Paziente paraplegico torna a muoversi grazie alla stimolazione epidurale
La notizia in sé, data solo alcuni giorni fa, non sarebbe una novità nel campo della riabilitazione. In passato, infatti, era già stato dimostrato come la stimolazione epidurale consentisse a pazienti, resi paraplegici da lesioni del midollo spinale, di alzarsi in piedi e compiere i movimenti più elementari. In quei casi il movimento era possibile solo quando il dispositivo stimolante veniva attivato. Questa volta, però, il paziente è tornato a muoversi volontariamente, anche con l’interruzione della stimolazione.
Il paziente di cui parliamo è Andrew Meas, un giovane americano che all’età di 28 anni ha subito una completa lesione spinale in seguito ad un incidente in moto. La diagnosi aveva lasciato poche speranze: paralisi permanente degli arti inferiori.
Stimolazione elettrica e duro lavoro
Negli ultimi anni le tecnologie a disposizione della riabilitazione hanno fatto passi da gigante offrendo sempre più speranza di recupero ai pazienti con paralisi parziale o totale; ne sono esempio l’E-Dura e l’impianto cervello-spina dorsale. Per quanto riguarda la stimolazione epidurale, questa consiste in una stimolazione elettrica, attraverso l’impianto di elettrodi a livello del midollo spinale, tale da “imitare” i segnali nervosi provenienti dal cervello ed attivare localmente i circuiti neurali per il controllo dei movimenti muscolari volontari. Questa terapia è stata fondamentale nel recupero di Andrew che, qualche anno dopo il terribile incidente, ha preso parte alla ricerca presso il Kentucky Spinal Cord Injury Research Center at the University of Louisville, uno dei centri d’eccellenza mondiali nel trattamento delle lesioni spinali. Da lì è cominciato il duro percorso, durato 44 mesi, al termine del quale Andrew ha ricominciato a muovere volontariamente le gambe senza l’intervento della stimolazione.
Inizialmente il protocollo di riabilitazione comprendeva sessioni di allenamento giornaliere dalla durata di un’ora, accompagnate dalla stimolazione epidurale. A mesi di allenamento basato sul provare a stare in piedi, sono seguiti mesi in cui veniva allenata la capacità di muovere dei passi. Dopo questa prima fase svoltasi in laboratorio per nove mesi, Andrew ha continuato per un anno ad allenarsi a casa. Tornato in laboratorio, è stato sottoposto ad un programma di allenamento aggiornato in cui le sessioni giornaliere erano state raddoppiate ed ogni sessione includeva sia lo stare in piedi che il provare a camminare, il tutto sempre supportato dalla stimolazione.
Questa volta però, dopo soli 3 mesi, sono emersi i primi importanti risultati. Andrew non solo era in grado di estendere volontariamente le ginocchia, ma, una volta riuscito ad alzarsi con una minima assistenza e con l’aiuto delle proprie braccia, è riuscito a rimanere in piedi, persino con una gamba sola, autonomamente e senza l’uso della stimolazione. Tutto questo è accaduto a distanza di ben 6 anni dall’infortunio.
I ricercatori individuano le cause di questo stupefacente recupero in molteplici fattori quali, ad esempio, lo sviluppo di assoni diretti dalla parte superiore alla lesione verso quella inferiore o il rimodellamento delle connessioni neurali stimolate elettricamente. Non di meno è stato il grande sforzo di Andrew nel provare a compiere movimenti volontari.
È convinzione comune che ad un anno dall’infortunio, si è classificati come cronici ed è probabile che non ci sarà più miglioramento. Questi risultati sono la prova che il sistema nervoso umano ha capacità di recupero molto maggiori rispetto al previsto.
Afferma Enrico Rejc, PhD, autore principale dello studio.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Scientific Reports.