Dalle protesi ai dispositivi impiantabili, il progresso tecnologico ci permette di dare un supporto sempre più efficace a quanti hanno subito la perdita totale o parziale di una funzionalità. Tuttavia non manca chi ritiene che l’uomo debba servirsi delle scoperte scientifiche e tecnologiche al fine di aumentare le proprie capacità fisiche e mentali. In un precedente articolo abbiamo parlato di come la figura del cyborg, l’uomo bionico, sia uscita dalla sfera dell’immaginario fantascientifico divenendo parte della nostra quotidianità. In questo contesto si colloca la storia di Neil Harbisson.
Classe 1982, Harbisson è un artista britannico ed è stato il primo uomo ad essere legalmente riconosciuto come cyborg. Cosa lo rende speciale? Un’antenna che gli permette di “ascoltare” i colori.
Sin da bambino Harbisson soffre di una rara condizione visiva, nota come acromatopsia, che lo rende incapace di percepire i colori. Così, sino al 2003, il giovane Neil vive in un mondo che appare come un vecchio film in bianco e nero.
Poi, durante i suoi studi al Darlington College of Arts, nel Regno Unito, l’artista assistette ad una conferenza sulla cibernetica tenuta dall’ informatico Adam Montandon. In quell’occasione nacque in lui l’idea di dare vita alla prima bozza di quello che chiamerà “Eyeborg”: un’antenna che gli permette di “ascoltare” i colori.
Il dispositivo, ora impiantato permanentemente nel suo cranio, raccoglie le frequenze della radiazione luminosa e, tramite un chip che si trova dietro la testa, le traduce in onde sonore. I suoni gli vengono poi trasmessi via conduzione ossea. Nel tempo l’eyeborg ha subito diversi upgrade: se in un primo momento gli permetteva di percepire solo lo spettro del visibile, ora può anche tradurre le frequenze in banda degli infrarossi e degli ultravioletti.
Per Harbisson l’eyeborg non è solo un dispositivo. L’ artista sostiene di percepire l’antenna come una parte del proprio corpo, un’estensione dei propri sensi. Per questo motivo non si ritiene più umano al 100%.
Ho cominciato a sognare i colori quando ho sentito che il software e il mio cervello erano una cosa sola, perché nei miei sogni era il mio cervello che creava i suoni, non il software. Ed è stato allora che ho cominciato a sentirmi un cyborg. E’ stato quando ho cominciato a sentire che l’apparecchio cibernetico non era più un dispositivo, ma una parte del mio corpo.
Il riconoscimento ufficiale come cyborg avvenne nel 2004, quando Harbisson, non senza difficoltà, riuscì a far ammettere l’eyeborg nella foto del proprio passaporto britannico. Da allora l’antenna è parte dell’immagine ufficiale dell’artista.
Harbisson usa il termine “sonocromatismo” per definire la propria condizione. Con tale termine intende un senso ulteriore che mette in relazione oggettiva il colore e il suono.
I chip, il software, le app mobili e le antenne cyborg impiantabili usano come trasposizione standard dalle frequenze luminose alle frequenze sonore le scale Sonocromatiche di Harbisson: Sonochromatic Music Scale e la Pure Sonochromatic Scale.
La prima è una scala microtonale e logaritmica con 360 note per ottava. Ogni nota della scala corrisponde ad un grado specifico della ruota dei colori. La seconda è una scala non-logaritmica basata sulla transposizione delle frequenze luminose in frequenze sonore senza considerare la ruota dei colori.
Per Harbisson la cibernetica è anche arte. Le sue opere esplorano l’identità, la percezione umana, la connessione tra vista e suono e l’uso dell’espressione artistica attraverso nuovi input sensoriali.
Secondo l’artista ognuno dovrebbe avere la libertà di utilizzare la tecnologia per migliorare se stesso. Ma Neil non è certo il solo ad avere questa visione. Sono sempre di più coloro che ritengono che la tecnologica atta ad alterare le capacità umane possa essere utilizzata come mezzo per esprimersi e vivere il mondo in un modo completamente diverso. Così nel 2010 Harbisson crea, insieme a Moon Ribas, la Cyborg Foundation, un’organizzazione internazionale che si propone di aiutare gli umani a diventare cyborg, di difendere i loro diritti e di promuoverne l’arte.