, interagire con amici e parenti mediante social network, email, sms, accendere o spegnere le luci, perfino aprire o chiudere porte e finestre. Piccoli gesti quotidiani per gran parte delle persone, ma un grande miglioramento della qualità di vita per chi è affetto da malattie neuro-muscolari di tipo degenerativo o ha subito danni cerebrali di origine ischemica o traumatica.

Non esiste niente oggi di simile?
Niente. BrainControl riempie un vuoto tecnologico per pazienti che hanno abilità cognitive intatte, ma che non sono in grado di muoversi o comunicare e sono in uno stadio chiamato “locked-in”.

Il dispositivo è già disponibile in commercio?
La prima versione, sì. Le prossime tra breve e si arricchiranno di funzionalità avanzate di comunicazione ed intrattenimento (tastiera virtuale, text-to-speech, navigazione web, l’interazione via SMS, i social network, e-mail, web radio), domotica (luci, allarmi, temperatura, ecc.) e il controllo di sedie a rotelle. Staimo studiando parecchio. Si sa, i numeri di pazienti affetti da queste patologie, sta, purtroppo, crescendo. A circa 500 mila  persone nel mondo è stata diagnosticata la SLA, 7 su 100 mila. E oltre 100 mila  sono i casi ogni anno. Il numero di persone cui è stata diagnosticata la sclerosi multipla è più alto, circa 9 milioni di persone al mondo e oltre 200 mila  sono le nuove diagnosi ogni anno.

Torniamo alla start up. E’ stato difficile partire?
Avviare un’impresa richiede passione, determinazione/testardaggine, spirito di sacrificio ed una buona dose di follia. L’elemento fondamentale è, comunque, attirare, coinvolgere le persone giuste, che possono fare la differenza.

Cosa è stato particolarmente impegnativo?
Un celebre annuncio di Ernest Shackleton, esploratore del primo ‘900, recitava “Men Wanted: For hazardous journey. Small wages, bitter cold, long months of complete darkness, constant danger, safe return doubtful. Honour and recognition in case of success.” Se, come dicevo, l’elemento fondamentale è costruire un team vincente, è anche vero che le condizioni che si possono proporre in fase di partenza non sono per molti versi il massimo. Ciò richiede quindi una grande attenzione e cura.

Come avete superato le difficoltà e chi ha creduto subito in voi?
Nella primissima fase l’attività di consulenza ha permesso di generare gli introiti necessari all’avvio e a finanziare le prime attività di ricerca e sviluppo. Poi ulteriori risorse sono arrivate tramite: grant, finanza agevolata, premi e finanziamenti bancari. Ora, va decisamente meglio. Abbiamo avuto alcune proposte sia da fondi di investimento, investitori di tipo corporate e multinazioniali, dagli USA alla Cina. Di questi alcuni non hanno avuto seguito per motivi di distanza geografica, termini degli accordi, alcuni sono in stand-by, altri in corso di sviluppo.

Siete in otto, mi hai detto.
Sì, tutti tostissimi! E ne ho conosciuti tantissimi di tipi tosti che ci stanno provando in Italia ed all’estero. Come dico spesso, non è una strada in discesa. L’Italia non ha un ecosistema ideale per le startup anche se ci sono delle buone iniziative in corso per tentare di stimolarne lo sviluppo.

Quindi c’è spazio nel nostro Paese per innovatori come voi e allora si può provare a restare?
Muoversi è fisiologico, ma potremo dire che l’ecosistema funzionerà, se riusciremo ad essere attrattivi, dimostrando di avere passione e determinazione, oltreché idee geniali.