Home / Curiosità e consigli / NO non vogliamo fare i netturbini!

Un breve editoriale

Innanzitutto, lungi da noi stilare una graduatoria avente come oggetto i vari lavori umani: riteniamo che siano tutti ugualmente dignitosi (a patto che legali). Tuttavia, c’è un però. Se una persona studia e si fa il mazzo (perdonateci il francesismo) per minimo 10 anni (tra scuole superiori e  università), non vediamo come debba essere costretta a sminuire il proprio intelletto, il proprio sudore, nonché il proprio essere, accettando una mansione che evidentemente richiede una piccolissima parte delle abilità che il soggetto ha sviluppato. E senza avere alcuna possibilità di upgrade lavorativo. Qui non ci perde il ragazzo, il quale peraltro dichiara di essere pienamente consapevole della scelta e felice. Qui ci perdono tutti gli altri. In primis, lo Stato. Miliardi di euro investiti in istruzione per avere ingegneri che fanno gli operatori ecologici. Miliardi di euro che non avranno un ritorno in termini di conoscenze e sviluppo. C’è qualcosa che non va. C’è un sistema che non va. E c’è di più, chi riesce ad esercitare la propria professione (in questo caso di ingegnere) molto spesso strizza l’occhio alle realtà estere, meglio retribuite e maggiormente stimolanti. Ingegneria, economia, scienza, fisica, matematica, medicina dovrebbero essere le colonne portanti dello sviluppo economico/intellettuale di una Nazione. Pare funzioni così ovunque, fuorché in Italia. Quest’ ultima frase potrebbe sembrare un’esagerazione: in fondo il caso (di cui potete trovare la cronaca e le dichiarazioni degli interessati nel prossimo paragrafo) è solo uno, potrebbe osservare qualcuno. Ci sono milioni di eccellenze. Certo! Tuttavia, non si tratta affatto di un caso isolato e la cosa triste è che, al di fuori di un’intervista su la Repubblica, non se ne è praticamente sentito parlare altrove. Insomma, il modo migliore per far sì che gli ingegneri – o qualunque allora figura professionale – continuino ad ambire a lavorare come operatori ecologici. Il modo migliore per continuare a rimetterci tutti (tranne Giuseppe, a cui auguro il meglio: lui fortunatamente afferma di essere soddisfatto così).

La cronaca e le dichiarazioni

Sono 9 i laureati vincitori di un posto da operatore ecologico a Barletta, con la società municipalizzata “Barsà”. Altri quattro, collocati tra il decimo e il tredicesimo posto della classifica, sono diplomati. Si tratta di un contratto a tempo indeterminato con uno stipendio base da 1.200 euro al mese e 14 mensilità. Tra i netturbini ci sarà anche Giuseppe Moreno Di Trani, 35 anni, laureato cum laude in Ingegneria civile al Politecnico di Bari nel dicembre 2012, e classificatosi al primo posto:

Ero stufo di fare piccoli lavoretti sempre precari, sempre sottopagati, o addirittura gratis. Stufo, come moltissime persone della mia generazione di affrontare una realtà lavorativa disarmante. Mi sono detto: sei laureato, va bene. E puoi fare la tua strada, quella per cui hai studiato. Ma quanto tempo ci metterai? È ammissibile raggiungere un minimo di stabilità a sessant’anni? Mi son risposto di non guardare il titolo di studio, ma di lavorare e basta. Bisogna guardare in faccia la realtà. Voglio lavorare e mettere su famiglia con la mia compagna. Perché prima di essere un ingegnere sono una persona.

A seguito di ciò, non si è fatto attendere il commento del sindaco della cittadina pugliese, Cosimo Cannito:

Il lavoro è una priorità, anzi un’emergenza, e questo spinge ragazzi dal curriculum brillante, con lauree e specializzazioni, a candidarsi e vincere concorsi pubblici per fare tutt’altro rispetto a quello per cui hanno studiato e su cui, probabilmente, avevano puntato. E così un laureato in ingegneria può diventare un operatore ecologico. La lettura di questo fatto non può che essere sociologica e a questi ragazzi voglio dire che il lavoro è sempre dignitoso, ma auguro loro che questa sia una esperienza che gli possa tornare utile nella loro vita in attesa di una piena realizzazione.

Conclusioni

Ecco, ci piacerebbe che questo fatto stimolasse una discussione su quanto una persona debba accettare di sentirsi sottodimensionata, su quale sia il limite inferiore dell’asticella. La nostra opinione credo si sia già (velatamente) intuita.