Il potenziale della stampa 3D sembra ben lontano dall’esaurirsi. Un’ovaia stampata in 3D è stata l’ultimo pionieristico traguardo raggiunto dai ricercatori della Northwestern University dell’Illinois. Dopo aver finemente progettato geometria e struttura, è stata verificata, oltre alla corretta capacità di ovulazione, anche la possibilità di una gravidanza, felicemente portata a termine. Questo apre le porte ad importanti risvolti nella cura dell’infertilità femminile, con l’auspicio che questa tecnologia aiuti un giorno anche l’essere umano.
Altro punto forte della ricerca, pubblicata solo pochi giorni fa su Nature Communications, è stato lo sviluppo del materiale idrogel usato per la sua realizzazione. Di idrogel biocompatibile ne avevamo già parlato riguardo la “stampa” di cartilagini.
Dopo la rimozione chirurgica delle ovaie ed il successivo impianto di quella che possiamo definire una bioprotesi ovarica, i topi sottoposti a tale procedura hanno avuto sia una regolare ovulazione, che una gravidanza completa, con la nascita di esemplari sani. Non solo, anche il successivo allattamento è avvenuto ad opera delle madri. Il risultato ha richiesto uno studio approfondito della struttura dell’ovaia, così da poterla riprodurre con la stampa 3D. Porosità, angolazione dei vari piani sovrapposti, proprietà del biomateriale utilizzato: tutto studiato nel minimo dettaglio così da garantire la sopravvivenza dei follicoli, unità funzionale delle ovaie, che la bioprotesi andrà ad ospitare.
Questo è il primo studio che dimostra che l’architettura della struttura fa la differenza nella sopravvivenza dei follicoli
Queste le parole della dottoressa Ramille Shah, assistente professore presso la McCormick School of Engineering.
La ricerca si poneva come principale obiettivo quello di stimolare la produzione di ormoni, essendo fondamentale la funzione endocrina delle ovaie, e di ripristinare la fertilità. Ciò è stato reso possibile da uno speciale idrogel realizzato per lo scopo. Questa “gelatina” composta da collagene disgregato, oltre ad essere sicura e biocompatibile, possiede caratteristiche di rigidità e porosità che la rendono trattabile durante l’intervento chirurgico ed allo stesso tempo integrabile con gli altri tessuti.
Nella realizzazione è stato fondamentale l’utilizzo della stampa 3D. Grazie alla suo funzionamento, caratterizzato dal deposito di filamenti, è possibile un totale controllo della struttura da realizzare e della sua geometria, dalla distanza degli stessi filamenti, alle diverse dimensioni dei pori, fino all’angolo di avanzamento degli strati.
Il risultato è stato una completa integrazione della protesi con l’organismo. La struttura, stampata e poi riempita di follicoli, si è altamente vascolarizzata ed ha permesso sia la maturazione degli ovuli, che la circolazione degli ormoni; questo ha anche innescato l’allattamento dopo il parto.
Lo scopo fondamentale degli scienziati coinvolti nel progetto è quello di ridare fertilità a donne che, a causa di terapie oncologiche, o sopravvissute a cancro infantile, siano diventate sterili. Dopo aver compreso la struttura delle ovaie e provata la riproducibilità, la volontà è quella di ampliare il quadro generale, con protesi che possano accompagnare le donne dalla pubertà alla naturale menopausa. Naturalmente seguiranno ulteriori esperimenti prima di provare l’efficacia del metodo anche sull’essere umano.
L’utilizzo della bioingegneria, invece del trapianto da cadavere, per creare organi che funzionano e ripristinano la salute di quel tessuto per quella persona, è il Santo Graal per la medicina rigenerativa
Afferma la dottoressa Teresa Woodruff, capo della Reproductive Science in Medicine presso il Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia.