Parkinson e disturbi del sonno: una nuova ricerca trova una correlazione
Il morbo di Parkinson è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale caratterizzata da: tremori, rigidità degli arti e al tronco, bradicinesia (lentezza nei movimenti), instabilità di posizione e di equilibrio. Attualmente non esiste ancora una cura per questo tipo di malattia e nei casi peggiori i pazienti vengono sottoposti a trattamenti farmacologici che possono aiutare ad alleviare i sintomi della malattia e permettere loro di condurre una vita “normale”.
Tuttavia, grazie ad una recente ricerca la situazione potrebbe cambiare: infatti, questa scoperta è stata annunciata come il «primo passo» verso la cura e la prevenzione della malattia. Lo studio, condotto dalla Parkinson’s Progression Markers Initiative e finanziato dalla Michael J. Fox Foundation, ha scoperto un possibile collegamento tra il Parkinson e il disturbo del comportamento del sonno REM, che induce una persona, durante il sonno profondo, ad «agire fisicamente in modo vivido, facendo spesso sogni spiacevoli».
Che cos’è la malattia di Parkinson?
Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, a sviluppo lento ma progressivo, che impedisce nei soggetti affetti di riuscire a controllare in modo corretto i movimenti e l’equilibrio. Questa malattia fa parte di un gruppo di patologie note come “Disordini del Movimento” e tra queste, è la più frequente.
Questa malattia era già nota fin dall’antichità, ma la prima vera e propria descrizione fu realizzata nel 1817 da James Parkinson, un medico britannico che pubblicò un saggio su ciò che lui chiamava la paralisi agitante: all’interno di questo saggio egli espose i principali sintomi della malattia.
Attualmente il Parkinson è diffuso in tutto il mondo e colpisce ogni anno numerosissime persone: solo in Italia si stima che i malati siano circa 250.000. Questa malattia colpisce entrambe i sessi e l’età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, anche se circa il 5 % dei pazienti può sviluppare la malattia anche in giovane età, tra i 21 ed i 40 anni. Al di sopra dei 60 anni colpisce 1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l’età supera gli 85 anni.
I principali sintomi della malattia
Questa malattia è caratterizzata da sintomi motori come; tremore a riposo, rigidità, bradicinesia (lentezza nei movimenti automatici) e, in fase più avanzata, instabilità posturale (perdita di equilibrio). Tutti questi sintomi generalmente si presentano in modo asimmetrico, ovvero un lato del corpo è più interessato rispetto all’altro.
Quali sono le cause della malattia di Parkinson?
Le cause della malattia per il momento non sono ancora del tutto note: infatti sembra che sono differenti i fattori che possono favorire lo sviluppo di questa malattia. Tra questi fattori, quelli principali sono:
- Genetici: vi sono alcune mutazioni note che sono associate alla malattia di Parkinson. Tra i vari geni individuati quelli più importanti sono, Alfa-sinucleina (PARK 1/PARK 4), Parkina (PARK-2), PINK1 (PARK-6), DJ-1 (PARK-7), LRRK2 (PARK-8), Glucocerebrosidasi GBA.
- Fattori tossici ed esposizione lavorativa: il rischio di sviluppare la malattia aumenta in seguito all’esposizione a sostanze tossiche come pesticidi (es. il Paraquat), idrocarburi-solventi (es. la trielina) e metalli pesanti (ferro, zinco, rame).
Lo studio
Grazie ad una nuova ricerca condotta dalla Parkinson’s Progression Markers Initiative, si è scoperto che circa il 41% dei pazienti con morbo di Parkinson sperimenta il disturbo comportamentale del sonno REM prima della diagnosi. Circa il 65-75% di questi pazienti sono uomini. I ricercatori sperano che questo collegamento possa aiutare ad apprendere nuove informazioni sulla malattia.
Infatti, quando la malattia si trova ancora nella fase pre-sintomatica, si possono avere delle manifestazione cliniche non specifiche e tra queste, vi fa parte anche il disturbo comportamentale durante il sonno Rem. Si stima che circa il 60% dei soggetti che presentano questo disturbo sviluppi la malattia entro 10-12 anni: risulta quindi di fondamentale importanza riuscire ad iniziare il trattamento clinico in una fase precoce di malattia o meglio ancora nella fase pre-sintomatica, sia per controllare i sintomi che per rallentare l’evoluzione della malattia stessa. In queste fasi, infatti, i farmaci dopaminergici o farmaci neuroprotettivi (in studio), usati per la terapia di pazienti affetti, potrebbero davvero modificarne il decorso.
La fase REM e il disturbo comportamentale del sonno
Il sonno umano è caratterizzato da una struttura ciclica: ogni notte si susseguono 4-6 cicli che durano in media circa 60 \ 90 minuti ciascuno. Ogni ciclo presenta una sua fase iniziale di sonno lento, chiamato fase NREM, a cui segue una fase di “sonno paradosso”, nota come la fase REM.
La sigla REM significa letteralmente “Rapid Eye Movement” (movimento rapido degli occhi), e sta ad indicare il movimento rapido degli occhi che si verifica durante questa fase notturna. In questa fase inoltre, si verificano anche dei cambiamenti a livello fisiologico: il battito cardiaco accelera, la pressione arteriosa aumenta e il respiro diventa abbastanza irregolare.
Si tratta quindi di una fase molto delicata, durante la quale si verifica una perdita del controllo del nostro corpo, entrando quasi uno stato di paralisi muscolare, mentre il cervello, in questa fase, si trova in piena attività. Inoltre, questa rappresenta l’unica fase del sonno in cui si verificano i sogni: per questo motivo la fase REM viene anche definita come sonno paradosso.
Come detto in precedenza, una caratteristica della fase REM è la paralisi dei muscoli volontari: questa perdita di controllo serve ad evitare che, durante i sogni, il corpo possa realizzare movimenti pericolosi ed incontrollati. Tuttavia, in alcune persone, durante la fase REM si possono verificare disturbi comportamentali del sonno (REM behavior disorder), caratterizzati da verbalizzazioni e movimenti incontrollati del corpo. Questo si verifica soprattutto nelle persone anziane, ed in particolare in quelle che presentano disturbi degenerativi del sistema nervoso centrale (es. morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, demenza vascolare…).
Conclusione
La dott.ssa Rachel Dolhun, capo delle comunicazioni mediche per la Michael J. Fox Foundation, ha affermato che le persone che convivono con il disturbo comportamentale del sonno REM potrebbero aiutare i ricercatori a capire come e perché questa malattia si manifesta fin dai primi momenti: questo potrebbe aiutare nella ricerca e nello sviluppo di una possibile cura contro questo tipo di malattia.