Come sappiamo, la capacità di riprodurre artificialmente l’elaborazione dei segnali cerebrali è di fondamentale importanza per lo sviluppo dell’ intelligenza artificiale. Un notevole passo avanti in tal senso è stato reso possibile dall’avvento del memristor, un componente circuitale in grado di riprodurre artificialmente le funzionalità delle sinapsi biologiche. I ricercatori del Politecnico di Torino hanno realizzato dei particolari nanofili (“nanowires”) cristallini che hanno portato ad un livello più performante i memristors.
Il filo ha un diametro migliaia di volte più piccolo di un capello e non solo è in grado di memorizzare ed elaborare le informazioni, ma può anche ricevere numerosi segnali in parallelo.
Teorizzato nel 1971 dal Prof. Leon Chua,il memristor è un componente circuitale passivo a due terminali in grado di alterare la propria resistenza elettrica a seconda dell’intensità e della direzione della corrente che lo attraversa. La peculiarità dei memristors sta nella loro capacità di memorizzare l’ultimo valore di resistenza anche quando il dispositivo viene spento. Proprio per questo motivo, questo componente è stato largamente utilizzato nell’ambito del calcolo neuromorfico per l’emulazione delle sinapsi.
I nanofili in ossido di zinco presentati in un articolo pubblicato su Nature Communications da Gianluca Milano e Carlo Ricciardi, rispettivamente dottorando e docente del Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino, permettono di perfezionare i memristors, rendendoli più piccoli e performanti.
I nanofili offrono promettenti nuove proprietà fisiche rispetto ad altri solidi. La loro realizzazione è stata resa possibile dall’utilizzo delle nanotecnologie, che permettono la manipolazione della materia a livello atomico. La loro produzione è relativamente semplice. I nanofili derivano dalla deposizione per evaporazione di materiali specifici su un substrato adatto, dove praticamente crescono spontaneamente.
Per creare una cellula funzionante, entrambe le estremità del nanofilo devono essere attaccate a metalli adatti, in questo caso platino e argento. I metalli funzionano come elettrodi e, inoltre, rilasciano gli ioni attivati da un’ appropriata corrente elettrica. Gli ioni metallici possono diffondere oltre la superficie del filo e generare un ponte per alterarne la conduttività.
Il vantaggio di questi “nanowire memristor” sta nella possibilità di combinare per la prima volta in un unico elemento le funzionalità sinaptiche. Questo si traduce in una miniaturizzazione del memristor, che consente a sua volta di ridurre sensibilmente la complessità e il consumo di energia dei circuiti elettronici necessari all’implementazione di algoritmi di apprendimento.
Il nanowire memristor rappresenta un sistema modello per lo studio dei fenomeni fisici ed elettrochimici che alla nanoscala governano le sinapsi biologiche.
Commenta Carlo Ricciardi.
Il lavoro è il frutto della collaborazione tra il gruppo di ricerca di Ricciardi e l’Università RWTH di Aquisgrana in Germania ed è supportato dall’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e dall’ Istituto Italiano di Tecnologia (IIT).