Multitasking: una BMI per controllare un terzo braccio robotico
Quante volte, in preda alle molte cose da fare, avreste desiderato possedere un braccio in più? Magari controllabile direttamente con il pensiero, indipendentemente da cosa stiano già facendo le vostre braccia. Questo è l’obiettivo della BMI (Brain-Machine Interface) sviluppata da una coppia di ricercatori dell’Advanced Telecommunications Research Institute International, in Giappone. Il soggetto può pensare contemporaneamente a due compiti e l’interfaccia può decifrare quale di questi pensieri è diretto al braccio robotico, quindi eseguire lo specifico compito.
Per quanto si possa pensare che una tecnologia del genere possa risultare concretamente utile per le persone con disabilità, in realtà mostra un aspetto molto interessante anche per i normodotati. Sembra infatti che, utilizzare un dispositivo del genere, possa migliorare le capacità di multitasking dell’utente, come mostrato nella ricerca pubblicata su Science Robotics.
Il multitasking tende a riflettere una capacità generale nello “smistare” l’attenzione. Se riusciamo a far sì che le persone lo facciano usando l’interfaccia cervello-macchina, potremmo essere in grado di migliorare questa capacità.
Afferma Shuichi Nishio, che ha sviluppato la tecnologia con il collega Christian Penaloza.
Il test
Il sistema, costituito da una serie di elettrodi posizionati su una cuffia e da un braccio robotico, si basa su una serie di algoritmi capaci di leggere l’attività elettrica del cervello associata a diverse azioni. In questo modo, rilevando l’attività associata ad uno specifico compito, è possibili informare il braccio robotico affinché si muova in base al pensiero del soggetto.
Per testare l’interfaccia sono stati coinvolti 15 volontari. Ad ognuno di essi è stato richiesto di tenere in equilibrio una palla su una superficie piana e, contemporaneamente, usare il braccio robotico per afferrare e spostare una bottiglia. Il tutto dopo aver registrato le attività elettriche del cervello associate a questi specifici compiti, così da “addestrare” il sistema a riconoscere l’intenzione del soggetto.
I risultati hanno mostrato la divisione dei partecipanti in due gruppi: chi riusciva a gestire il multitasking in modo eccellente (l’85% delle volte), chi in maniera peggiore (il 52% delle volte). Secondo i ricercatori, una simile differenza non sarebbe imputabile alla BMI, bensì all’abilità del soggetto nello spostare l’attenzione da un compito all’altro.
Di solito quando si controlla qualcosa con la BMI, l’utente deve davvero concentrarsi in modo da poter svolgere una sola attività. Nel nostro caso sono due compiti completamente diversi, ed è questo che lo rende speciale.
Afferma Penaloza.