Organi artificiali

Gli organi stampati 3D prendono una boccata d’aria fresca

Da diversi anni i bioingegneri hanno rivoluzionato il concetto di organo artificiale servendosi di tecniche innovative come il bioprinting 3D. Un team della Rice University ha di recente superato uno dei maggiori ostacoli dell’ingegneria tissutale, cimentandosi nella  riproduzione dei complessi network vascolari che consentono a tessuti ed organi di ricevere i nutrienti necessari.

Per riuscire nell’intento, i ricercatori hanno adottato una tecnica stereolitografica che ha permesso loro di produrre in pochi minuti degli idrogel morbidi e biocompatibili dotati di un’ architettura interna estremamente complessa.

Nuovi traguardi

Il bioprinting 3D ha suscitato un forte interesse negli ultimi dieci anni, dal momento che in futuro potrebbe risolvere il problema della mancanza di organi per il trapianto e del rigetto di tali organi da parte dell’organismo del paziente. I risultati raggiunti sin ora raggiunti dai ricercatori sono decisamente promettenti, basti pensare al sorprendete mini-cuore ingegnerizzato dai ricercatori dell’Università di Tel Aviv. Tuttavia, allo stato attuale, il biorpinting non è sicuramente esente da aspetti critici. Una delle principali sfide da affrontare è quella di riprodurre la complessa morfologia del sistema circolatorio e di quello polmonare, che presentano network vascolari che si intrecciano l’uno con l’altro senza intersecarsi.

Il team di bioingegneri guidato da Jordan Miller della Rice University e da Kelly Stevens della University of Washington è stato il primo ad aver affrontato la sfida della multivascolarizzazione in modo diretto e completo. La tecnologia open source da loro sviluppata, denominata SLATE (stereolithography apparatus for tissue engineering), sfrutta l’additive manufacturing per realizzare, strato per strato, degli idrogel morbidi e biocompatibili in pochi minuti.

Come funziona la tecnologia di stampa?

Per realizzare i vari strati, i ricercatori sono partiti da una soluzione liquida di pre-idrogel che solidifica quando viene esposta alla luce blu. Un proiettore DLP (Digital Light Processing) emette luce dal basso, proiettando una sequenza di immagini che riportano le strutture 2D da riprodurre. Ogni volta che uno strato solidifica, il gel 3D in crescita viene sollevato da un braccio quanto basta per esporre il liquido all’immagine successiva del proiettore.

L’intuizione che sta alla base del sistema è l’utilizzo di coloranti alimentari che assorbono la luce blu. Questi fotoassorbenti limitano la solidificazione a uno strato molto fine.

Credits: Photo by Jordan Miller/Rice University

Per testare la tecnologia, i ricercatori hanno realizzato una struttura che imitava quella dei polmoni. I test hanno dimostrato che la struttura era abbastanza robusta da tollerare le condizioni di pressione che si venivano a creare durante il passaggio del sange ed il flusso d’aria che veniva utilizzato per simulare la respirazione.

Ma non è finita qui. Il team sta già utilizzando la nuova tecnologia per esplorare strutture ancora più complesse. “Siamo solo all’inizio della nostra esplorazione delle architetture che possiamo trovare nel corpo umano. Abbiamo ancora molto da imparare.” Ha dichiarato Miller.

Per approfondimenti: Multivascular networks and functional intravascular topologies within biocompatible hydrogels

Published by
Claudia Svolacchia