Home / Medicina / Malformazione della vena di Galeno: nuova terapia in-utero
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Recentemente, un team di chirurghi ha eseguito con successo una procedura in-utero mai svolta in precedenza. Questa si è attuata per il trattamento di un difetto genetico nel cervello detto Malformazione della vena di Galeno. Solitamente, questa patologia è trattata dopo la nascita, il nuovo trattamento potrebbe garantire ai neonati affetti una migliore possibilità di vita normale.

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Una fistola arteroenosa (FAV) in un neonato che presenta insufficienza cardiaca e respiratoria – Credits: Child’s Nervous System

Cos’è la malformazione della vena di Galeno (VGAM)?

Si tratta di una rara anomalia che interessa i vasi sanguigni del cervello durante la crescita del neonato. Si verifica una deformazione delle arterie che risultano collegate direttamente con le vene senza un letto capillare. Quindi, questo influisce sulla quantità di sangue trasportato all’interno del cervello creando un aumento significativo della pressione nell’organo, causando danni cerebrali e/o anche insufficienza cardiaca. Ne è colpito pure il cuore poiché deve lavorare di più per compensare il disturbo. Se non trattata, la malformazione alla vena di Galeno può procurare danni cerebrali permanenti al paziente influenzandolo o portandolo alla morte entro pochi giorni dalla nascita.

malformazione della vena di galeno
Anatomia della malformazione della vena di Galeno – Credits: IGG VGAM TEAM

Diverse tipologie di malformazione della vena di Galeno

Esistono diverse tipologie di malformazione VGAM, ossia:

  • I: uno o più fistole dirette arterovenose risultano collegate al collettore venoso aneurismatico della malformazione; risulta visibile una compressione del dotto mesencefalico a causa del collettore venoso stesso.
  • II: connessioni multiple di vasi compongono una rete che si interpone tra le fistole dirette ed il collettore venoso.
  • III: è una combinazione delle tipologie I e II. 
  • IV: in questo caso, una malformazione arterovenosa si drena in una vena ingrossata e ne causa una dilatazione aneurismatica.
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Diverse tipologie di malformazione della vena di Galeno – Child’s Nervous System

Trattamento attuale della patologia

Attualmente la terapia più utilizzata per questa patologia è una procedura chiamata embolizzazione. Questa si esegue dopo la nascita del paziente con l’inserimento di un catetere mediante i vasi sanguigni fino al sito della malformazione. A questo punto si inietta una sostanza in grado di interrompere la connessione venosa indesiderata e di ripristinare dunque il flusso sanguigno normale. Purtroppo, quando la procedura è attuala il danno causato dalla malformazione è già visibile sui pazienti.

Studio attuale sulla nuova terapia per trattare la malformazione

Per la prima volta, i ricercatori del Boston Children’s Hospital hanno eseguito un’embolizzazione diretta in-utero, guidando l’operazione mediante un sistema di ecografia in diretta. Ciò risulta vantaggioso poiché all’interno dell’utero materno, la circolazione placentare elimina lo stress procurato al cuore ed al cervello del feto proteggendoli da danni certi. L’ipotesi di partenza è la possibilità di seguire questa nuova terapia prima della nascita per migliorare i risultati nei pazienti affetti.

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Immagini pre e post trattamento – Credits: Stroke

Casi trattati e analisi raccolte durante lo studio

Si è eseguito il trattamento su un feto di circa 34 settimane di gestazione e la procedura sembra aver avuto ottimi risultati. Il bambino, nato a metà marzo, da un esame eseguito con fMRI non ha mostrato segni di: ictus, accumulo di liquidi o emorragia (sintomi comuni della malformazione della vena di Galeno). Dunque, il declino aggressivo associato alla patologia, visibile dopo la nascita, non è stato rilevato. A 6 settimane dalla nascita, il bambino presenta in assenza di farmaci una buona crescita, mangia normalmente ed è tornato alla sua abitazione. Non si sono rilevati segni di effetti negativi in alcun modo sul cervello del paziente.

Conclusioni e prospettive future

Per quanto i risultati ottenuti siano positivi, i ricercatori tengono a precisare che questo è solo un caso. In futuro sarà necessario verificare la sicurezza e l’efficacia in altri pazienti. L’approccio adottato ha il potenziale per segnare un cambiamento nella gestione della patologia. Infatti, questa terapia può diminuire di molto il rischio di danni cerebrali a lungo termine, disabilità o morte dei pazienti affetti.