Alcuni ricercatori dell’Oregon State University College of Pharmacy e dell’Oregon National Primate Research Center hanno studiato nanoparticelle fotosensibili in grado di depositarsi sulle lesioni provocate da endometriosi e distruggerle tramite ablazione fototermica. Il trattamento è risultato efficace sul modello animale, suscitando speranze per una futura terapia sull’uomo.
L’endometriosi può essere considerata un’infiammazione benigna cronica degli organi genitali femminili e del peritoneo dell’utero. La mucosa endometriale, che in condizioni fisiologiche riveste solo l’interno della cavità uterina, fuoriesce e si deposita su altri tessuti, come le ovaie, comportando lesioni endometriosiche. L’endometrio patologico presenta un’elevata adesività, che giustifica il suo deposito su strutture diverse dall’utero stesso.
È una patologia molto frequente che colpisce il 10% delle donne in età fertile tra i 25 e i 35 anni. Si stima siano affette da questa patologia 16 milioni di donne in Europa e, con diagnosi conclamata, 3 milioni in Italia.
Nonostante sia considerata una malattia spesso asintomatica, si manifesta nei soggetti tramite dolore pelvico in fase premestruale, mestruazioni dolorose (dismenorrea) e dolore durante i rapporti sessuali. È, a tutti gli effetti, una malattia invalidante: le donne che ne soffrono lamentano un notevole impatto sulla qualità di vita oltre che un indebolimento generalizzato.
L’endometriosi è strettamente correlata anche all’infertilità: si stima che il 30-40% delle donne che ne soffrono riscontri difficoltà a raggiungere una gravidanza in modo naturale.
Attualmente l’endometriosi è considerata un’infiammazione cronica senza una cura definitiva e risolutiva. Nel caso di un paziente in fase iniziale e asintomatico, è consigliato continuare a osservare una condotta di controllo clinico periodico. Nel caso invece di un paziente sintomatico con dolore, si può ricorrere a:
Infatti, la chirurgia può portare a una diminuzione importante del potere riproduttivo della donna: durante l’esportazione dei tessuti lesionati possono essere coinvolti anche tessuti sani, con conseguente diminuzione del numero di ovociti nell’ovaio. Tipicamente la tecnica chirurgica gold standard è la laparoscopia.
Oleh Taratula dell’Oregon State University College of Pharmacy e Ov Slayden dell’Oregon National Primate Research Center, presso l’Oregon Health & Science University, hanno studiato come alcuni nanopolimeri possano intervenire efficacemente sulle lesioni associate a questo disturbo. Il report è stato pubblicato sulla rivista Small.
L’attenzione dei due medici è stata catturata da alcune osservazioni sperimentali: le lesioni endometriosiche si riformano circa la metà delle volte e più di un quarto dei pazienti sottoposti alla prima terapia chirurgica deve affrontare almeno altri tre interventi. Ciò è dovuto al fatto che risulta complicato localizzare l’area di estensione di tutto il tessuto lesionato.
Nasce da qui l’idea di utilizzare nanomateriali fotosensibili come strumenti di imaging precisi, oltre che di terapia per la rimozione delle lesioni. Infatti, i piccoli materiali polimerici, di dimensioni inferiori a 100 nanometri, sono incapsulati all’interno di un colorante in grado di creare un segnale di fluorescenza oltre che generare calore. Le nanoparticelle raggiungono i siti lesionati e vi realizzano una piccola bruciatura, detta ablazione fototermica grazie alla luce del vicino infrarosso, che porta alla morte delle cellule.
La sfida è stata trovare il giusto tipo di nanoparticelle. Quelle che possono accumularsi prevalentemente nelle lesioni endometriosiche senza effetti tossici sul corpo, pur preservando le loro proprietà di imaging e riscaldamento
Dr. Oleh Taratula.
Attualmente è stato testato il modello animale con esiti soddisfacenti dopo solo 24 ore dal trattamento. Il calore prodotto riesce a eliminare le lesioni endometriosiche entro due giorni, “ripulendo” completamente le zone malate.
Il team, inoltre, è stato sovvenzionato dal National Institutes of Health per testare il trattamento anche su macachi con endometriosi. Per poter giungere a studi clinici sull’uomo sono ancora necessari approfondimenti e indagini future per valutare se l’approccio terapeutico evolva negli umani come nel modello animale.
Riteniamo che la nostra strategia possa eventualmente cambiare l’attuale paradigma per il rilevamento e il trattamento dell’endometriosi
Dr. Oleh Taratula.
A cura di Anna Guazzo.