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Neuroergonomia e human factors per migliorare il rapporto uomo-tecnologia

Quando sentiamo parlare di incidenti, siano essi stradali, aeronautici o medici, la prima cosa che ci viene in mente è la responsabilità umana: una persona poco professionale o distratta. Ma lo sapevi che più del 70% dei piloti aerei ha ammesso errori in cabina dovuti all’eccessiva stanchezza? La fatica è quel nemico sempre presente ma che viene purtroppo sottovalutato. È qui che entra in gioco la neuroergonomia, branca degli human factors, che ha come obiettivo migliorare il rapporto tra uomo e tecnologia nell’ambito degli human factors.

Neuroergonomia e human factors per migliorare il rapporto tra persone e cose

Viviamo in un mondo dove si aggiungono sempre più cose: più tecnologie, più pulsanti, più interfacce. Ma come le persone riescono a cogliere questi cambiamenti e interagirci al meglio? È un settore il più delle volte trascurato ma che farebbe la differenza, soprattuto quando si parla di fatica sul posto di lavoro.

La Neuroergonomia, come suggerisce la parola, mette insieme neuroscienze ed ergonomia in modo da ricavare il massimo risultato da ogni disciplina umana. Quest’aerea interdisciplinare ha come obiettivo valutare studiare il cervello e le sue funzionalità in ambiente lavorativo o in generale ogni qualvolta ci sia interazione tra uomo e tecnologia. La Neuroergonomia si propone di studiare i processi che sono alla base dei processi percettivi e cognitivi come prestare attenzione, ricordare o pianificare e usa questa informazione per migliorare le prestazioni fisiche di una persona come possono essere l’atto di sollevare, spostare o afferrare oggetti.

Credits: You’Specialist

La Neuroergonomia può essere collocata in un’area più ampio che è quella degli human factors. Questo campo si occupa più in generale della relazione tra essere umani e prodotti, processi e sistemi. Il suo obiettivo primario è quello di ridurre l’errore umano dovuto alla fatica o all’inefficienza degli ambienti lavorativi che non riescono a cogliere il meglio dal proprio personale.

I metodi della Neuroergonomia

Strumenti appartenenti alle neuroscenze come l’elettroenefalografia, l’analisi dei movimenti oculari, la conduttanza cutanea e la variabilità della frequenza cardiaca vengono utilizzati dalla neuroergonomia per studiare il comportamento umano di fronte a situazioni come la guida di mezzi di trasporto, di lavoro o sportiva, ma soprattuto ogni volta che esiste un confronto tra una persona e un elemento tecnologico.

L’elettroenefalografia (EEG), realizzata attraverso il posizionamento dei elettrodi, è uno strumento molto importante quando si vuole capire il livello di attenzione di una persona. Un altro aspetto rilevato dall’EEG è il carico cognitivo di una persona in un dato istante. Un eccesso di informazioni può aumentare inutilmente questo carico.

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Credits: Repertorio Salute

Attraverso l’elettrocardiogramma (ECG) è possibile ricavare la variabilità della frequenza cardiaca. Ciò è un indice dello stato di salute del sistema nervoso autonomo, responsabile del controllo delle funzioni degli organi interni. Valori di variabilità della frequenza cardiaca molto bassi indicano un cuore stressato.

Misura indiretta dell’attività del sistema nervoso autonomo, quel sistema che controlla le funzioni di tutti gli organi interni (cuore, polmoni, ecc.). In un cuore sano c’è una normale variazione, in termini di millisecondi, tra i battiti del cuore. In un cuore stressato, al contrario, i battiti cardiaci sono più costanti e tale variazione tende a ridursi. Un basso valore di HRV, quindi, è un indice di una scarsa attività parasimpatica dovuta a stress.

Con uno strumento eye-tracker è possibile tracciare lo sguardo di una persona, identificando la posizione dei nostri occhi nello spazio, millisecondo per millisecondo. Tramite questo metodo è possibile rilevare dove lo sguardo di sofferma maggiormente e di conseguenza i punti più salenti del campo visivo.

Lo stato emotivo è rilevabile attraverso le ghiandole sudoripare perciò è necessario far indossare alle persone un sensore cutaneo che riesca a rilevare l’attività di queste ghiandole. Attraverso questo strumento è possibile misurare il grado di stress a cui è sottoposto l’individuo magari sul posto di lavoro.

Neuroergonomia e human factors: un esempio italiano

La startup italiana Vibre è una delle poche realtà italiane che operano nel campo della neuroergonomia al servizio delle aziende. Nata nel 2018, Vibre ha sempre avuto l’obiettivo di applicare le neurotecnologie, solitamente ristrette all’ambiente della ricerca, a situazioni reali della vita di tutti i giorni.

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Vibre

Vibre sta portando nelle aziende dispositivi wireless, smart, poco invasivi ed ergonomici per acquisire segnali cerebrali. Questi dati vengono poi utilizzati per migliorare le prestazioni e le condizioni di lavoro dei dipendenti. Questa tecnologia riesce a misurare in real time le condizioni mentali dei soggetti mentre svolgono attività come training, sport, lavoro, visione di video e immagini. In questo modo si hanno dei dati certi su come reagisce la mente umana di fronte a stimoli esterni.

Credits: Vibre

Vibre svolge attività in molti settori. In ambito sportivo, grazie al software proprietario NeuroPerform, riesce a rilevare se l’atleta stia dando il suo massimo durante la sessione di training, individua i momenti di maggiore difficoltà e quantifica il miglioramento delle performance durante una sessione di training e tra sedute successive. NeuroFrame, invece, misura lo stato degli operatori durante lavori che richiedono grandi livelli di concentrazione, in tempo reale, aiutando a prevenire cali di performance dovuti all’affaticamento.

Non solo migliorare l’esperienza lavorativa, i software di Vibre riescono a rilevare in anticipo l’accettazione di un prodotto da parte dei clienti. Infatti, il software NeuroDesign valuta in real-time l’apprezzamento di un utente e misura la reazione inconscia del consumatore che incide per il 95% sulle decisioni di acquisto di un prodotto.

La Neuroergonomia e gli human factors negli eSports: lo storico accordo tra Vibre e MCES Italia

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Credits: ESL

Gli eSports sono diventati delle vere proprie discipline sportive. Quindi, come conoscere lo stato emotivo e il livello di prestazione ottimale di giocatori che passano ore davanti a un computer? Vibre e MCES Italia hanno firmato un accordo storico che permetterà di comprendere lo stato mentale dei gamer con l’obiettivo di migliorare l’esperienza dei giocatori e di permettergli di migliorare le proprie performance, obiettivo fondamentale della neuroergonomia e più ampiamente degli human factors.

Come abbiamo visto, la neuroergonomia e gli human factors sono applicabili a quasi tutte le sfere della vita umana: psicologia, sociologia, ingegneria, biomeccanica, design industriale, fisiologia, antropometria, design dell’interazione, design visivo, esperienza utente e design dell’interfaccia utente. Queste scienze utilizzano il metodo scientifico per studiare le interazioni umane con i dispositivi, che diventano sempre più complessi. Per cui vediamo un futuro in cui, prima della progettazione di apparecchiature, dispositivi e processi, bisognerà studiare come essi si si adattano al corpo umano e alle sue capacità cognitive.

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