Nasce Novavido, la start-up che studierà la prima retina artificiale liquida
L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) lancia Novavido, la start-up che svilupperà la prima retina artificiale liquida. Novavido è una start-up innovativa, accelerata da G-Factor della Fondazione Golinelli, nata dalla collaborazione dell’IIT con l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona). L’idea nasce dal risultato ottenuto dal lavoro di due centri di ricerca dell’IIT: il Center for Nano Science and Technology di Milano (CNST-IIT) e il Center for Synaptic Neuroscience and Technology di Genova (NSYN-IIT). La start-up riceverà da Alfasigma, Utopia SIS, Istituto David Chiossone e Club2021 un primo investimento di 1,4 milioni di euro. Allo scadere dei 24 mesi, riceverà un secondo investimento di circa 4,5 milioni di euro. In questo modo potrà dare il via alla fase di sperimentazione sull’uomo.
Come nasce il progetto della retina artificiale
L’obiettivo della ricerca è quello sviluppare una retina artificiale utilizzabile dall’uomo. La ricerca nasce circa dieci anni fa e si basa sullo sviluppo di una protesi retinica liquida composta da nanoparticelle polimeriche semiconduttrici. La visione umana è abilitata da fotorecettori nella retina, chiamati bastoncelli e coni, che vengono attivati dalla luce. Nel caso di malattie degenerative della retina, come la degenerazione maculare senile e la retinite pigmentosa, si ha una progressiva perdita di questi fotorecettori, con conseguente perdita della vista.
Da cosa è costituita la retina
I suddetti polimeri semiconduttori, come il poli 3-esiltiofene (P3HT), sono in grado di sostituire i fotorecettori danneggiati, fornendo un’interfaccia fotoattiva che converte la luce naturale in segnali elettrici per attivare i neuroni. L’interfaccia, pensata simulando le celle solari organiche, è composta da uno strato polimerico semiconduttore a contatto con uno strato conduttivo e una soluzione elettrolitica. I neuroni cresciuti sull’interfaccia polimerica possono essere stimolati a sparare potenziali d’azione con alta fedeltà. Le nanoparticelle possono essere iniettate direttamente nell’occhio umano per ripristinare la funzionalità dei fotorecettori, dunque la vista.
Il team di progetto
Il team di Novavido è composto da professionisti provenienti dai vari centri di ricerca: Giovanni Manfredi (CEO) e Sara Perotto, ricercatori esperti di nanomateriali, e tre advisor scientifici, Fabio Benfenati, direttore del Center for Synaptic Neuroscience and Technology, Guglielmo Lanzani, che dirige il Center for Nano Science and Technology e Grazia Pertile, primario di oftalmologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Questi potranno, inoltre, collaborare con esperti dei laboratori di Alfasigma coordinati da Emilio Merlo Pich, direttore della Ricerca e Sviluppo di Alfasigma.
Necessità di una retina artificiale liquida
Tali dispositivi sono stati fabbricati solo come impianti planare, coprendo solo una piccola area retinica e rendendo la procedura chirurgica alquanto invasiva. Per questo il team mira a trasformare l’interfaccia in un dispositivo a retina liquida. Si ingegnerizzano le nanoparicelle polimeriche, in modo da rendere la procedura meno invasiva, aumentare la risoluzione spaziale dell’interfaccia e allargare l’area di copertura della retina. Durante la prima fase di sperimentazione i risultati ottenuti sono stati efficaci e promettenti per il futuro della start-up. Il team, afferma Benfenati, intende effettuare valutazioni precliniche su animali di grandi dimensioni (ad esempio il maiale domestico) con occhi di dimensioni vicine a quelle dell’occhio umano. Aggiunge, inoltre, che sta lavorando alla progettazione di nanoparticelle più attive, attraverso modifiche della superficie per migliorare l’efficienza di separazione della carica o l’adesione della membrana.
La retina liquida sarà il frutto di una mirata sinergia
Affinché questo tipo di dispositivo possa essere utilizzato e diffuso sarà necessaria una mirata collaborazione tra le parti, oltre che tra i membri del team. I vantaggi ottenuti sono numerosi, in particolare, la procedura metterebbe meno a rischio il paziente, in quanto, in caso di mancato successo, non rischierebbe di danneggiare ulteriormente il tessuto oculare. La start-up inizierà nei prossimi due anni la fase due. Non resta che attendere e sostenere i ricercatori italiani!