Se l’obiettivo è quello di sviluppare computer sempre più potenti ed efficienti, perché non ispirarsi a quello che è il “calcolatore” per eccellenza, ovvero il cervello umano? Così facendo, si potrebbero ottenere computer a basso consumo ma con eccezionale potenza di calcolo. Questo è ciò che va sotto il nome di Neuromorphic Computing, ovvero calcolo neuromorfico, è quel campo di ricerca che negli ultimi anni ha suscitato un crescente interesse, anche da parte di grandi aziende come Ibm e Intel.
La sfida principale è cercare di imitare la complessa rete di connessioni sinaptiche; per ogni neurone, infatti, ci sono migliaia di sinapsi. La necessità di moltiplicare i segnali ha allora portato a studiare un dispositivo che sostituisca il classico transistor, ovvero il “memtransistor.”
Nella ricerca pubblicata sulla rivista Nature, i ricercatori della Northwestern University hanno proposto un nuovo elemento, derivante dalla combinazione di transistors e memristors, che loro stessi definiscono “memtransistor“. Mentre il transistor è un componente ormai familiare a gran parte di noi, lo stesso forse non si può dire riguardo al memristor. Quest’ultimo non è, però, del tutto una novità; avevamo infatti parlato di una loro possibile applicazione nelle future interfacce cervello-protesi. Brevemente possiamo descrivere il memristor come un componente circuitale passivo non lineare (più precisamente un dipolo) e il cui funzionamento di basa sulla commutazione del suo valore di resistenza. La sua peculiarità è quella di memorizzare il proprio stato elettrico e, soprattutto, di conservare l’informazione anche quando il dispositivo viene spento (memoria non volatile).
I memristors tradizionali sono dispositivi a due terminali, mentre i nostri memtransistor combinano la non volatilità di un memristor a due terminali con un transistor a tre terminali. Il design del nostro dispositivo ospita terminali aggiuntivi, che imitano le sinapsi multiple dei neuroni.
Afferma Mark Hersam a IEEE Spectrum.
Il risultato è un dispositivo che permette sia di memorizzare che di elaborare informazioni. Come descritto su Nature, i memtransistors sono stati realizzati con film continuo di disolfuro di molibdeno policristallino, a cui poi sono stati aggiunti i contatti.
Finora abbiamo dimostrato sette terminali (sei terminali a diretto contatto con il canale di disolfuro di molibdeno e un settimo terminale di gate), ma i terminali aggiuntivi dovrebbero essere ottenibili utilizzando una litografia a risoluzione più elevata.
Prosegue Hersam.
Il prossimo passo è quello di realizzare dispositivi sempre più piccoli e veloci per poter raggiungere i miliardi di transistors attualmente a disposizione in un processore e mantenere basse tensioni operative.