Una malattia virale che si diffonde tramite saliva o droplets. Non stiamo quindi parlando del coronavirus a cui tutti siamo ormai abituati, ma di mononucleosi infettiva, causata dal virus di Epstein-Barr (EBV), per cui non esiste cura o vaccino. La mononucleosi infettiva è quindi una patologia causata da un virus ed è appartenente alla famiglia dei virus dell’herpes (Herpesviridae). L’infezione è molto comune tanto che quasi la totalità della popolazione è stata infettata nei primi anni di vita o di adolescenza.
Negli Stati Uniti, ad esempio, la metà dei bambini in età pediatrica e il 95% degli adulti hanno contratto l’EBV. La maggior parte delle infezioni da EBV tuttavia non presenta sintomi, molto rare le positività nei bambini più piccoli.
Come per altri herpesvirus, dopo l’esposizione iniziale l’EBV rimane nell’organismo per tutta la vita, infetta i linfociti B (un particolare tipo di globuli bianchi) e promuove la formazione di linfociti T atipici per combattere l’infezione. L’EBV viene eliminato in maniera intermittente dalla saliva della persona positiva al virus. Questa secrezione può aumentare in frequenza nei pazienti immunodepressi.
Il contagio può avvenire per trasfusione o contatto di sangue o emoderivati tra un soggetto sano sieropositivo all’EBV ed un soggetto sano, ma più comunemente accade per contatto salivare tra i soggetti. È possibile contrarre la mononucleosi anche per “contatto indiretto”, tramite droplets, piccole particelle espulse dal cavo orofaringeo, anche se è il maggior numero di infezioni avviene per contatto diretto, da cui il nome comune “malattia del bacio”.
Pensate che solamente il 5% dei positivi al virus vengono infettati da un portatore sintomatico del virus di Epstein-Barr, a testimonianza dell’alta probabilità di incontrare l’EBV senza contrarre la mononucleosi infettiva in modo sintomatico.
Nei bambini piccoli, la mononucleosi è asintomatica, mentre nei bambini più grandi e negli adulti si possono osservare alcuni sintomi. L’infezione del virus di Epstein-Barr può avere un periodo di incubazione di uno o due mesi, ma il soggetto può manifestare debolezza per mesi, maggiormente nelle prime due o tre settimane.
La maggior parte dei soggetti sintomatici presenta febbre, faringite e adenopatia. La durata dei sintomi può variare, ma solitamente scompaiono dopo un paio di settimane. Tuttavia, la stanchezza può persistere, occasionalmente, per mesi.
La febbre può raggiungere anche lo stato di iperpiressia, oltre i 40 °C, il giorno dell’infezione. La faringite, caratterizzata da mal di gola, può aggravarsi, essere dolorosa e può sfociare in una faringite streptococcica, un’infezione acuta dell’organo.
L’adenopatia consiste nell’ingrossamento dei linfonodi del cavo orale. In circa la metà dei soggetti affetti da mononucleosi infettiva è presente anche un ingrossamento della milza. La milza ingrossata è asintomatica o, comunque, causa sintomi lievi, ma è necessario tenere presente che la milza può essere a rischio di rottura se sottoposta a lesioni. Raramente si sviluppano eruzioni cutanee e ancora più raramente encefaliti, meningiti ed altre patologie infiammatorie.
I sintomi della mononucleosi infettiva sono comuni anche in altre infezioni virali e batteriche, per cui spesso è difficile riconoscerne l’infezione. L’unico sintomo “clinico”, con rilevanza per la diagnosi medica, è l’ingrossamento dei linfonodi, in particolare a livello del collo.
Per confermare il sospetto di mononucleosi infettiva è sufficiente un esame del sangue, detto test per anticorpi eterofili o monotest. Questo test conferma la positività nel caso di una linfocitosi, l’aumento del numero dei linfociti nel sangue, atipica di almeno il 20% rispetto ai valori fisiologici.
Data la presenza di un periodo di incubazione, nelle prime settimane dall’esposizione al patogeno il test può risultare negativo e il medico può chiedere la ripetizione del test in caso di un forte sospetto di positività al virus di Epstein-Barr.
Nel caso di un accertato test negativo, i sintomi potrebbero essere riconducibili ad una infezione streptococcica, da citomegalovirus o altre forme virali. Il test per anticorpi eterofili non è però efficace per confermare la diagnosi nei bambini in età pediatrica.
Un test alternativo è un esame specifico per anticorpi anti-EBV: la positività al test indica la presenza di particolari immunoglobuline, proteine prodotte del sistema immunitario specifiche per il riconoscimento e l’attivazione di un meccanismo per l’eliminazione del virus di Epstein-Barr. Potreste chiedervi perché non svolgere direttamente questo test, che verifica con certezza l’infezione anche nei bambini: i test anticorpali richiedono mediamente più tempo, oltre ad essere più costosi.
Un altro indice di positività al virus è riscontrabile nelle analisi del sangue complete o emocromo completo: la presenza di un elevato numero di globuli bianchi mononucleati caratteristici, i già citati linfociti atipici, potrebbe essere un ulteriore indizio per la diagnosi di mononucleosi infettiva.
La re-infezione è rara, ma sono presenti pochissimi casi clinici dovuti all’esistenza di due sierotipi diversi del virus. Queste due versioni del virus vengono contrastate dall’organismo mediante due anticorpi specifici e distinti, quali le immunoglobuline G (IgG) e le immunoglobuline M (IgM).
Per tale motivo, è possibile reinfettarsi venendo a contatto con un sierotipo del virus diverso da quello per cui abbiamo sviluppato anticorpi, anche se è molto raro sia positivizzarsi alla seconda esposizione, che sviluppare sintomi gravi.
Tra le possibili patologie correlate allo sviluppo di uno stadio molto grave della mononucleosi infettiva troviamo le nefriti acute interstiziali, le anemie emolitiche, le miocarditi e disfunzionalità elettriche del cuore, la trombocitopenia.
La mononucleosi infettiva è, inoltre, spesso associata e ha un probabile ruolo causale per patologie come il linfoma di Burkitt, alcuni tumori dei linfociti B nei pazienti immunocompromessi, il linfoma di Hodgkin, il carcinoma nasofaringeo, alcuni tumori gastrici.
Tuttavia, non sono ancora state dimostrate scientificamente le correlazioni di causa-effetto tra la mononucleosi infettiva e questi tumori di diversa natura, come le neoplasie del sistema immunitario o i cancri del cavo orale e gastro-intestinale.
La mononucleosi non rientra nella categoria delle zoonosi, le malattie trasmissibili dagli animali all’uomo, né può essere trasmessa da uomo ad animale perché la mononucleosi è una malattia virale a trasmissione esclusivamente umana.
Sono state registrate varie patologie trasmesse dagli animali all’uomo di tipo virale, tra le più comuni sicuramente la salmonella e il coronavirus che di recente ha causato Covid-19. Quindi, non vi preoccupate, il vostro animale domestico, gatto compreso, non può assolutamente trasmettervi questa malattia.
A cura di Luca Bontempi.