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Il sistema nervoso è formato da miliardi di neuroni ed un altrettanto elevato numero di cellule di supporto. I neuroni sono altamente specializzati nell’elaborazione e trasmissione di segnali cellulari, organizzati tramite circuiti neuronali che controllano e coordinano le funzioni sensoriali, percettive e comportamentali. In altre parole, un vasto numero di eventi nel corpo umano fa leva sulla comunicazione tra neuroni, la cui interazione dipende dalla trasmissione di segnali chimici ed elettrici. Nei laboratori svedesi del Karolinska Institutet i ricercatori, usando una serie di approcci innovativi, hanno mosso passi enormi nel campo delle neuroscienze. Tali innovazioni trovano ampio margine nello sviluppo del neurone artificiale in grado di ricevere e trasmettere a sua volta segnali chimici, definiti come neurotrasmettitori o sostanze segnale, comportandosi proprio come una cellula naturale.
All’interno del neurone, questi segnali chimici vengono convertiti in uno stimolo elettrico che viaggia lungo l’assone del neurone. Giunto alla sinapsi, il segnale elettrico viene convertito grazie al rilascio di sostanze segnale, che successivamente trasmettono lo stimolo neurale alla cellula nervosa adiacente. Ricordiamo che ad oggi la tecnica principale per la stimolazione neuronale nelle cellule umane si basa su quella elettrica. Tuttavia, gli scienziati dello Swedish Medical Nanoscience Centre (SMNC) al Karolinska Institutet, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Linköping, grazie al neurone artificiale hanno dato vita ad un dispositivo organico bioelettronico che sa ricevere i segnali chimici, per poi ritrasmetterli alle cellule umane.
medicalnanoscience.se“Il nostro neurone artificiale è fatto di polimeri conduttori e funziona come un neurone umano” spiega Agneta Richter-Dahlfors, professoressa di microbiologia cellulare.“La componente sensibile del neurone artificiale rileva un cambiamento nei segnali chimici e questo si traduce in un segnale elettrico. Questo segnale elettrico viene successivamente convertito nel rilascio del neurotrasmettitore acetilcolina, di cui si può monitorarne l’effetto sulle cellule umane vive.”
Il neurone artificiale, a differenza di quello naturale, non è formato da parti viventi bensì da un materiale plastico estremamente conduttivo in grado di scaturire impulsi elettrici. Passaggio importante sta nel sottolineare che tali proprietà potrebbero essere sfruttate per riparare i danni causati da malattie patologiche che colpiscono il cervello.
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In particolar modo la scoperta del neurone artificiale rappresenterebbe una valida speranza per chi soffre di sindromi epilettiche e morbo di Parkinson, in quanto esso potrebbe essere utilizzato per riparare le zone del cervello danneggiate da tali disturbi, sostituendo i metodi usati tutt’ora, che lavorano anche su quelle zone dove vi è la presenza di cellule sane. Infatti, finora si cercava di affrontare i problemi legati alle patologie sopra citate trasmettendo dei segnali elettrici dall’esterno per cercare di ripristinare la funzionalità neurale ma la tecnica si è sempre rivelata piuttosto “rozza” poiché questo tipo di stimolazione va a disturbare in maniera indiscriminata tutte le cellule nervose dell’area interessata comprese anche quelle non implicate nel disturbo.
Gli autori della scoperta che potrebbe migliorare la vita di una vasta fetta di persone colpite da sindromi epilettiche e morbo di Parkinson, raccontano il risultato della loro ricerca sulla rivista Biosensors & Bioelectronics mettendo in risalto in particolare la prospettiva di poter affrontare con efficacia i disordini neurologici. Tale prospettiva futura vede, il neurone artificiale, come supporto per i medici atto a bypassare le cellule nervose danneggiate e ripristinare la funzione neurale.
“Speriamo di miniaturizzare questo dispositivo per consentire l’impianto nel corpo umano”, afferma Agneta Richer-Dahlfors che si augura inoltre di poter dotare l’invenzione di connettività wireless in modo da controllare il neurone artificiale anche a distanza.
Naturalmente occorreranno altri anni per rendere la straordinaria possibilità normalmente praticabile in un centro di cura. Ma l’obiettivo finale è ora meno arduo da raggiungere e soprattutto apre ad una preziosa speranza.