Palloncino inserito nella trachea di un feto: è successo a Roma
Oggi parliamo di chirurgia fetale che rappresenta l’insieme di tecniche chirurgiche per trattare difetti nei feti ancora nell’utero e, in particolare, raccontiamo di quello che è successo all’Ospedale Bambin Gesù di Roma dove un’équipe di specialisti ha effettuato l’occlusione della trachea fetale per aumentare le probabilità di sopravvivenza di un feto di sole 28 settimane affetto da ernia diaframmatica congenita.
Ernia diaframmatica congenita: una malattia rara
Questa patologia è un difetto embrionale caratterizzato dal mancato o incompleto sviluppo del diaframma, causando la “risalita” degli organi addominali (intestino, stomaco, milza e fegato) che tendono a spostarsi e a svilupparsi nella cavità toracica, comprimendo i polmoni e spostando il cuore e, di conseguenza, entrambi i polmoni sono ipoplasici.
I bambini colpiti presentano alla nascita insufficienza respiratoria più o meno grave e la prognosi dipende dal grado di compromissione della capacità polmonare in quanto i polmoni, non essendosi sviluppati correttamente, non riescono a sostenere la ventilazione e ciò causa ridotto scambio di gas e ipertensione polmonare persistente.
La diagnosi può avvenire mediante ecografia durante il secondo trimestre di gravidanza e, inoltre, la presenza di polmoni piccoli rispetto alla testa denota ipoplasia polmonare e può avere valenza prognostica.
In Italia, si stima che interessi circa 150-180 bambini all’anno e l’intervento di occlusione della trachea fetale mediante fetoscopia è l’unico intervento in utero praticato nel mondo, in pochissimi centri di riferimento, per il trattamento dell’ernia diaframmatica congenita ad altissimo rischio.
La procedura comporta dei rischi, ad esempio la rottura delle membrane e/o parto prematuro, ma l’esperienza clinica internazionale indica un potenziale beneficio sulla sopravvivenza dei neonati affetti dalle forme più gravi di ernia diaframmatica, di circa del 20-30%.
Inoltre, essendo considerato un tipo di intervento minimamente invasivo, i rischi di tali complicanze sono molto più bassi per la madre e il feto rispetto a un intervento chirurgico a cielo aperto.
L’intervento sul feto: cosa è successo
L’intervento di fetoscopia è una procedura endoscopica mini-invasiva in utero, durante la quale la mamma è posta in anestesia locale mentre il feto è “sedato” mediante una puntura sulla coscia. Successivamente, è inserito un fetoscopio, sonda molto sottile dotata di telecamera a fibre ottiche per permettere ai medici di inserirlo e guidarlo con facilità, nell’addome della gestante mediante incisione.
Una volta raggiunto il feto, la sonda è fatta passare dalla bocca e, raggiunta la trachea, è posizionato e gonfiato un minuscolo palloncino, precedentemente installato sulla punta del fetoscopio, svolgendo la funzione di “tappo” per bloccare la fuoriuscita del liquido normalmente prodotto dal polmone, così da favorire l’accumulo del fluido all’interno per mantenerli in espansione favorendone lo sviluppo.
Si è riscontrato come a distanza di soli 10 giorni dall’intervento, i controlli ecografici hanno rilevato un significativo aumento del volume dei polmoni fetali.
Successivamente, circa un mese prima del parto, il palloncino sarà rimosso con la stessa procedura per permettere al neonato di avere la trachea libera per respirare normalmente al momento della nascita, inoltre, sarà necessario sottoporre il bambino ad un intervento chirurgico per la correzione definitiva del problema.