Le particelle di particolato quanto possono risultare dannose per la nostra salute? Il dato è sconcertante!
Il particolato è una delle forme di inquinamento atmosferico più preoccupanti a livello globale. Si tratta di una miscela di particelle solide e liquide sospese nell’aria, di dimensioni estremamente ridotte, che possono provenire da diverse fonti, come i veicoli a motore, le fabbriche o i processi di combustione. La loro ridotta dimensione le rende invisibili ad occhio nudo, ma non meno pericolose, poiché possono penetrare facilmente nel corpo umano attraverso il sistema respiratorio.
Una delle tipologie di particolato più discusse è il PM2.5, particelle con un diametro pari a 2,5 micrometri o inferiore. Questa misura equivale a circa 30 volte meno rispetto allo spessore di un capello umano. Le loro dimensioni minute permettono a queste particelle di rimanere sospese a lungo nell’aria e di viaggiare per lunghe distanze, spesso trasportate dai venti o dai movimenti atmosferici. Quando vengono inalate, possono raggiungere le parti più profonde dei polmoni e, in alcuni casi, entrare persino nel flusso sanguigno.
L’impatto del PM2.5 sulla salute umana è ampiamente documentato. A causa della loro capacità di penetrare nei polmoni e raggiungere organi vitali come il cuore e il cervello, queste particelle sono state associate a una serie di problemi di salute. Tra questi, si annoverano malattie respiratorie croniche, disturbi cardiaci, ictus e addirittura forme gravi di tumore ai polmoni. Le popolazioni più vulnerabili, come bambini, anziani e persone con preesistenti condizioni mediche, sono maggiormente a rischio in ambienti con alti livelli di particolato.
Le fonti di particolato PM2.5 sono molteplici, principalmente legate ad attività umane. Il traffico stradale, con le emissioni di automobili e camion, rappresenta una delle cause principali. Anche le attività industriali e la combustione di legna o carbone contribuiscono significativamente all’inquinamento atmosferico. Sebbene gli effetti del particolato siano ben conosciuti, la sua invisibilità rende difficile comprendere appieno l’impatto sulla qualità dell’aria e, di conseguenza, sulla salute pubblica.
Le particelle PM2.5 sono classificate tra gli inquinanti più letali presenti nell’aria. Quando vengono inalate, possono causare un peggioramento di condizioni come l’asma e altre malattie respiratorie. Inoltre, l’esposizione prolungata a queste particelle è stata collegata ad infarti, ictus e morte prematura. Ciò avviene perché le particelle possono raggiungere il flusso sanguigno, trasportando sostanze nocive in tutto il corpo, causando infiammazioni e danni agli organi.
Oltre agli effetti immediati sulla salute, esistono anche preoccupazioni a lungo termine riguardanti l’inquinamento atmosferico da PM2.5. Nonostante la gravità della situazione, a livello globale non esiste ancora un sistema di monitoraggio unificato per questo tipo di particolato. La carenza di dati accurati e aggiornati rende difficile pianificare politiche efficaci per ridurre l’esposizione delle persone a questo inquinante.
A fronte della crescente preoccupazione sui rischi associati al particolato, la Commissione “Our Common Air”, co-presieduta dall’ex primo ministro neozelandese Helen Clark, ha proposto la creazione di un sistema di monitoraggio globale del PM2.5.
La commissione ha sottolineato che, nonostante esistano già tecnologie avanzate, come le infrastrutture satellitari e l’intelligenza artificiale, manca ancora una rete globale che tenga traccia dei livelli di inquinamento atmosferico in tempo reale. Questo renderebbe più difficile sensibilizzare i governi e implementare soluzioni efficaci per la riduzione dell’inquinamento.