L’indispensabile non è invisibile agli occhi per queste centinaia di persone dotate dell’occhio bionico Argus II, o almeno non lo era fino a quando l’azienda Second Sight non è sparita facendo precipitare nell’oblio le responsabilità nei confronti dei pazienti che aveva dotato di questa affascinante tecnologia.
I problemi insorti sono molteplici e complicati: spaziano dall’impossibilità di fruire del dispositivo, a un guasto, fino agli effetti avversi di vario genere per cui sarebbe necessario poter ricevere assistenza.
Come gestisce tutto ciò la Second Sight Medical Products? Semplicemente non risponde a nessuna richiesta di aiuto e limita il supporto al minimo indispensabile. Infatti, la società, dopo una turbolenta crisi finanziaria, ha smesso di produrre e supportare Argus II, lasciandolo diventare completamente obsoleto.
L’azienda privata Second Sight aveva ideato e poi realizzato “Argus II”, un dispositivo in grado di donare la vista alle persone affette da mancanza di sensibilità dei fotorecettori ai raggi luminosi.
La value proposition dell’azienda era, dunque, giovare all’autonomia delle persone affette da patologie che colpiscono la retina.
Argus II era dotato di una parte intraoculare e di una parte extraoculare.
La parte intraoculare è costituita da una bobina (che riceve e converte le onde elettromagnetiche in segnali elettrici) e un nastro di fili per connettere la bobina all’ultimo componente: un circuito di elettrodi che stabiliscono un contatto con la parte non metallica, direttamente collegata alla retina stimolata dalla carica elettrica.
La parte extraoculare è dotata di una telecamera che acquisisce le immagini. Queste sono poi inviate all’impianto sotto forma di onde radio grazie a un’antenna installata dietro l’orecchio.
La “magia” avviene quando la stimolazione artificiale, data dall’impianto, giunge attraverso il nervo ottico alla corteccia occipitale, dove risiede l’area visiva.
L’immagine esterna viene percepita dal paziente come uno sfondo in cui si alternano zone di luce e ombra. È sufficiente per apportare benefici visivi? Sì, in quanto è possibile percepire oggetti, distinguere la figura dei propri cari, individuare le strisce pedonali e ostacoli di vario tipo.
Il mondo di Barbara Campbell diventa improvvisamente buio: si trova nella stazione della metropolitana a New York quando avverte un flebile suono emesso dal suo dispositivo. Il suo impianto retinico Argus II si spegne e Barbara non è più in grado di vedere le luci e ombre a cui si è abituata.
Aveva trapiantato l’impianto nell’occhio sinistro per compensare la malattia genetica che le aveva causato la cecità a 30 anni.
Secondo un altro cliente della Second Sight, Ross Doerr, la tecnologia è fantastica ma l’azienda è pessima.
Entusiasta, avrebbe dovuto ricevere l’aggiornamento software del dispositivo per migliorare ulteriormente la vista ma nei primi mesi della pandemia da COVID-19 ha sentito delle voci preoccupanti sull’azienda. Ha deciso così di contattare il terapista responsabile della riabilitazione che gli ha comunicato: “Siamo tutti licenziati, non riceverai i tuoi aggiornamenti.”
Questi 2 pazienti, insieme ad altri 350 ciechi dotati di questi impianti in tutto il mondo, si trovano improvvisamente a possedere, da un apparecchio indispensabile, un gadget inutile.
Non è finita qui: il dispositivo obsoleto potrebbe causare complicanze mediche, interferenze con le scansioni MRI e potrebbe essere molto doloroso e costoso doverlo rimuovere.
A inizio 2020, i problemi finanziari hanno costretto Second Sight a licenziare la maggior parte del personale. Nel febbraio 2022 la società ha annunciato una proposta di fusione con l’azienda biofarmaceutica Nano Precision Medical. Al momento nessun dirigente della Second Sight farà parte del gruppo dirigenziale della nuova società.
A seguito di un articolo “scomodo” pubblicato da IEEE Spectrum, Second Sight ha contattato i pazienti e i relativi medici per comunicare loro che intende impegnarsi per fornire loro un supporto virtuale. Questo sarà sufficiente?
Noi ci auguriamo che venga fornito tutto il supporto di cui è necessario. Infatti, quando si progettano innovazioni per migliorare la qualità della vita non si deve mai perdere di vista il motore iniziale per cui lo si fa: gli altri esseri umani.