La nanomedicina è l’applicazione medica della nanotecnologia, ossia una branca del campo tecnologico che progetta e realizza dispositivi con dimensioni inferiori al nanometro( cioè un miliardesimo di metro ), come ad esempio strumenti diagnostici e sistemi farmacologici.
Lo scopo dell’utilizzo di dimensioni così ridotte, che si aggirano intorno a 1/80.000 dello spessore di un capello, è che possono interagire a livello fisico con ciò che abbiamo di più piccolo nel nostro organismo: le cellule, le quali possiedono un un diametro che va all’incirca dai 10.000 ai 20.000 nanometri.
Gli scienziati in campo biomedicale lavorano su dimensioni intorno ai 100 nanometri, permettendo così ai propri “prodotti” di entrare nelle cellule e interagire, volendo, anche con il DNA stesso.
Marco Foiani, direttore dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare e vicepresidente del Centro europeo di nanomedicina (CEN), spiega che un’applicazione pratica della nanotecnologia potrebbe essere lo sviluppo di nanosensori “capaci di identificare i marcatori biologici di una malattia”, come ad esempio il cancro, ma non solo.
Tuttavia, la vera sfida non risiede nell’idea in sè, quanto nello studio dell’interazione tra la tecnologia in questione e l’ambiente biologico; a dimensioni così ridotte, infatti, le nanoparticelle obbediscono ad una fisica diversa da quella classica, che pertanto deve essere studiata accuratamente nei minimi dettagli, come già sta accadendo.
Inoltre, a dimensioni tali, le nanoparticelle potrebbero essere espulse dall’organismo ancor prima che possano compiere il loro lavoro, rendendo vano l’intero esperimento.
Il cancro
“La malattia oggi può essere riconosciuta, nella maggior parte dei casi, solo quando assume dimensioni macroscopiche ma noi sappiamo che è provocata, ai suoi esordi, da alterazioni molecolari a livello del DNA”
spiega sempre Marco Foiani.
Come già detto, il cancro deriva da alterazioni molecolari nel DNA e la vera svolta avverrebbe nel caso in cui le nanoparticelle potessero penetrare all’interno delle cellule, così da scoprire l’origine di questa alterazione molto prima che si formino ammassi tumorali più o meno consistenti.
A tal proposito, i ricercatori della Wake Forest Baptist Medical Center, nel North Carolina, hanno messo a punto una nuova tecnologia che permette di rilevare la malattia attraverso i suoi biomarcatori in forma di acidi nucleici.
“Immaginiamo questa tecnologia come un punto di partenza fondamentale e una forma di diagnostica non invasiva che possa rilevare qualunque tipo di malattia,dal cancro al virus dell’Ebola”
ha asserito Adam R. Hall, Ph.D., assistente professore di ingegneria biomedica al Wake Forest Baptist e principale autore dello studio.
Gli acidi nucleici sono costituiti da sequenze ben precise di basi e si estendono in catene più o meno lunghe, con un ordine esatto; sono, inoltre, i portatori delle caratteristiche genetiche di ogni individuo.
L’ordine seguito dalle basi dipende strettamente dalle loro funzioni: ciò significa che, studiandolo, è possibile comprendere ciò che sta succedendo all’interno delle cellule e, di conseguenza, dei tessuti stessi.
Per fare un esempio, gli acidi nucleici noti come microRNAs sono costituiti da circa 20 basi, ma il loro diverso ordine nella catena può segnalare la presenza di una vasta gamma di malattie, compreso il cancro.
Lo scopo dello studio è proprio quello di cercare di individuare, attraverso le nanoparticelle, la presenza di una sequenza ben precisa di acidi nucleici che costituisca un possibile “bersaglio”: nel caso sia presente verrebbe percepito un segnale, in caso contrario non si avrebbe nulla.
In un secondo momento, semplicemente contando il numero dei segnali, si può determinare la dimensione del suddetto “bersaglio”.
Lo studio ha dimostrato che questa tecnica può essere effettivamente utilizzata con successo, tanto che è stata testata per identificare il microRNA ( mi-R155 ), conosciuto come identificatore del cancro polmonare negli esseri umani.
D’altro canto la diagnostica non è l’unico ambito in cui si può usufruire delle nanotecnologie: possono essere utilizzate anche nella cura stessa del cancro.
I metodi convenzionali di trattamento mediante radioterapia sono spesso tossici per l’organismo a causa dell’esposizione ad un alto dosaggio di radiazioni, al fine di raggiungere efficacemente la maggior parte degli ammassi tumorali; ciò, tuttavia, causa effetti collaterali anche sulle parti sane dell’organismo.
Con lo sviluppo della nanotecnologia si potrebbe sfruttare un nano dispositivo che non solo funga da veicolo per il medicinale, ma che sia anche in grado di attaccare selettivamente le cellule malate, trascurando quelle sane.
Il concetto di selettività risulta quindi essere davvero importante e fondamentale.
Questo permetterebbe al paziente di essere esposto ad una quantità significativamente minore di radiazioni rispetto a ciò che avviene attualmente, in quanto ne verrebbe utilizzata una quantità necessaria solo ad attivare le nanoparticelle ( precedentemente iniettate direttamente nel tumore), le quali produrrebbero molti più radicali liberi localizzati sulle cellule infette, preservando quelle sane.