Osteoporosi: un ormone naturale potrebbe offrirne un miglior trattamento
L’osteoporosi è caratterizzata dal deterioramento del tessuto osseo con conseguente debolezza delle ossa e facile rottura. Si tratta di una sfida sempre più presente per la salute globale, infatti si prevede che 1 donna su 2 e 1 uomo su 5 di età superiore ai 50 anni subiranno almeno una frattura osteoporotica.
Tuttavia, ci possono essere nuove speranze per il trattamento della malattia utilizzando un ormone naturale.
Cos’è in breve l’osteoporosi?
L’osteoporosi è una condizione di salute che indebolisce le ossa rendendole fragili e più propense a rompersi; la patologia si sviluppa lentamente nel corso di diversi anni e spesso è diagnosticata solo quando una caduta e/o un impatto improvviso provocano la rottura di un osso.
Le lesioni più comuni nelle persone che soffrono di questa patologia sono: polso rotto, anca rotta, ossa spinali rotte (vertebre) e problematiche alle ginocchia. Tuttavia, le rotture possono verificarsi anche in altre ossa, come nel braccio o nel bacino. A volte, un episodio di tosse o starnuti può causare la rottura di una costola o il collasso parziale di una delle ossa della colonna vertebrale.
Generalmente, non si tratta di una patologia dolorosa; il dolore sopraggiunge nel momento della rottura o, nel caso delle fratture alla colonna vertebrale, permane per tempi più lunghi.
Terapia attuale della malattia
Attualmente, i farmaci noti come bifosfonati sono il tipo di farmaco somministrato più frequentemente per l’osteoporosi, questi hanno lo scopo di rafforzare le ossa. Come tutti i farmaci, possono produrre una serie di effetti collaterali e, in alcuni casi, possono non avere effetti su alcune persone.
Purtroppo, attualmente non ci sono nuovi trattamenti per l’osteoporosi nello sviluppo clinico in fase avanzata. Alla ricerca di un’alternativa più efficace, gli scienziati hanno recentemente esaminato un ormone chiamato kisspeptina.
La novità per l’osteoporosi: l’ormone kisspeptina
La kisspeptina è un ormone naturale fondamentale negli uomini e nelle donne per la riproduzione. Recentemente, si è scoperto che la kisspeptina aumenta l’attività delle cellule che formano le ossa; questo ha portato alla speranza che l’ormone possa essere un nuovo mezzo per il trattamento dell’osteoporosi.
La maggior parte dei trattamenti esistenti per la malattia tendono ad inibire tutti i tipi di cellule ossee (gli osteociti, gli osteoblasti, gli osteoclasti ed i loro precursori) o ad aumentarne eccessivamente l’attività, a causa del modo in cui le cellule comunicano.
Con il nuovo studio, la kisspeptina sembra aumentare l’attività di formazione ossea e allo stesso tempo inibire l’attività di distruzione ossea. Questo effetto di “de-linking” fa si che la kisspeptina possa avere un netto beneficio come potenziale trattamento.
Le scoperte dei recenti esperimenti
Nel nuovo studio dell’Imperial College di Londra si sono presi come riferimento 26 uomini di età compresa tra 18 e 36 anni; questi hanno ricevuto per via endovenosa la kisspeptina per un periodo di 90 minuti, in seguito un placebo durante una sessione di 120 minuti. In entrambi i casi, si sono eseguite delle analisi chimiche del sangue dopo 30 minuti. Si è scoperto che quando i pazienti hanno ricevuto l’ormone, i loro corpi hanno prodotto in media il 24% in più di osteoblasti (cellule di costruzione della matrice ossea).
Per un altro esperimento, eseguito da un team della University of Southern Denmark, la kisspeptina è stata aggiunta alle cellule ossee nelle piastre di Petri. In questo caso, non solo l’ormone ha aumentato l’attività degli osteoblasti, ma ha inibito l’attività degli osteoclasti (cellule di disgregazione della matrice ossea).
Sono necessari comunque studi futuri per basarsi su questi risultati in fase iniziale. La kisspeptina si rivela una prospettiva particolarmente eccitante a livello farmacologico, questo perché è naturale ed è nota per essere molto ben tollerata. Essendo un ormone naturale, che svolge un ruolo importante nella riproduzione, è stato somministrato negli studi sull’uomo per molti anni senza effetti collaterali significativi. Questa è la prima volta che se ne sperimentano i benefici nelle ossa umane.