Home / Innovazione / Neuroprotesi con feedback sensoriale: amputati tornano a sentire le gambe

Neuroprotesi con feedback sensoriale: amputati tornano a sentire le gambe

notizie.tiscali.it

A causa dei limiti della tecnologia esistente, uno degli aspetti più difficili che gli amputati di arti inferiori devono ancora oggi affrontare è la mancanza di feedback sensoriale della protesi di gamba, solitamente associata al rischio di cadute, scarsa mobilità e percezione dell’arto artificiale come oggetto esterno. Per risolvere questo problema un team internazionale di ricercatori, coordinato dal Politecnico federale di Zurigo con il contributo di Silvestro Micera della Scuola Sant’Anna di Pisa e del Politecnico di Losanna, ha messo a punto un’interfaccia uomo-macchina in grado dimettere in comunicazione una protesi bionica e i nervi residui presenti nella coscia di tre pazienti amputati, permettendo loro di tornare a sentire le loro gambe.

La nuova gamba bionica è un vero e proprio gioiello della neuroingegneria, il primo di questo genere, dotato di un sistema che permette di percepire la protesi in modo più naturale e riduce anche il dolore da arto fantasma. Il dispositivo, presentato su Science Translation Medicine funziona grazie a informazioni sensoriali che viaggiano wireless fino al cervello, grazie ad una serie di elettrodi impiantati chirurgicamente in un nervo situato nella parte residua dell’arto parzialmente amputato e a sensori aggiunti alla base della protesi. In questo modo si ha una vera e propria “fusione” tra moncone e dispositivo artificiale.

La speciale neuroprotesi è dotata di 7 sensori, che sono posizionati lungo tutta la pianta del piede e un encoder, ossia un trasduttore di posizione angolare, al ginocchio che rileva l’angolo di flessione. I segnali, generati dai sensori, in base ai movimenti e ai contatti della protesi, vengono poi elaborati attraverso un particolare algoritmo e tradotti in biosegnali, che vengono a loro volta inviati al sistema nervoso del moncone, più precisamente nel nervo tibiale, attraverso elettrodi intraneurali. A questo punto i biosegnali viaggiano verso il cervello dove vengono riconosciuti e interpretati. Grazie a questo sistema di comunicazione la protesi non viene percepita come un corpo estraneo restio ad agire con naturalezza, ma come parte integrante del proprio fisico, tanto da riuscire a maneggiarla anche da bendati.

Il dispositivo è stato infatti testato su tre volontari, che hanno indossato la protesi per un  periodo di tre mesi, durante il quale sono riusciti a muoversi con disinvoltura, svolgendo particolari esercizi e superando percorsi ad ostacoli senza la necessità di osservare la gamba per assicurarsi di non cadere. Monitorando l’attività cerebrale dei partecipanti attraverso imaging e test psicofisici, i ricercatori hanno notato che effettivamente la gamba bionica non richiede una grande attenzione da parte del cervello, il quale così può dedicarsi ad altre attività mentali più utili.

«Abbiamo sviluppato la tecnologia del feedback sensoriale per migliorare i dispositivi protesici. Dovrebbe essere eseguito un nuovo studio di durata superiore a tre mesi, con un numero maggiore di partecipanti e con valutazione interna, per fornire dati più solidi per trarre conclusioni clinicamente significative sui vantaggi per la salute la qualità della vita dei pazienti», ha dichiarato Francesco Petrini, CEO and co-fondatore della SensArs Neuroprosthetics, la start-up impegnata a portare il prodotto sul mercato.

I ricercatori hanno quindi tentato di ricostruire un legame tra protesi e cervello tale da consentire al paziente di avere una sensazione tattile da terra e di sentire la contrazione del ginocchio, oltre diminuire il rischio di cadute durante azioni abituali, conferendo agli amputati una maggiore autonomia e libertà di movimento.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, il prossimo obiettivo, in base a quanto dichiarato dagli autori dello studio, è quello di sviluppare impianti per la stimolazione intraneurale che siano permanenti e senza fili, per consentire di usare le protesi più a lungo e in modo più naturale. Ma le applicazioni potrebbero andare ben oltre le protesi: i ricercatori stanno  infatti lavorando al progetto europeo NeuHeart, per sviluppare un sistema che permetta di controllare elettricamente i cuori trapiantati.