I progressi tecnologici hanno portato negli ultimi decenni ad importanti traguardi nel campo della diagnostica medica. Uno di questi è senz’altro costituito dalla microscopia laser confocale, una tecnica diagnostica all’avanguardia, che oggi consente di diagnosticare precocemente e in soli 10 minuti i tumori della pelle.
Si tratta di una tecnica non invasiva e rivoluzionaria che consente con la massima precisione di risparmiare i tessuti sani peri-neoplastici e di ridurre in maniera importante tutti gli interventi chirurgici e le biopsie non indispensabili. L’Italia è uno dei paesi in cui la microscopia confocale è più diffusa, ma ancora non tutti i medici ne conoscono i vantaggi e le applicazioni potenziali.
La microscopia confocale in vivo – spiega Marco Ardigò, Ricercatore dell’Istituto San Gallicano, e Presidente del Congresso insieme a Giovanni Pellacani, Preside della Facoltà di Medicina di Modena – è una tecnica di imaging cutaneo in grado di fornire una sorta di biopsia virtuale, che può essere utilizzata per approfondire diagnosi in tempo reale, in modo non invasivo e con risultati affidabili, potenzialmente in gran parte dei processi tumorali ed infiammatori della cute.
I dermatologi SIDeMaST (Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse), al fine di approfondire gli elementi che consentono di individuare lesioni sospette con l’utilizzo della microscopia confocale, hanno partecipato allo studio internazionale “Reflectance Confocal Microscopy made easy: the four must-know key features for the 3 diagnosis of melanoma and non-melanoma skin cancers”, di cui primo autore il prof. Giovanni Pellacani, Presidente del 24° Congresso Mondiale Dermatologia.
Dai risultati emersi dallo studio, presentato al Congresso Mondiale di Dermatologia dal 10 al 15 giugno 2019 a Milano, 18 sono le caratteristiche più importanti di cui il clinico deve tener conto per individuare le lesioni sospette: tra queste, due sono specifiche per il melanoma, una per il carcinoma a cellule basali e una per il carcinoma a cellule squamose.
Il microscopio confocale opera nel campo convenzionale degli ingrandimenti della normale microscopia ottica ed è costituito da un normale microscopio a trasmissione a cui viene sovrapposto un apparato che ha il compito di illuminare e rilevare l’immagine di un campione illuminato con una scansione punto a punto.
Per ottenere questo risultato esistono diverse tecniche: a disco rotante (Nipkow disk), Programmable Array Microscopes (PAM), e laser.
Il metodo di formazione dell’immagine in un microscopio confocale differisce da quello di un microscopio composto convenzionale per il fatto che, mentre nel secondo il fascio di illuminazione investe l’intero campione e forma istantaneamente l’immagine sul rivelatore, nel primo la luce proveniente dalla sorgente illumina l’oggetto un solo punto per volta ed è necessaria una scansione per formare l’immagine finale. L’uso di questa tecnica permette di raggiungere risoluzioni assiali molto ridotte.
La sorgente luminosa è costituita da uno o più laser, generalmente a semiconduttore, per ogni diversa frequenza di eccitazione richiesta. Il meccanismo di direzione del fascio luminoso viene gestito da sistemi computerizzati. Le immagini ottenute, sincronizzando col fascio di eccitazione il dispositivo di rivelazione, sono particolarmente definite e possono permettere di evidenziare con differenti colori le diverse molecole presenti nel preparato, permettendo di valutarne la tridimensionalità.
Lo strumento viene agganciato alla pelle tramite un vetrino adesivo.L’esame richiede circa 10 minuti e risulta indolore, non invasivo e ripetibile più volte. Il microscopio scansiona la cute a più livelli e consente di visualizzare le atipie cellulari, le cellule con precoci alterazioni nella forma, le cellule neoplastiche, l’infiammazione, le alterazioni microscopiche anche minime e tutte le anomalie nella struttura della cute che giustificano la rimozione di nei ‘sospetti’ e dei tumori cosiddetti ‘non melanoma’.
Questo strumento avrà sempre più diffusione- spiega la prof.ssa Caterina Longo, coordinatrice dello studio e Professore Associato in Dermatologia e Venereologia presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.I risultati dello studio ci consentono di individuare un numero limitato di caratteristiche utili a fini diagnostici, un aspetto che rende la procedura più semplice: anche i dermatologi alle prime armi possono rapidamente mettere in atto le conoscenze acquisite.
L’impiego della microscopia confocale ex vivo (eseguita su tessuto asportato) permette di poter anticipare i tempi delle analisi istologiche standard, che richiedono circa una decina di giorni. La specificità, cioè la capacità di escludere la presenza della malattia, di questo metodo è particolarmente elevata. Quindi questa nuova metodica consentirebbe di intervenire solo se necessario e non in via preventiva in caso di sospetto, di risparmiare i tessuti sani peri-neoplastici, di eliminare tutto il tessuto malato senza dover rimandare a un secondo intervento nel caso l’esito della biopsia risultasse poi positivo. Per individuare la presenza di una massa tumorale, dunque, non è più necessario asportare un frammento di tessuto e sottoporlo a esame istologico. Il microscopio confocale agganciato alla pelle permette di scansionare tutti gli strati, dall’epidermide al derma superficiale e di individuare possibili anomalie. In questo caso, solo quando necessario, si procede con l’asportazione.
L’uso della metodica confocale in vivo potrebbe essere esteso anche ad altri tessuti, come il cavo orale e le mucose genitali, sedi particolarmente sensibili a causa della difficoltà interpretative delle lesioni, spesso simili tra loro e quindi difficili da riconoscere senza una biopsia, e per le conseguenze sulle terapie chirurgiche e mediche. Queste ultime e i prelievi bioptici in queste aree hanno infatti un particolare impatto sul paziente, in termini di esito cicatriziale, dolore e paura. Si tratta, quindi, di risultati incoraggianti che consentono di prospettare una maggiore diffusione di una tecnica che apporta benefici enormi ai pazienti.
È questa la strada del futuro – commenta il prof. Giuseppe Argenziano, Consigliere SIDeMaST e Professore di Dermatologia presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli– Non è così difficile pensare che la metodica confocale venga estesa anche ad altri tessuti. Un utilizzo combinato con l’esame istologico potrebbe consentire di avere informazioni ancora più approfondite sulle patologie, rispetto a quelle di cui oggi si dispone con la sola biopsia standard