Dopo l’ultimo decreto del Presidente Conte, che prevede l’utilizzo di mascherine anche all’aperto, sono state innumerevoli le critiche e le parole spese a riguardo. Ma, bisogna tenere presente, che le decisioni sono, generalmente, frutto di studi scientifici. Già durante i mesi del lockdown era stato pubblicato uno studio, secondo il quale, c’era correlazione tra particolato atmosferico e diffusione del coronavirus. Nei mesi successivi, tali studi sono stati approfonditi.
Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (SIMA) si è espresso positivamente sul nuovo decreto emanato che prevede l’utilizzo delle mascherine anche all’aperto: “Plaudiamo alla scelta del Governo di rendere obbligatorio l’utilizzo delle mascherine anche all’aperto, in concomitanza con le misure di limitazione al traffico per tutelare la qualità dell’aria che sono entrate in vigore dal 1 ottobre in molte città italiane. Vi è, infatti, un crescente consenso sulla possibilità che il contagio avvenga attraverso la respirazione del virus che viaggia in atmosfera aperta, in ragione di particolari condizioni di stabilità atmosferica, come sosteniamo da 8 mesi attraverso i nostri studi e quelli prodotti dalla comunità scientifica di riferimento.” Il presidente del SIMA, ritiene, dunque, opportuno l’utilizzo delle mascherine anche all’aperto, sopratutto, quando si è in presenza di elevate concentrazioni di polveri sottili e non vi è la certezza di rispettare ragionevoli distanze di sicurezza. Discorso più che valido, in particolare nelle grandi città, in cui l’inquinamento è maggiore: Milano, Roma, Torino, Frosinone, ecc., oppure in zone particolarmente affollate, come marciapiedi, fermate dell’autobus o metropolitana. Miani insiste anche sull’importanza di indossare le mascherine, non solo all’aperto, ma anche negli ambienti chiusi dove, a causa della scarsa capacità di dispersione “la concentrazione di particolato atmosferico può raggiungere gli stessi valori di concentrazione presenti outdoor.”.
Come anticipato, sono stati numerosi gli studi condotti a livello mondiale su una possibile correlazione tra inquinamento e diffusione del coronavirus. In generale, è già noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti biologici e chimici, inclusi i virus. Essi, infatti, si “attaccano”, attreverso un processo di coagulazione, al particolato atmosferico, costituito da particelle liquide e/o solide, in grado di rimanere in atmosfera anche per ore, giorni o settimane, e che possono diffondere ed essere trasportate anche per lunghe distanze. Oltre ad essere un carrier, il particolato atmosferico costituisce un substrato che può aiutare il virus a restare in aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni. In base alle diverse condizioni ambientali, il tasso di inattivazione del virus nel particolato atmosferico può essere più o meno elevato. Quindi, un aumento delle temperature e di radiazioni solari aumenta la velocità di inattivazione del virus, mentre un’umidità relativa elevata può favorire un maggiore tasso diffusione del virus. Ciò spiegherebbe anche l’attenuarsi della diffusione dei virus durante il periodo estivo.
Nonostante gli studi su un’eventuale correlazione tra coronavirus e inquinamento in Webinar “Air pollution and Covid-19”, organizzato dalla Fondazione Internazionale Menarini nell’ambito del progetto RespiraMi è stato sottolineato come lo smog sia un alleato del Covid-19, ma non un vettore in grado di diffonderlo e trasportarlo. Nel Webinar si sottolineava che chi è stato a lungo esposto all’aria inquinata, se contagiato, potrebbe andare incontro a una malattia più seria. Uno studio condotto dal Lancet Countdown dal 1950 ad oggi, ha evidenziato la diretta correlazione tra inquinamento e malattie infettive, sostenendo dunque l’ipotesi che il particolato atmosferico coadiuvi la diffusione di virus e malattie. Tale studio riporta persino l’aumento della trasmissione della febbre Dengue a causa delle zanzare, che è cresciuta esponenzialmente con l’inquinamento.
Dal momento, dunque, che non vi sono certezze, sarà opportuno indossare le mascherine all’aperto e rispettare le norme di sicurezza, per noi e per gli altri.