Pancreas “ingegnerizzato”: una nuova speranza per i malati di diabete
Buone notizie da Miami, Florida. Una donna di 43 anni, ha raggiunto un’importante traguardo: un anno senza iniezioni di insulina. Affetta dall’età di 18 anni da una grave forma di diabete di tipo 1, è stata sottoposta ad un trapianto di cellule, quelle che costituiscono le isole di Langerhans, insieme ad un supporto tissutale opportunamente ingegnerizzato. Lo studio è stato condotto dal Diabetes Research Institute (DRI) presso l’University of Miami Miller School of Medicine.
I risultati della ricerca, pubblicati sul New England Journal of Medicine, non sono però i primi a dimostrare gli enormi passi avanti nella cura del diabete. Lo scorso ottobre, vi avevamo infatti parlato del primo pancreas artificiale.
Diabete e speciale sistema scaffold
Il diabete di tipo 1 è una forma di malattia autoimmune che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, principalmente giovani sotto i 18 anni. La patologia consiste nella distruzione delle cellule beta del pancreas, quelle che secernono insulina, comportando gravi deficit di questo ormone. Le persone affette necessitano quindi di frequenti iniezioni di insulina e ciò ha un forte impatto sulla loro qualità di vita. La terapia basata sul trapianto di cellule pancreatiche, per ristabilire la produzione di insulina, non è una novità. Negli ultimi anni sono stati ottenuti risultati molto promettenti impiantando Isole di Langerhans, agglomerati di varie cellule endocrine, tra cui quelle beta, all’interno del fegato. Tale sito, però, pone diverse limitazioni per applicazioni più evolute, senza escludere il rischio di risposte infiammatorie.
Gli scienziati del DRI hanno allora concentrato la ricerca su un sito alternativo, il grande omento, un tessuto che ricopre gli organi addominali e che è facilmente accessibile chirurgicamente, in maniera poco invasiva. Questo tessuto, inoltre, è caratterizzato da un afflusso di sangue e da una capacità drenante simili a quelli del pancreas.
Il metodo elaborato dai ricercatori del DRI consiste nella realizzazione di uno scaffold biologico costituito dalle cellule del donatore e dal plasma sanguigno del ricevente, applicato successivamente sull’omento in via laparoscopica. Una volta inserito, viene ricoperto da uno strato di trombina che, reagendo con il supporto sottostante, forma una specie di gel. Il gel si attacca all’omento e tiene le Isole in posizione, prima di venire assorbito dal corpo.
L’obiettivo nel testare questa nuova piattaforma tissutale ingegnerizzata è quello di confermare, inizialmente, che le cellule produttrici di insulina possano funzionare in questo nuovo sito, e, successivamente, introdurre ulteriori tecnologie verso il nostro obiettivo finale, sostituire la funzione endocrina del pancreas, perduta con il diabete di tipo 1, senza la necessità di farmaci antirigetto, con quello che noi chiamiamo DRI BioHub.
Spiega il direttore del DRI Camillo Ricordi.
I risultati di questa ricerca comportano, infatti, grandi passi avanti verso la realizzazione del DRI BioHub, una sorta di “mini organo” con la funzione di imitare la funzione del pancreas, attualmente in fase di sviluppo.