Raggiunto un altro importante traguardo nel campo delle nanotecnologie. Immaginate delle “macchine” nanometriche in grado di penetrare una singola cellula rilasciando successivamente farmaci o inducendone la distruzione. Questo è l’obiettivo delle molecole nate dalla collaborazione dei ricercatori di ben tre università: Rice University, Durham University e North Carolina State University. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, è basato sul lavoro di Bernard Feringa, che gli è valso il Premio Nobel per la chimica nel 2016.
“Una volta sviluppato, questo approccio potrebbe rappresentare un potenziale passo avanti nel trattamento non invasivo del cancro e migliorare notevolmente i tassi di sopravvivenza ed il benessere dei pazienti a livello mondiale“, afferma Robert Pal della Durham University.
Quando parliamo di nanotecnologie, facciamo riferimento ad oggetti di dimensioni nell’ordine del miliardesimo di metro (nanometro: 10^-9 m). Se confrontato con le dimensioni medie di una cellula umana, che vanno da 10 a 100 µm (micrometro: 10^-6 m), appare chiaro come possano essere sfruttate per l’interazione con la singola cellula. Questa possibilità apre le porte ad un utilizzo di queste tecnologie come potenziale cura per il cancro, argomento a cui abbiamo già dedicato un articolo. In quell’occasione avevamo anche sottolineato proprio come l’interazione mirata, o meglio, la selettività, sia fondamentale nel poter individuare e colpire solo le cellule cancerogene, al contrario dei tradizionali trattamenti che debilitano l’intero organismo.
Le molecole “motorizzate” in questione sembrano, allora, possedere tutte le caratteristiche necessarie per entrare concretamente nella lotto contro il cancro. Ogni nano-macchina è costituita da una singola molecola che presenta due strutture fondamentali: la prima, formata da una serie di 3 anelli di atomi di carbonio, funge da motore, ovvero è la parte che inizia a ruotare quando attivata dalla luce ultravioletta. La seconda è una struttura, definibile stazionaria, sui quali lati si trovano “braccia” formate da atomi di carbonio, azoto e ossigeno che andranno ad attaccarsi sulla cellula target. Su quest’ultima possono essere aggiunte specifiche molecole per dirigere selettivamente le nano-macchine verso una particolare struttura, ad esempio una proteina, sulla superficie di una cellula, come può essere quella tumorale.
Dopo l’attivazione, il motore delle molecole, largo circa un nanometro, raggiunge i 2-3 milioni di rotazioni al secondo. Con una frequenza del genere, non solo è possibile perforare la membrana cellulare, è anche possibile superare gli ostacoli rappresentati dalle particelle adiacenti e dal loro naturale moto browniano. Questa struttura può inoltre essere progettata sia per penetrare la membrana per un eventuale rilascio di farmaci, che per indurre la definitiva distruzione della cellula.
I ricercatori hanno osservato come sia necessario anche un solo minuto per la penetrazione della membrana. Robert Pal prevede che questa tecnologia possa in futuro venire utilizzata per il trattamento di varie tipologie di tumore, come quello al seno o il melanoma, ed i test in vitro sembrano dargli ragione. Nel suo laboratorio a Durham, infatti, le molecole sono state testate su cellule vive, tra cui cellule cancerogene umane della prostata. Senza l’innesco ultravioletto, le nano-macchine restano inerti sulla superficie della cellula tumorale individuata. Una volta attivate, hanno portato alla distruzione di quest’ultima in pochi minuti.
Per i futuri test i ricercatori si aspettano di poter attivare i motori con metodi più praticabili rispetto alla luce ultravioletta per l’applicazione in vivo, come ad esempio l’assorbimento a due fotoni, raggi infrarossi o radiofrequenze. Intanto, sono già iniziati i primi test su microrganismi e piccoli pesci.