Non più solo Elon Musk: il brain tech impazza nella Silicon Valley
Come forse molti di voi sapranno, quest’anno il team Biomedical ha partecipato ad un viaggio insieme al NECST Lab del Politecnico di Milano, caratterizzato da parecchie tappe nella Silicon Valley, visitando alcune delle aziende Big locali, quali Xilinx, Google, Facebook, Oracle, IBM e tante altre. Proprio in questo scenario tecnologico si sta insinuando una nuova moda, il brain tech: i big della Valley vorrebbero letteralmente “entrare nella mente” delle persone.
L’esempio più eclatante è stato la nascita della nuova azienda di Elon Musk, la Neuralink, a cui abbiamo già dedicato un articolo. Ma Elon non è affatto solo: già in 3 tra i maggiori influencer della Valley gli fanno concorrenza.
Gli obiettivi della Silicon Valley sul cervello umano
Le idee proposte sono numerose e varie, sia che si parli di dispositivi medici per cercare di sopperire a carenze neurologiche sia di tecniche per potenziare le capacità del cervello umano; insieme a Musk altri 3 visionari della Valley hanno qualche carta da giocarsi.
Uno di questi è proprio il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, che ad aprile scriveva: “So what if you could type directly from your brain?” ossia “come sarebbe se potessi scrivere al computer direttamente con il cervello?”. L’impresa a cui il CEO di Facebook sta lavorando non è certo un impianto invasivo, ma un dispositivo esterno in grado di leggere il linguaggio del cervello, senza che l’utente pronunci parole, con una velocità di traduzione di 100 parole al minuto.
“Intendiamo provare la fattibilità del prodotto entro 2 anni” ha affermato il leader del progetto Mark Chevillet.
“Cosa succederebbe se poteste vedere cosa sta accadendo nel vostro cervello o nel vostro corpo, con la risoluzione di una macchina fotografica?”
Dr. Mary Lou Japsen, fondatrice e CEO della Openwater, ha dichiarato che sta creando un dispositivo che possa permetterci di vedere, ad alta risoluzione, cosa sta accadendo nel nostro corpo, grazie ad una sorta di MRI portabile, formata da componenti flessibili che possono essere integrati in bende oppure in cappelli. La tecnologia potrebbe avere utilizzi in diversi campi: in quello medico, ad esempio, per la rilevazione di tumori e per l’interpretazione delle reti neurali associate al pensiero per migliorare la BCI.
Dopo aver venduto la sua Braintree su eBay nel 2013, Bryan Johnson ha annunciato lo scorso ottobre di aver investito 100 milioni di dollari nella sua nuova “creatura”, la Kernel, con l’obiettivo di voler sviluppare un impianto cerebrale invasivo per potenziare le capacità cerebrali, valorizzando l’intelligenza umana e, in un certo senso, per riprogrammare il futuro dell’umanità. “La nostra biologia e la nostra genetica stanno diventando sempre più programmabili: stiamo cominciando ad identificare i meccanismi sottostanti al codice neurale e a rendere anch’essi programmabili” afferma Johnson. L’obiettivo generale è quello di realizzare un impianto che consentirà la registrazione di segnali provenienti da migliaia di neuroni, allettante per aiutare i pazienti affetti da Alzheimer e colpiti da ictus.
Nonostante l’ambizione con cui si vogliono creare nuove frontiere di studio, gli stessi neurologi e neuroingengeri provano sentimenti contrastanti, emozione per i personaggi coinvolti, ma anche tanti dubbi. L’atteggiamento tipico della Silicon è quello di investire denaro per risolvere i problemi: “Questo approccio funziona sicuramente per la tecnologia applicata” afferma Paul Sajda, Professore di ingegneria biomedica presso la Columbia University di New York City ed esperto di tecnologie avanzate per la ricerca del cervello “ma in un campo come quello neuroscienza, in cui persistono ancora molti dubbi di base, non sempre è così”.
Tuttavia, quando si tratta di neurotech è facile scadere nell’errore dell’aspettativa: tutto sembra sempre molto affascinante ed accattivante (a parole), ma i fatti spesso non “tengono il ritmo” giusto.