Medicina

Morto per arresto cardiaco Hugo Maradona, il fratello di Diego

Hugo Maradona, ex calciatore e fratello minore del famoso Diego Maradona, è morto all’età d 52 anni presso la sua abitazione a Monte di Procida, in provincia di Napoli, dove viveva con la moglie. Il decesso si è verificato nella mattinata del 28 Dicembre 2021 in seguito ad arresto cardiaco. La sua morte è stata poi confermata dal personale medico del 118.

Chi era Hugo Maradona?

Nato a Lanus nel 1969, Hugo Maradona, soprannominato “El Turco” (da piccolo “El Pelusa”) come i suoi fratelli Diego e Raul, incominciò la sua carriera calcistica in giovane età. Iniziò a giocare come trequartista nell’Argentinos Juniors, entrando fin da subito nel giro delle nazionali giovanili argentine.

Poi nel 1987, all’età di 18 anni, su pressione del fratello Diego, fu comprato dal Napoli che lo girò poi in prestito all’Ascoli. I due fratelli giocarono anche insieme come avversari, ma poi la carriera di Hugo continuò in maniera differente. Giocò per il Rayo Vallecano (Spagna), per il Rapid Vienna (Auastria), per il Deportivo Italia (Venezuela), per il Progreso (Uruguay), per il Toronto Italia (Canada) e per alcune squadre giapponesi (PJM Futures, Avispa Fukuoka, Sapporo).

Si ritirò dalla carriera calcistica all’età di 40 anni ed iniziò a lavorare come allenatore. Dopo una breve esperienza a Portorico (P.R. Islanders), venne trasferito a Napoli dove iniziò a lavorare come direttore per la scuola di calcio della Mariano Keller.

Credits: @ANSA

Arresto cardiaco: generalità

L’arresto cardiaco si verifica quando il cuore non è più in grado di svolgere la sua funzione meccanica, ovvero quella di pompare il sangue nell’organismo. In assenza di circolazione , il sangue non è in grado di raggiungere gli organi vitali e di fornire loro ossigeno. Se non si interviene in tempi brevi, il soggetto può andare in contro a morte.

Negli adulti, l’arresto cardiaco è causato generalmente da una cardiopatia, in particolare dalla coronaropatia (parziale\totale ostruzione delle arterie). Tuttavia può essere anche causato da: aritmia, infarto, scompenso cardiaco terminale, tamponamento cardiaco (incidenti che coinvolgono la zona toracica), miocardite grave, insufficienza respiratoria, shock circolatorio, disturbi metabolici ed l’intossicazione da farmaci.

credits: focus.it

In alcuni casi, anche condizioni genetiche, come la sindrome di Brugada o altre canalopatie, possono portare ad arresto cardiaco.

Nei lattanti e nei bambini invece, l’arresto cardiaco si verifica principalmente in seguito ad insufficienza respiratoria, dovuta a differenti disturbi respiratori. In alcuni casi si può verificare anche in seguito a trauma e\o avvelenamento

Sintomi, diagnosi e trattamenti

In seguito ad arresto cardiaco si ha una perdita immediata di conoscenza, blocco respiratorio ed in alcuni casi, anche perdita del controllo degli sfinteri.

Alcune volte, prima di un arresto cardiaco, si possono avere dei sintomi “iniziali”, come:

  • Dolore toracico, se l’arresto è dovuto ad un infarto
  • Palpitazioni, se l’arresto è dovuto a tachiaritmia
  • Difficoltà respiratoria, se l’arresto è causato da insufficienza respiratoria.

E’ importante quindi saper riconoscere in se stessi e negli altri i sintomi che si possono avere in caso di arresto cardiaco ed in presenza di essi, informare nell’immediato il 118. Infatti l’intervento di personale sanitario specializzato rappresenta l’unica possibilità di trattamento in modo efficace.

Per verificare che si tratti effettivamente di arresto cardiaco deve essere effettuata una rapida diagnosi (30s) che generalmente segue il protocollo “GAS – Guarda, Ascolta, Senti” . Questo approccio ha come scopo quello di verificare in un lasso di tempo minimo, senza l’utilizzo di macchinari, se il soggetto sta respirando oppure no.

Infatti in caso di arresto cardiaco, il soggetto non è in grado di respirare in modo autonomo e di conseguenza è necessario far ripartire il cuore affinché l’ossigeno possa arrivare agli organi e ai tessuti. Bisogna quindi effettuare una rianimazione cardiopolmonare (30 compressioni toraciche alternate a 2 ventilazioni) e se possibile, anche un fibrillazione per fare cessare l’aritmia e fare ripartire l’attività cardiaca.

E’ importante in fine ricordare, che attraverso esami diagnostici specifici prescritti da un medico (ecocardiogramma, elettrocardiogramma, radiografia del torace, test da sforzo, cateterismo cardiaco) è possibile verificare se si può essere a rischio di arresto cardiaco.

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Published by
Denise Zuccotti